12.10.24

ITALIA: SICUREZZA INFORMATICA APPALTATA AD ISRAELE E RAPINA DEL GAS DI PALESTINA

 



di Gianni Lannes

Israele spara addosso all'Italia e Giorgia Meloni affida al macellaio Netanyahu la sicurezza informatica del nostro Paese. L’appalto della cybersecurity italiana ad Israele, nel 2023, illumina il rapporto tricolore con il regime antidemocratico e bellico di Israele: una relazione di subordinazione e non di indipendenza e sovranità; esattamente come quella con gli Stati Uniti d'America a partire dal 3 settembre dell'anno 1943 (armistizio corto di Cassibile). Così l'accordo di Eni, del 29 ottobre 2023, per l'estrazione e l'uso, ovvero la rapina del gas palestinese dai fondali marini prospicienti Gaza.


 

L’8 marzo del 2023 il premier israeliano Netanyahu è venuto a Roma e ha firmato una serie di accordi. Uno, il più importante, è passato praticamente inosservato: si tratta dell’appalto della cybersecurity italiana ad Israele. In ragione di tale accordo il capo della cybersecurity Roberto Baldoni si è dimesso prima di sottoscriverlo. Non a caso il pro tempore presidente del consiglio dei ministri Giorgia Meloni, dopo più di un anno e mezzo, non risponde all'interrogazione parlamentare numero 3-00275, datata appunto 7 marzo 2023, relativa alle “improvvise dimissioni del direttore dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Roberto Baldoni”. Più di qualcosa da nascondere?


 

La notizia di questo accordo fa parte di un tendenza che l’Italia e il governo italiano avevano imboccato già in passato. Il governo Renzi, infatti, aveva tentato di appaltare la cybersecurity ad una società legata al Mossad con base in Lussemburgo ed era stato frenato dagli apparati dello stato italiano.Tale aspetto è di importanza chiave per comprendere il nostro rapporto con lo stato di Israele: una relazione di totale subordinazione politica. Il momento preciso in cui Renzi ha iniziato il suo attacco al governo Conte coincide esattamente con la famosa delega dei servizi e il governo Conte che aveva stanziato inizialmente 80 milioni di euro per la cybersecurity italiana, nel tentativo di ammorbidire l’opposizione di Renzi era sceso a 20 milioni. Ma ciò non è stato sufficiente, come non è bastata la scelta di Benassi per la delega ai servizi. Ormai quel governo era segnato. Peraltro, sempre Renzi, in veste di primo ministro il 31 marzo 2014, ha siglato a Boston un accordo segreto con l'IBM per la cessione dei dati sanitari sensibili dell'ignara popolazione italiana: il progetto Watson è partito in sordina in Lombardia con il beneplacito della Lega di Salvini.

Subordinazione e delega in bianco di poteri fondamentali dello Stato. Questo spiega la recente posizione italiana sul genocidio dei palestinesi a Gaza. A rafforzare questo fatto inequivocabile, una seconda notizia che non ha avuto risalto adeguato. Il 29 ottobre 2023 l'Eni ha siglato un accordo per lo sfruttamento del gas palestinese di Gaza. Settimane dopo l’operazione israeliana. Altro che Piano Mattei, altro che fine del capitalismo predatorio. L’Italia, attraverso l’Eni, è andata a firmare un contratto che deruba i palestinesi del proprio gas a Gaza in violazione delle convenzioni internazionali in materia. Tali episodi di pubblico dominio offrono la misura di quanto sia grande la subordinazione verso lo Stato di Israele.

Quando pensiamo al perché l’Italia si sia astenuta alle risoluzioni delle Nazioni Unite sul cessate il fuoco, nonostante la stragrande maggioranza della popolazione sia a favore, o perché il nostro paese non riconosca ancora lo stato di Palestina, o, più in generale perché l’Italia sia complice della brutale repressione dello stato israeliano in corso, la migliore risposta possibile è che gli attuali rappresentanti del governo italiano non sono altro che politicanti che prendono ordini dall'estero (in particolare Washington e Tel Aviv).

Non più solo relazioni bilaterali segnate da una profonda amicizia e da un solido sistema di accordi bilaterali a partire dal Memorandum nel 2003 firmato dal primo ministro Silvio Berlusconi. Con i governi di estrema destra di Giorgia Meloni e Benjamin Netanyahu, fra Italia e Israele si è instaurato un profondo legame basato sulla condivisione di valori comuni: identità etnica e culturale, tradizione religiosa e Stato forte e ben armato. Colpito “dalla visione e leadership” di Meloni, Netanyahu, durante il forum economico organizzato dal ministro Adolfo Urso, ha invitato la Meloni al vertice intergovernativo di Tel Aviv per formalizzare gli accordi siglati “accompagnata da 50 o 100 aziende leader.

