di Gianni Lannes
Dopo l'eliminazione in sequenza di due magistrati mentre in molti piangevano, c'è chi ha approfittato per brindare. Il 2 giugno 1992, a pochi giorni dalla morte del giudice Falcone, di sua moglie e della scorta, andava una riunione particolare tra i principali esponenti della City, il mondo finanziario londinese, ed i manager pubblici italiani, rappresentanti del governo di allora e personaggi che poi sarebbero diventati ministri nel governo Amato. Questa riunione si svolse sul panfilo Britannia, di proprietà della regina Elisabetta II. Il Britannia, dopo aver imbarcato gli ospiti italiani a Civitavecchia, prese il largo ed uscì dalle acque territoriali. I potenziali venditori delle aziende da privatizzare (governo e imprenditori pubblici, incluso tale Mario Draghi in veste di direttore generale del Tesoro) discussero di ciò con i potenziali acquirenti, i banchieri londinesi, a casa di questi ultimi. All'epoca, l'ex segretario del PSI Bettino Craxi ne aveva dato notizia alla Camera. Ci furono quindi numerose interrogazioni parlamentari. Né il governo di allora pilotato dal pensionato d'oro Giuliano Amato (in seguito promosso a giudice della Consulta), né tutti gli altri dopo, si sono mai sentiti in obbligo di fornire un chiarimento all'opinione pubblica ed al Parlamento. Magari, adesso, lo stesso Draghi potrà propinare la sua versione dei fatti, vale a dire come accelerò entusiasticamente la privatizzazione delle eccellenza italiane.
La famigerata vicenda del Britannia attesta inequivocabilmente che scelte decisive, come quelle delle privatizzazioni, sono state realizzate al di fuori del Parlamento italiano e addirittura in sedi così lesive dell'onore e della dignità nazionale, come il panfilo della regina Elisabetta d'Inghilterra.
Su quel panfilo c'era anche il ministro degli Esteri Beniamino Andreatta. L'episodio del Britannia si inquadra in uno scenario più ampio, di autentica destabilizzazione politico-economica dello Stivale.
Che la destabilizzazione fosse in arrivo lo si sapeva da quando l'allora capo della CIA sotto Bush, William Webster, annunciò che, come conseguenza del crollo del comunismo, l'apparato di spionaggio USA avrebbe impegnato le sue risorse in una strategia volta a contrastare i rivali economici: l'Europa ed il Giappone. Webster enunciò la nuova dottrina proprio mentre il Muro stava cadendo, il 19 settembre 1989, di fronte al World Affairs Council di Los Angeles. La Dottrina Webster è uno dei pilastri del "nuovo ordine mondiale" inaugurato sotto la presidenza Bush. L'altro pilastro, più concepito per le nazioni del Terzo Mondo, è la cosiddetta "Dottrina Thornburgh", secondo cui la legge dei predoni nordamericani è al di sopra del diritto internazionale. La Dottrina Thornburgh, dal nome dell'ex ministro della Giustizia USA, è quella che ha giustificato l'invasione del Panama. A quel tempo, in coincidenza con tali sviluppi, si registrò nel 1993 l'apertura di una sede italiana della Bishop International a Milano, un'agenzia di informazioni operante nel mondo dell'economia, affiliata ad un altro ente simile, più noto, col nome di Kroll International. Kroll è un ex agente della CIA che si è dato una copertura da "businessman" ma continuava a lavorare per i vecchi padroni. Fu la Kroll, infatti, a raccogliere e divulgare informazioni sulle imprese europee che avevano fornito all'Irak materiale e tecnologia ritenuti "indesiderati" dall' amministrazione Bush. Ebbene, Bishop è un ex agente di Scotland Yard che ha lavorato per anni con Kroll e poi si è messo in proprio a raccogliere "informazioni economiche".
Un altro protagonista della destabilizzazione economica è la più grande finanziaria di Wall Street, la Goldman Sachs. La stessa ditta che ebbe un ruolo nel crollo della lira, dapprima annunciandone la sopravvalutazione ed indicando nel livello di 1000 lire al marco il tasso di cambio che essa riteneva realistico, poi buttandosi a vendere lire per contribuire a ottenere quel risultato. Il comportamento di un personaggio come Romano Prodi, nominato dall'ex governatore Ciampi a presidente dell'IRI, conferma questi sospetti. Prodi aveva esposto le sue idee in materia di privatizzazioni: privatizzare tutte le banche d'interesse nazionale, più il San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena e l'Ina. In una sua intervista al Wall Street Journal, dichiara che non solo tutto delle ex partecipazioni statali si può vendere, ma anzi, le aziende vanno prima risanate e poi vendute. Quindi, prima le risaniamo con i soldi dei contribuenti italiani, poi le vendiamo a chi, ai soliti stranieri? Romano Prodi è stato "senior adviser" della Goldman Sachs. Prodi faceva parte del pool di economisti, assieme al famoso Jeffrey Sachs, che mise a punto il cosiddetto Piano Shatalin, un piano per la riconversione economica dell'ex URSS ideato da Soros, così radicale che fu respinto a suo tempo da Gorbaciov 1990-91).
