25.8.23

FOSSILI PER SEMPRE!

 




di Gianni Lannes


Il Belpaese: non solo territorio di sperimentazioni militari timbrate Washington e arsenale nucleare dello zio Sam, ma anche hub del gas europeo. Il 20 marzo 2023, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) ha pubblicato la sintesi del suo sesto rapporto sulla crisi climatica, dove l'Italia viene indicata tra i Paesi più vulnerabili alle conseguenze degli sconvolgimenti climatici, provocati dalle attività belliche sperimentali targate Usa.

Durante la Conferenza sul clima di Glasgow (Cop26), 34 Paesi, tra cui l'Italia, e cinque istituzioni finanziarie pubbliche avevano firmato un accordo che li impegnava a terminare gli investimenti pubblici internazionali nei combustibili fossili entro la fine del 2023.

Le strategie fin qui adottate dall'Italia continuano però a confermarsi tra le meno coerenti e rispettose degli impegni presi alla Cop26. Purtroppo il telecomandato «Sistema-Italia», continua a basarsi sul triangolo tra finanza privata, industria fossile e finanza pubblica.

Il Governo Meloni e la sua Agenzia di credito all'esportazione Sace – come si legge in un documento pubblicato da ReCommon, l'associazione che promuove campagne e iniziative per sottrarre le risorse naturali alla finanza e al mercato – si rimangiano di fatto gli impegni presi alla Cop26, continuando a finanziare progetti di carbone, petrolio e gas all'estero almeno fino al 2028. I progetti in fase di valutazione, se realizzati, produrrebbero 3,5 volte le emissioni di CO2 annuali dell'Italia, per un totale di 1,2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.

Vale la pena ricordare che Sace, si colloca al primo posto in Europa tra i finanziatori pubblici dell'industria fossile. Tra il 2016 e il 2021, Sace ha emesso garanzie per i settori del petrolio e del gas pari a 13,7 miliardi di euro.

La cosiddetta strategia tricolore prevede l'abbandono del supporto alla filiera del carbone a partire dal maggio del 2021, mentre l'interruzione graduale dei finanziamenti al settore del petrolio è prevista entro il 2024. Ma per il gas il programma è molto diverso. La priorità nel phase-out è stata data alla generazione di energia attraverso i combustibili fossili e alla catena di valore del petrolio. Le altre fasi della filiera del gas saranno gradualmente dismesse alla luce del ruolo che il combustibile può svolgere nella transizione (...); grazie a queste eccezioni, Sace può giustificare il suo supporto al settore del gas. Il finanziamento a progetti di centrali elettriche a metano continuerà fino al 2023, mentre l'esplorazione e l'estrazione saranno supportate fino al 2026. Per i progetti di trasporto e stoccaggio, invece, la data ultima non è proprio menzionata perché deve essere «ancora definita». Una formula che sembra voler dire «per sempre».

Come ricorda un articolo del quotidiano Domani del 23 marzo 2023 «sembra che questa politica sia un regalo alle multinazionali energetiche e alle istituzioni finanziarie, a cui il Governo italiano fa da sponda per trasformare l'Italia in hub mediterraneo del gas. Hub per rivenderlo ad altre multinazionali o Paesi, non per le necessità del tessuto produttivo italiano».

Singolare coincidenza, ovvero l'ennesimo conflitto di interessi: il presidente del Consiglio di amministrazione di Sace è il dottor Filippo Giansante, che è anche membro del Consiglio di amministrazione dell'Eni. Peraltro Eni ha già ricevuto la garanzia di Sace per Coral South, il progetto avviato da Eni per lo sviluppo delle risorse di gas scoperte al largo del Mozambico.

Alla luce dei fatti, l'azione dell'eterodiretto esecutivo Meloni e della Sace di conferma dei sussidi pubblici al comparto fossile, contrasta palesemente con gli impegni presi in sede di Cop26.

Perché la Meloni non interrompe gli investimenti pubblici e le garanzie Sace per progetti esteri legati all'estrazione e al trasporto di combustibili fossili?

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=gas

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