La singolare affermazione dell'inquilina di Palazzo Chigi si spiega con la necessità, politica e personale, di ottenere dal primo ministro israeliano un riconoscimento internazionale utile per entrare fra i leader mondiali della nuova destra. Di più: l’Italia nazionalista e intollerante ha bisogno dell’esperienza israeliana per avviare quel processo di militarizzazione e “normalizzazione” della società per soddisfare dinamiche di controllo lungo l’intero arco della vita di un essere umano.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, per replicare ad una serie di accuse sulla posizione italiana nella guerra fra Israele-Palestina, ha pubblicato sui social uno schemino sulla vendita di armi in cui si riporta che nel 2023 sono state approvate 21 licenze (di esportazioni di materiali militari a Israele) per 9,9 milioni di euro quasi tutti parti di sistemi di comunicazione. Sempre fuori dalle aule parlamentari ha dichiarato che l’Autorità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (UAMA) ha sospeso il rilascio di nuove licenze di esportazione di armi e sistemi militari a Israele in ottemperanza della Legge 185 del 1990, la legge che vieta l’esportazione di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato. Il ministro, quando era presidente di AIAD (Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), in Commissione difesa del Senato sostenne che bisognava intervenire sulla 185: “Se si vuole cooperare o meno con un paese deve deciderlo il governo non il parlamento. Non esiste che una legge metta in capo alla Farnesina le decisioni sul settore della difesa”. È vero che progressivamente in questi anni si è assistito all’esautoramento del ruolo del Parlamento tranne, ad esempio, quando si tratta di difendere i parlamentari con l’art.68 che gli consente di beneficiare di una doppia garanzia.

È il caso della maggioranza che, in Giunta per l’immunità del Senato, ha salvato il senatore Maurizio Gasparri non riscontrando alcuna incompatibilità tra il suo ruolo di presidente di una società di sicurezza informatica e il mandato di senatore. Gasparri, che fa parte anche della commissione Difesa, non lo ha mai dichiarato nella documentazione che ogni parlamentare deve produrre sulle sue attività private. Dunque un parlamentare può contemporaneamente svolgere l’attività di lobbista? La società di cui si parla è la Cyberealm che si occupa di cybersicurezza e ha legami israeliani (il capitale sociale è in mano all’italo-israeliano Leone Ouazana).  

È stata la trasmissione Report a svelare questa misteriosa società di sicurezza informatica con manager e collaboratori legati ai servizi segreti di altri Paesi: “Alcuni di loro in questo momento sono impegnati materialmente nel conflitto israelo-palestinese in attività sensibili. Gasparri ha di fatto tessuto per loro relazioni istituzionali per l’assegnazione di commesse tenendo all’oscuro il Senato. Commesse che riguardano tutti i suoi ruoli istituzionali”. Uno dei prodotti è un trojan per l’estrazione di informazioni da dispositivi Android e iOS in grado di fornire una profilazione di intelligence completa che ricorda Pegasus.  

Il mercato della cyber security è dunque il lato oscuro del digitale, un mondo dove si muovono interessi e finalità diversi. Mentre innovazione e lobbying possono definirsi le facce della stessa medaglia, gli investimenti raggiunti nel 2022 hanno raggiunto la cifra di 1.855 milioni di euro, +18% sul 2021, il significato del concetto “sicurezza nel contesto digitale” rimane aleatorio.  

Per il ministro Crosetto il settore cybersicurezza ha bisogno di nuove regole e di uno Stato più leggero capace di individuare nella parte privata le competenze che gli servono: “Lo Stato e la Difesa sono perfettamente consci di quanto il settore sia fondamentale e hanno la volontà di investire sempre più”. Lasciare ampio spazio ai privati significa anche poter aumentare la collaborazione con società di affari con paesi come Israele diminuendo ostacoli e controlli. 

Presso il Centro Convegni di Roma Cybertech, la piattaforma di networking B2B nel settore della Cyber Sicurezza e Leonardo, la maggiore società italiana dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza, hanno organizzato a ottobre 2023 l’evento Cybertech Europe presenti sponsors, innovation e institutional partners e startup. L’ambasciatore d’Israele in Italia Alon Bar, presente nel padiglione nazionale israeliano e Amir Rapaport, fondatore di CyberTech, hanno dichiarato che vi è una intensa cooperazione tra i due paesi a livello istituzionale e privato, per cui ci sono molte opportunità di collaborazione tra i due governi e tra i mercati dei due Paesi. Alla conferenza-esposizione era presente anche Pierre Levy, Ceo e amministratore delegato di Atlantica Digital che ha sottolineato che l’80 per cento dei prodotti di software di Atlantica Digital sono di origine israeliana. Atlantica Digital, insieme a Atlantica Cyber Security, fa parte della galassia di Cyberealm ed ha avuto appalti con Consip per la sicurezza informatica, Radiotelevisione italiana S.p.A, Esercito e Carabinieri. Atlantica Cyber Security ha anche una partnership con Elettronica, società partecipata al 31% dalla società a partecipazione statale Leonardo.