Prodi è dunque collegato agli ambienti che speculato contro la lira, che hanno saccheggiato impunemente l'economia dell'Europa dell'est ed hanno permesso in quei paesi un saldo insediamento della mafia. E' legittimo, quindi, il sospetto che la liquidazione dell'IRI, col passaggio in mano straniera delle migliori aziende, ad alto contenuto tecnologico, sia stata già decisa e che Prodi sia un semplice esecutore delle volontà degli ambienti internazionali a cui è saldamente legato, alla stregua di Draghi.
Ecco infine, cosa recitano le cronache giornalistiche (mai smentite dai diretti interessati) datate 3 giugno 1992, sempre a proposito del Britannia. Apre le danze Il Messaggero:
«Grandi manager, banchieri e industriali sono arrivati tutti puntuali alla lezione di “privatizzazioni” a bordo dello yacht di sua maestà la regina d'Inghilterra. Alla banchina del porto di Civitavecchia, infatti, c'era ad aspettarli il “Britannia” di Elisabetta II. E a bordo della prestigiosa imbarcazione è avvenuto il primo contatto diretto tra le aziende italiane comprese nell'elenco delle società privatizzabili e le grandi banche d'affari della City, candidate a condurre in porto quella che il direttore generale del Tesoro, Mario Draghi ha definito “la più rivoluzionaria operazione italiana di politica economica dell'ultimo ventennio”. In fila per salire a bordo del 2Britannia” c'era il presidente dell'Eni Gabriele Cagliari (poi suicidatosi misteriosamente, ndr) L'unico politico era il ministro del tesoro Andreatta, “Sulle privatizzazioni stiamo per passare dalle parole ai fatti” ha detto Draghi. La City si è detta pronta a fare la sua parte. Secondo Draghi l'Italia non tornerà indietro. Anche se ci vorranno molte riforme per accompagnare il processo delle privatizzazioni, prima fra tutte una politica di rientro del disavanzo pubblico».
Di seguito il quotidiano la Repubblica, sempre in tono servile - come gran parte dei giornaletti tricolore - il 3 giugno 1992:
«La regina... si è detta ben lieta di ospitare a bordo del suo panfilo reale, la sua dimora sulle acque, un centinaio di invitati eccellenti di nazionalità italiana, manager di Stato, economisti, banchieri, vertici del Tesoro venuti a seguire un austero seminario sottocoperta sul tema delle privatizzazioni. Privatizzazioni? Vi spieghiamo come si fa, si sono offerti soccorrevoli e certamente interessati, a concludere eventuali accordi gli esperti inglesi, come i presidenti di due fra le più antiche banche d'affari del mondo, la Baring e la Warburg».
Il giorno seguente esplode con singolare tempo ad orologeria il caso Craxi, uno dei rari politici italiani di elevato rango, ovvero uno statista internazionale, contrario alla svendita dell'Italia. Non a caso, proprio il rotocalco fondato da Scalfari, il 4 giugno 1992 titola così: “Addio a Palazzo Chigi? (pagina 1). Ancora: “E per Craxi si allontana la guida del governo” (pagina 7), dopo aver rifiutato l'inciucio offerto da un certo Cuccia.
Invito i lettori ad esaminare con attenzione l'illuminante audizione di Mario Draghi alla Commissione Bilancio della Camera del 3 marzo 1993. E a dare un'occhiata alla legge 35/1992 (Carli), alla legge 82/1992 (Amato), nonché al decreto ministeriale numero 561 del 13 ottobre 1995, ed infine a ripassare la legge 262/2005 (“Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”, assolutamente inattuata. Mister Britannia in veste di primo ministro (o se preferisce l'inglesismo tanto di moda, “premier”), potrà chiarire agli italiani una volta per tutte, anche la fine di tutto l'oro italiano.
Riferimenti:
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2021/02/dalla-padella-conte-alla-brace-draghi.html
Che schifo!
RispondiEliminaChe sia di monito x coloro che odiano il comunismo
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