8.2.17

SALVIAMO L’ITALIANO!



di Gianni Lannes

C’era una volta la grammatica italiana. Il primo esemplare - Regole grammaticali della volgar lingua - fu stampato ad Ancona nella tipografia di Bernardino Guerralda detto "Il Vercellese", nel settembre dell’anno 1516. L’autore era il friulano Giovan Francesco Fortunio, fervente lettore di Petrarca e Dante.


C’era una volta anche la consecutio temporum, vale a dire la pietra angolare della meravigliosa lingua italiana, figlia del latino, che regola, correla e concatena i tempi del discorso, la concordanza dei tempi, la sequenza logica delle proposizioni subordinate, coordinate e principali. Ergo, il ragionamento frutto dei concetti e dei pensieri umani. In fondo il discorso, ossia il testo scritto è come un grande albero con un solido tronco, innumerevoli rami, fiori e frutti.

Le cosiddette “riforme” politico-amministrative - fino allo sfascio finale decretato dall'eterodiretto Renzi - hanno affossato la scuola pubblica. Ecco i risultati utili al sistema dominante che alleva analfabeti di massa, addirittura laureati, ma funzionali al potere. La prossima generazione se l’andazzo prosegue così saprà al massimo balbettare scimmiottando l'inglese. Gli alunni delle medie e delle superiori, ma anche gli studenti universitari non masticano a dovere la lingua madre, avvezzi a termini presi a prestito dai videogiochi. Sono bravissimi ma provate a chiedere loro la trasposizione di quel gergo in italiano. Risultato? Il vuoto. Di chi la responsabilità? Degli insegnanti? Dei libri di testo? Dei programmi scolastici? I ragazzi non sanno usare il vocabolario. E' vero anche che il rozzo inglese ha colonizzato l'immaginario collettivo.

Oggi la comunicazione è fragile, quasi impossibile. Infatti, il linguaggio scritto e parlato è del tutto scorretto, sgrammaticato, scarno e sbrindellato. Le cause? Parecchie. Questo sgangherato idioma spesso infarcito di inglesismi chi lo usa? In primo luogo i giovani, prematuramente traviati dal linguaggio sincopato di telefoni, web, blog, oltre che dalla radiotelevisione e dalla scuola pubblica e privata del facilismo amorale; ma anche di autori autorevoli o presunti tali, come i mezzibusti della televisione o i tronfi politicanti analfabeti funzionali: giornalisti, avvocati, presentatori, conduttori, onorevoli, capetti eterodiretti di governo, nonché comici da strapazzo padroni di partito.

Finalmente 600 professori universitari hanno lanciato un allarme: “salviamo l’italiano". Certo, come no, partendo da questo degrado dilagante. Oggi, paradossalmente, un giovane giunge alla laurea  sovente senza aver mai scritto un testo proprio. Gli esami sono a quiz, come se si dovesse prendere la patente di guida; le ricerche (di studenti ed insegnanti) ormai si consumano su internet con il sistema del copia e incolla. Nelle scuole elementari statali ormai imperversa il cosiddetto "open day". Sotto le feste comandate, soprattutto a Natale con i canti commerciali di pessima importazione anglosassone, sembra di essere a Londra e New York.  Il tema di italiano che un tempo si faceva a scuola è diventato “articolo breve-saggio-mappa concettuale”. Tutto fuorché un ragionamento scritto e articolato nella nostra lingua. Che fare? I metodi più elementari: il dettato, il riassunto, l’analisi logica e grammaticale, il lessico, l’ortografia. In una parola: l’esercizio dello scrivere in italiano. Ovviamente, il passaggio cruciale è dall'economia all'etica. Senza valori e ideali non c'è futuro per l'umanità.

Post scriptum

L’edizione di riferimento delle Regole di Fortunio è quella a cura di Brian Richardson (Padova, Antenore, 1999). Chi volesse sfogliare una copia cinquecentesca della grammatica italiana (la ristampa del 1545 da parte degli eredi di Aldo Manuzio) lo può fare attraverso il portale della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco:






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