Leonardo è la società che ha maggiori rapporti di cooperazione con Israele non solo industriali ma anche scientifici e tecnologici. In un anno ha siglato accordi nell’ambito dell’innovazione con Israeli Innovation Authority e Ramot Tel Aviv University. Con Ramot sono stati fissati i principi per l’attivazione della cooperazione su progetti di ricerca sponsorizzati da Leonardo e realizzati dalla Tel Aviv University, mentre con Israeli Innovation Authority è interessata ai progetti innovativi promossi da start-up, aziende, multinazionali e università israeliane. 

La possibilità di creare ricchezza attraverso partnership internazionali ha prodotto una vera e propria industria globale di eventi anche digitali. Si pensa che il nuovo business realizzerà la cifra di 2.194 miliardi di dollari entro il 2028. In particolare nello spazio di mercato che si è aperto fra Italia e Israele si sono inserite agenzie specializzate e centri di assistenza e consulenza che attraverso la formula Open Innovation offrono la possibilità ai sistemi finanziari di trasferire i contenuti tecnologici senza passaggi burocratici e strutturali.
Un soggetto particolare è la Fondazione Med-Or nata nel 2021 su iniziativa di Leonardo Spa per unire competenze e capacità dell’industria con il mondo accademico nell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”). Nel 2023 rafforza la collaborazione con l’Institute for National Security Studies (Inss) di Tel Aviv tramite la sottoscrizione di un Memorandum di Intesa avvenuta durante la visita in Israele del Presidente della Fondazione Med-Or Marco Minniti.
Inss è un istituto di ricerca e think tank israeliano affiliato all’Università di Tel Aviv che conduce ricerche e studi che hanno un impatto sulle questioni strategiche relative alla Sicurezza Nazionale con una particolare attenzione per il Medio Oriente, il conflitto israelo-palestinese, la dottrina di sicurezza israeliana, il controllo degli armamenti, il terrorismo, i conflitti a bassa intensità e le relazioni Usa-Israele.

Secondo la “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento relativa all’anno 2022”, il valore globale delle licenze di esportazione e di importazione, comprese le licenze per operazioni di intermediazione e quelle globali di progetto e di trasferimento, è stato pari a 6,017 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 5,34 miliardi del 2021. In relazione alle aziende esportatrici, i dati evidenziano come le prime 15 società esportatrici abbiano un peso finanziario pari al 92,59 per cento sul totale del valore esportato con licenze individuali dai 138 operatori complessivi. Le prime 4 aziende sono Leonardo (47,05%), Iveco Defence Vehicles (14,08%), MBDA Italia (7,96%) e Elettronica S.P.A. (4,36 %) e rappresentano circa il 73% del valore complessivo. Leonardo è destinataria di circa il 23% del totale delle autorizzazioni (496 su 2.155). I primi 15 operatori hanno ricevuto 1.076 autorizzazioni, circa il 50% del totale. Il volume di affari per la vendita di armi a Israele è stato inferiore rispetto a quello altri Paesi del Medio Oriente: Qatar circa 260 milioni di euro, Arabia Saudita oltre 123 milioni, Emirati Arabi Uniti per 121 milioni, Kuwait per oltre 105 milioni e Egitto per 72 milioni. In Israele l’Italia ha esportato armi per 9,3 milioni di euro mentre ne ha importate per 9.8 milioni di euro.

Elenco Categoria Materiale:
• ARMI O SISTEMI D'ARMA DI CALIBRO SUPERIORE A 12,7 MM
• MUNIZIONI - BOMBE, SILURI, RAZZI, MISSILI ED ACCESSORI
• AEROMOBILI - APPARECCHIATURE PER LA VISIONE D'IMMAGINI
• PEZZI FORGIATI, PEZZI FUSI E SEMILAVORATI - APPARECCHIATURE E TECNOLOGIA PER LA PRODUZIONE
• TECNOLOGIA PER SVILUPPO, PRODUZIONE O UTILIZZAZIONE

Elenco esportazioni definitive verso Israele per ditte: Elettronica Aster; Forgital Italy SpA, Leonardo SpA, ASE SpA, BattagionSpA, Agenzia Industrie Difesa, Tekne Srl, RWM, OMA Officine Meccaniche Aeronautiche, Secondo Mona SpA, Ring Mill SpA e CABI Cattaeneo SpA.  Elenco importazioni definitive da Israele per ditte: Gelco SpA, ERA Electronic System Srl, Leonardo SpA, SLS Support Logistic Services Srl, Milexia Italia SpA, Simecon Srl, BMD SpA, RWM, Elettronica SpA, Simmel Difesa SpA, Telespazio SpA,

Fra gli accordi internazionali bilaterali si ricorda il Memorandum d’intesa fra Italia e Israele relativo alla difesa e alla cooperazione militare del 2003.

Pochi giorni dopo l’inizio dell’Operazione Spade di Ferro le aziende italiane presenti in Israele non avevano ancora deciso cosa fare: Ita Airways, Ferrero, Intesa Sanpaolo, Tim, Edison SpA, Impresa Pizzarotti, Rina Consulting SpA, Sicim SpA, STMicroelettonics Ltd, Telit Wireless Solutions e TI Sparkle SpA (Tim Group). Enel con i suoi hub: Innovation Hub a Tel Aviv (attivo dal 2016), FinSec Lab a Beer-Sheva (attivo dal 2021 in collaborazione con Mastercard) e AI&Robotics Lab a Tel Aviv (attivo dal 2022). 

Fin dall’inizio della controffensiva israeliana, l’Italia ha offerto il suo sostegno allo Stato ebraico con la voce di Giorgia Meloni che ha assicurato “la piena solidarietà del Governo italiano” confermata dalla scelta di astenersi in tutte le risoluzioni ONU che chiedevano una tregua umanitaria per Gaza benché si sia in presenza di un genocidio. Definizione facilmente riscontrabile dalle dichiarazioni di leader e generali israeliani con l’intento di giustificare l’attacco su Gaza mentre in Cisgiordania i coloni stanno portando avanti una pulizia etnica protetti dall’esercito.

Non è mancato un premio ai governi, fra cui quello italiano, che hanno dimostrato fedeltà assoluta a Israele. All’inizio di novembre il governo israeliano ha assegnato a sei società, tra cui il colosso italiano degli idrocarburi ENI, dodici nuove licenze per l’esplorazione del gas naturale al largo della costa mediterranea della Palestina.

L’approccio all’uso della forza militare derivato dalla dottrina (deterrenza, avvertimento strategico, decisione e difesa) è che Israele deve lottare per guerre brevi e trasferire rapidamente la guerra in territorio nemico. Nel caso in cui Israele venga colto di sorpresa nella prima fase, l’esercito regolare dovrebbe tenere a bada il nemico finché le forze di riserva non saranno mobilitate e l’IDF potrà passare all’offensiva. È da questo concetto che viene data la precedenza alla superiorità aerea e alle capacità di intelligence avanzate.
La necessità di aggiornare il concetto di sicurezza nazionale ha dovuto mettere in relazione la strategia dell’IDF (forze armate dello Stato d'Israele), dottrina, e circolo politico-stategico a cui compete la definizione delle strategie.

Alle forze armate è affidato il compito della deterrenza tenendo conto che le sfide che deve affrontare sono più diversificate, sostanziali e immediate di quelle di quasi tutte le forze armate del mondo. L’IDF deve affrontare il terrorismo tattico, far fronte a organizzazioni ibride, metà statali e metà terroristiche, una situazione unica che le costringe a sviluppare capacità operative combinando le capacità tecnico-operative degli ufficiali con il lavoro delle industrie della difesa. Allo stesso tempo questa particolare situazione israeliana si presenta come una grande opportunità perché i cambiamenti tecnologici globali, l’ascesa del cyberspazio come dimensione di combattimento, l’arrivo dell’intelligenza artificiale, gli enormi progressi nei sistemi autonomi e la loro influenza sulla tecnologia militare e sul campo di battaglia, possono consentire a un esercito tecno-operativo come quello di realizzare i vantaggi che ne derivano per far fronte alle minacce e per rafforzare la propria dipendenza dalla superiorità tecnologica. Ciò significa avere a disposizione quel capitale umano necessario per lo sviluppo innovativo delle tecnologie presenti e future, e l’adozione di dottrine pertinenti per un loro preciso utilizzo operativo in scenari operativi.
Di conseguenza, negli ultimi anni, nell’ambito della riserva accademica, sono stati sviluppati nuovi programmi designati per la formazione di un’élite STEM (science, technology, engineering and mathematics) in diversi campi, in particolare nella scienza dei dati e nell’intelligenza artificiale. L'uso del servizio obbligatorio è diventato un meccanismo che sta alla base del potere tecnologico dell'IDF e di quello dell'intero apparato di sicurezza, inoltre rappresenta un paradigma globale per costruire l'ecosistema tecnologico-militare dell'establishment di sicurezza.

L’establishment della sicurezza utilizza il servizio obbligatorio per costruire il potere tecnologico-militare, tuttavia è anche lo Stato di Israele ad averne bisogno perché un esercito volontario potrebbe non consentirgli di raggiungere la massa critica necessaria per le mutevoli esigenze di difesa. In Israele la forza dell'esercito si basa su un nucleo di ufficiali e soldati di carriera in servizio permanente, sui coscritti e sulle forze di riserva derivanti dal servizio obbligatorio.  Questi costituiscono la principale forza combattente dell'IDF in tempi di guerra, operazioni, o crisi (con alcune differenze nel modello di riserva delle forze di combattimento di terra rispetto ai soldati di combattimento aerei o navali).
Sebbene il concetto di sicurezza nazionale di Israele si concentri principalmente sulla capacità dell'IDF di affrontare le minacce esterne, deve includere anche aspetti interni legati alla solidarietà e resilienza nazionale, infine ai legami con gli Stati Uniti. L'aggiunta di una componente difensiva al concetto di sicurezza influisce sulla preparazione militare, in primo luogo del fronte interno.  Un problema può nascere soprattutto in relazione alle minacce alla sicurezza interna da parte della minoranza araba del paese e della popolazione araba dei territori.

Per il fronte interno esiste la Legge ISA (Agenzia per la sicurezza israeliana o “Shin Bet”) su cui si fonda il controspionaggio regolamentato nel 2002. Il Servizio è responsabile della protezione della sicurezza dello Stato, dell’ordine e delle istituzioni del regime democratico contro le minacce di terrorismo, sabotaggio, eversione, spionaggio e divulgazione di segreti di Stato. La detenzione amministrativa, diritti degli interrogati, demolizioni di case, uso della pressione fisica negli interrogatori, uccisioni mirate, deportazioni, messa al bando di attività politiche e altro ancora rientrano nella giurisdizione ISA sottoponendola a dure critiche riguardo lo squilibrio tra esigenze di sicurezza e democrazia come i diritti individuali e la libertà di espressione. Tuttavia in Israele il concetto di sicurezza si concentra sulle minacce militari esterne e la componente di intelligence supporta operazioni militari mirate alla deterrenza, all’allarme strategico, alla decisione e alla difesa, mentre sarebbe importante integrare ufficialmente il controspionaggio nel concetto di sicurezza come parte del quarto pilastro (inserirlo nell'elemento di difesa). Precisamente le minacce interne dovrebbero essere affrontate in modo globale soprattutto nei periodi che precedono conflitti violenti, durante gli scontri e persino durante le guerre. 

Nel 2023 il governo Meloni si è caratterizzato per l’introduzione di un allarme sociale costruito sulla base di nemici immaginari e minacce da combattere, allo scopo di creare un sistema repressivo con l’introduzione di nuovi reati (15 nuovi reati e pene più severe per quelli vecchi) per chi non si lascia “docilmente” governare. Con l’attuale governo vi è il ritorno ai meccanismi di controllo sociale affidando alle istituzioni disciplinari e agli apparati di polizia un ruolo centrale nelle attività di sicurezza, ordine e moralità. Sulle modalità di esercizio del potere il governo italiano ha trovato in quello israeliano una felice combinazione fra teoria e prassi.

Nel 2022 il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nel corso di una sua audizione al Senato aveva affermato che in uno scenario geostrategico internazionale sempre più fragile, vi era la necessità di sviluppare un nuovo modello di deterrenza basato su uno strumento militare tecnologicamente all’avanguardia. Nella fattispecie l’oggetto dell’audizione riguardava il disegno di legge n. 2597 che rivede il modello delle Forze armate a cui è collegata la delega al governo per la revisione dello strumento militare nazionale. Per l’ammiraglio la difesa italiana deve essere pronta a partecipare attivamente alle “iniziative industriali che nel prossimo decennio daranno vita a una rivoluzione tecnologica”. Quindi lo strumento militare sarebbe chiamato sempre più a mantenere “la stabilità e la pace a livello internazionale e la salvaguardia dei diritti umani” perché il campo di azione non smette di ampliarsi e la tutela e la salvaguardia dei diritti sono una vera e propria emergenza globale.

Sempre nel 2022 il direttore generale del ministero della Difesa di Tel Aviv, generale Amir Eshel, incontra a Roma l’ammiraglio Cavo Dragone e il segretario generale della Difesa, generale Luciano Portolano, con l’obiettivo di ribadire i legami tra i due Paesi e continuare il potenziamento della cooperazione industriale attraverso il coinvolgimento delle rispettive Forze armate. Da parte sua il ministro della Difesa Guido Crosetto, in una audizione davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato, ha sostenuto che in vista degli scenari futuri andrebbe fatto un ragionamento sull’attivazione di una riserva, in caso di emergenza, ovvero di guerra, citando gli esempi di Israele e Svizzera (dove però il servizio militare è obbligatorio). Il ministro ha spiegato che le forze armate italiane “vanno rivoluzionate da cima in fondo”. In relazione al quadro tratteggiato su scala internazionale occorrerebbe rivedere il modello italiano di difesa e arruolare persone “che abbiano in testa di fare i soldati e andare in teatro operativo” poiché, se fino a pochi anni fa il rischio era quello inerente al conflitto in Afghanistan, “in futuro potrebbe non essere più così”. La carenza di personale nell’Esercito si risolverebbe con l’introduzione di 10.000 unità in servizio e la formazione di una riserva pronta ad unirsi ai soldati effettivi laddove dovesse scattare la mobilitazione generale. Attualmente la riserva è in pratica costituita dagli uomini e dalle donne della Polizia di Stato “già formati ad attività di sicurezza” quindi dotata delle conoscenze necessarie. Inoltre, occorrerebbe rivedere le carriere per svecchiare le Forze Armate che hanno solo un terzo di under 30 tra le proprie file, le modalità di reclutamento, formazione e addestramento col fine di avere professionalità altamente specializzate, infine rendere attrattivo il lavoro all’interno dell’esercito che oggi soffre per una più bassa retribuzione rispetto al mercato privato. Non a caso, nella manovra economica, il governo ha deciso di dare più soldi a polizia e forza armate tagliando i fondi per l’accoglienza dei migranti e dei minori stranieri non accompagnati. Una scelta accompagnata dalla decisione del governo di considerare adulti tutti i minori di età compresa tra i 16 e i 18 anni, risparmiando così sulla retta quotidiana e prevedendo il loro inserimento in strutture dedicate ai maggiorenni. Agendo su questo taglio si sono liberate le risorse per aumentare di 100 milioni la dote per il comparto sicurezza.

Nel gennaio 2023 il ministro Crosetto presenta alle Commissioni di Camera e Senato Esteri e Difesa il suo ‘Sistema Difesa’: “La mia Visione è quella di uno Strumento Militare sinergico nelle sue componenti, agile nelle decisioni, efficace nei possibili scenari di impiego, proiettabile in ruoli di leadership nel sistema di alleanze e coalizioni e credibile strumento di difesa e sicurezza”. Fra le linee programmatiche, necessarie alla realizzazione di cinque obiettivi prefissati, sono riconoscibili i pilastri del concetto di sicurezza nazionale israeliano. Sebbene il ministro continui ogni volta a sottolineare che lo strumento militare agisce sempre nel rispetto dei dettami costituzionali, di fatto ha cominciato a stravolgere il ruolo delle Forze Armate a cui è affidato il compito di difesa dello Stato. Di fatto da tempo si dovrebbe parlare di difesa dell’interesse nazionale nella definizione data dal diplomatico e presidente di ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) Giampiero Massolo: “L’interesse nazionale è ciò che uno Stato non può evitare di perseguire senza creare un danno alla collettività. Spetta ai governi definirne il contenuto. Questi sono responsabili del loro operato di fronte ai Parlamenti e, in ultima analisi, ai cittadini”.
Sulla scia dell’attuale governo opera un salto di qualità stabilendo che lo Strumento militare, in linea con l’evoluzione dottrinale della NATO, debba prevalere non solo in ambito Alleanza, ma anche a livello nazionale. Cosicché oltre a seguire i dettami degli USA in ambito internazionale, si lega maggiormente a Israele assumendo il suo modello per riorganizzare lo Stato italiano verso una deriva securitaria.

Fra gli incontri bilaterali interessati a rafforzare la cooperazione fra i due paesi vi è anche quello avvenuto a luglio 2023 fra le reciproche Forze di Polizia (l’Italia nel 2017 aveva ratificato un accordo con Israele in materia di pubblica sicurezza). L’evento, come riportato dalla Polizia di Stato, “è stato organizzato dal Servizio relazioni internazionali in risposta a una specifica richiesta delle autorità israeliane, interessate a conoscere con maggiore dettaglio l’esperienza nazionale in materia di coordinamento delle Forze di polizia, specialmente nella gestione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica in occasione di eventi sportivi e manifestazioni di piazza organizzati nelle grandi città, ma anche del controllo del territorio in ambito urbano”.

Inoltre, come se fosse un bisogno urgente e prioritario, nel Consiglio supremo di difesa dell’11 dicembre si è discusso della possibilità di costituire un Consiglio di sicurezza nazionale. In un comunicato diffuso si informa che il lavoro di “approfondimento svolto sui cambiamenti che le nuove tecnologie stanno introducendo nella competizione internazionale e quindi sui loro effetti nell’evoluzione dei moderni scenari strategici. Ritiene indispensabile sviluppare consapevolezza e capacità d’azione anche nei nuovi ambiti dell’interazione umana: i domini cibernetico, spaziale e subacqueo e la dimensione cognitiva. Una più efficace architettura di sicurezza e di governance nazionale è condizione per contrastare le nuove minacce nonché i rischi di uso offensivo delle tecnologie emergenti quali l’intelligenza artificiale. Considerata la trasversalità delle minacce ibride, è indispensabile uno sforzo congiunto del sistema Paese”.

L'Istituto Italiano di Studi Strategici Niccolò Machiavelli ha così commentato la proposta:
“Le nostre istituzioni stanno quotidianamente constatando che la politica di sicurezza nazionale così com’è stata concepita fino ad oggi non è più adeguata, perché non può più garantire la protezione della nazione dalle nuove minacce ibride che determinano una tipologia di rischi e potenziali conflitti senza regole e limiti, che estendono le loro conseguenze alle reti ed alle popolazioni civili. Dunque l’esigenza di evolvere verso un nuovo “paradigma di sicurezza nazionale” in grado di fronteggiare rischi, minacce, attacchi e conseguenze di eventi catastrofici, naturali e/o antropici, ormai interdipendenti e globali. Lo Stato necessita di organismo connesso con lo sviluppo tecnologico e soprattutto con il “Sistema Paese”, in grado di garantire tutti gli ambiti inerenti alla sicurezza nazionale, alla strategia militare generale ed al concetto di difesa militare, che vanno dal monitoraggio delle minacce alla pianificazione di azioni preventive, dissuasive e reattive, con l’obiettivo di proteggere gli interessi nazionali e la popolazione. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale può contribuire a raggiungere tali obiettivi strategici”.


Riferimenti:

Gianni Lannes, Israele. Olocausto finale?, Luigi Pellegrini editore, Cosenza, 2024.

https://www.pellegrinieditore.it/israele-olocausto-finale/ 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=israele%2Bberlusconi 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=ibm%2Brenzi 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=crosetto 

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2024/07/02/24G00108/SG

https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=3/00275&ramo=S&leg=19 

https://www.lastampa.it/esteri/2023/03/10/news/meloni_netanyahu_incontro_palazzo_chigi-12686673/

https://formiche.net/2023/03/netanyahu-roma-meloni-urso/#content

https://moked.it/blog/2023/03/14/italia-israele-tra-accordi-e-appelli-alleuropa/

https://www.inss.org.il/publication/israel-economy-2023/

https://www.timesofisrael.com/liveblog_entry/smotrich-defends-boost-in-funds-for-settlers-saying-theyre-used-for-security-against-nazi-palestinians/

https://www.middleeasteye.net/news/israel-palestine-war-us-guns-arming-west-bank-settlers-official-warns.

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https://theintercept.com/2023/11/06/hamas-counterterrorism-mass-surveillance-section-702/

https://www.trentotoday.it/cronaca/manifestazione-palestina-israele-gaza.html

https://www.ilgiornale.it/news/nazionale/rischio-escalation-violente-documento-sulle-manifestazioni-2232762.html.

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https://italy.cybertechconference.com/sites/italy20/files/2023-11/Brochure_Europe_2024%20%281%29.pdf; https://italy.cybertechconference.com/index.php/it/partners

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https://formiche.net/2022/12/gruppo-di-lavoro-industria-italia-israele/

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https://legalcommunity.it/deloitte-legal-lancia-il-desk-israele-barbara-pontecorvo-responsabile/?print-posts=pdf

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https://www.whoprofits.org/

Post scriptum

La tecnologia è diventata parte integrante della nostra vita moderna, ma per i palestinesi le Big Tech sono diventate un altro modo in cui Israele esercita il controllo. Who Profits, un centro di ricerca israeliano che documenta i legami del settore privato con l’occupazione israeliana, ha pubblicato a maggio un rapporto sul ruolo delle multinazionali tecnologiche nel facilitare le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. L’impatto di ciascuna azienda varia: alcune supervisionano un grande progetto, mentre altre forniscono attrezzature a un sistema già esistente. Who Profits ha scritto nella sua analisi:

"A prescindere dalle dimensioni, il lavoro di queste aziende rafforza la capacità di un’economia di occupazione israeliana già altamente tecnologica e orientata ai dati e la sua capacità di espropriare, reprimere, controllare e sottoporre a una sorveglianza pervasiva i palestinesi su entrambi i lati della Linea Verde".

Mentre innumerevoli aziende israeliane e internazionali sono coinvolte nell’occupazione israeliana, Who Profits ha evidenziato nel suo rapporto quattro società tecnologiche americane: Microsoft, IBM, Cisco Systems e Dell Technologies.

Secondo Who Profits, la multinazionale tecnologica Microsoft – una delle più grandi aziende informatiche del mondo – ha una lunga storia di collaborazione con l’esercito e l’industria tecnologica israeliana.

L’azienda informatica IBM collabora con l’Autorità israeliana per la popolazione, l’immigrazione e le frontiere per gestire il sistema Eitan per il database del registro della popolazione del governo. Questo sistema informatico conserva le informazioni personali dei palestinesi e dei siriani che vivono sotto l’occupazione israeliana. I dati archiviati sono spesso utilizzati per attuare le politiche discriminatorie di Israele. Le filiali israeliane di IBM – Red Hat Israel e IBM Israel – collaborano ampiamente con l’IDF. Red Hat fornisce centri dati di edge computing e storage basato su software a diverse unità militari israeliane ed è coinvolta in progetti congiunti nelle divisioni Computer Service e Cyber Defense. Nel 2020, IBM Israele è diventato il principale fornitore IT di tre nuovi centri logistici regionali militari.

La multinazionale americana collabora con le forze armate e con il Ministero dell’Istruzione per stimolare l’interesse degli studenti delle scuole superiori per la tecnologia, con l’obiettivo di migliorare la difesa e le capacità hi-tech di Israele. Spesso questo significa che il suo personale tiene lezioni nelle scuole insieme agli ufficiali militari. L’azienda ha anche partecipato a eventi presso l’Università di Ariel.

IBM ha collaborato anche con la Polizia di Israele, fornendo attrezzature informatiche e software dal 1975. Più recentemente, nel 2018, l’azienda ha creato un centro di ricerca informatica a Be’er Sheva, una città nel deserto del Naqab, accanto a una base militare di telecomunicazioni e al campus della Direzione del Servizio informatico. Il centro e la sua ubicazione fanno parte del piano del Ministero della Difesa per la transizione degli ufficiali della Cyber Unit nell’industria high-tech dopo la fine del servizio. Un gruppo tecnologico apertamente pro-Israele ha ora il controllo sui dati più sensibili della sicurezza nazionale del Regno Unito. Oracle, il cui amministratore delegato Larry Ellison ha legami preoccupanti con Israele, ha firmato di recente un accordo per conservare i dati militari più sensibili del Regno Unito.

Anche il gigante tecnologico Cisco Systems ha lanciato degli hub tecnologici nel Naqab, due dei quali situati nelle città beduine palestinesi di Hura e Ar’arat al-Naqab. Questi hub, insieme al centro informatico dell’IBM, fanno parte degli sforzi di Israele per insediare il Naqab con israeliani ebrei e allontanare la comunità beduina autoctona. Nell’ambito dei piani di ebraicizzazione dell’area, l’esercito israeliano ha costruito nel deserto il suo più grande centro dati sotterraneo per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, completo dei sistemi di calcolo, comunicazione, cybersecurity e load-balancing di Cisco Systems. Inoltre, Cisco Systems ha aperto altri tre hub tecnologici su terreni occupati nelle alture siriane del Golan e in Cisgiordania e prevede di aprirne altri cinque in questi territori occupati.

Quest’anno, il gigante dell’elettronica Dell Technologies ha vinto una gara d’appalto di oltre 150 milioni di dollari dal Ministero della Difesa per fornire alle forze armate server, servizi di manutenzione e altre attrezzature. Nel 2021, la filiale israeliana di Dell, VMware Israel, si è assicurata un contratto per fornire alla polizia israeliana i suoi prodotti dall’agosto 2021 al gennaio 2027.

I servizi virtuali di VMware aiutano a gestire il sistema di sorveglianza della Polizia israeliana a Gerusalemme Est, noto come Sistema Mabat. Circa 400 telecamere di sicurezza sono state installate nella Città Vecchia di Gerusalemme, con la videosorveglianza monitorata 24 ore su 24, 7 giorni su 7, da un centro di comando e controllo della polizia.

Etichettato come la “nazione delle startup”, i progressi tecnologici di Israele hanno attratto le aziende tecnologiche di tutto il mondo. Ma mentre le Big Tech sono sempre più coinvolte nelle industrie militari e tecnologiche israeliane, più collaborano attivamente con l’apartheid e più i palestinesi e i siriani sotto occupazione vengono sfruttati digitalmente.

 


 



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