Una sola parola: democidio, vale a dire l'omicidio di massa da parte di un governo. Invece di risanare migliaia di edifici scolastici
pubblici (dati ufficiali del Miur) a grave rischio di incolumità per alunni,
insegnanti e personale tecnico, lo Stato tricolore impone le vaccinazioni
obbligatorie, nonchè le schedature di massa alla stregua di animali, peggio di sudditi e cavie. L’Italia è stata trasformata in un
grande campo di concentramento scolastico. Perché i docenti non fiatano? Conti alla mano: la macchina statale vanta ben 30 miliardi di euro alla voce sprechi, e 30 miliardi di spese militari annuali, inclusa l'aerosolchemioterapia bellica della NATO - in palese violazione della Convenzione ENMOD dell'ONU (ratificata dalla legge statale 962 del 1980 a firma del presidente Sandro Pertini) che ci avvelena un giorno sì e l'altro pure col beneplacito del Quirinale e di Palazzo Chigi. La nocività ambientale (e sanitaria) è una strategia globale del dominio.
Ecco alcuni fatti nudi e crudi. Il 12 marzo 2014
il terzo presidente del consiglio consecutivo non eletto dal “popolo sovrano”,
ma imposto da un capo abusivo del Quirinale, poiché nominato da un Parlamento
illegittimo ed incostituzionale (sentenza Corte costituzionale numero 1/2014),
annunciava a mezzo stampa un piano per le scuole da 3,5 miliardi di euro per la
messa in sicurezza e per il rilancio del settore dell'edilizia. Il 27 marzo
2014 lo stesso primo ministro pro tempore Matteo Renzi sui mass media ribadiva
che i cantieri sarebbero partiti a giugno dell’anno 2014 ed i 3,5 miliardi
erano già stati stanziati. Più precisamente, il 12 aprile 2014, sempre durante
trasmissioni televisive, mister Renzi dichiarava - urbi et orbi - che i cantieri per questi interventi
sarebbero partiti dal 15 giugno in tutti i comuni ed i 3,5 miliardi di euro
stanziati sarebbero stati svincolati dal patto di stabilità. Mister Renzi nelle
sue dichiarazioni programmatiche alle Camere ha posto tra le sue priorità la
necessità di dare attuazione al programma straordinario per la messa in
sicurezza degli edifici scolastici da attuare sui singoli territori e
prevedendo che l'edilizia scolastica deve restare fuori dal patto di stabilità.
A tutt’oggi non si è visto ancora niente di concreto, ma soltanto annunci
altisonanti e propagandistici, mentre milioni di alunni, studenti, insegnanti e
lavoratori rischiano la vita. Addirittura l’ex inquilino abusivo di Palazzo
Chigi, non ha risposto alle interrogazioni parlamentari in merito, perfino degli
onorevoli del suo stesso partito (il Piddì).
L’Anagrafe ministeriale degli edifici scolastici,
è stata prevista dalla legge numero 23 del 1996. Questo adempimento dello Stato
(e dei governi tricolore) doveva essere realizzato e concluso entro il 31
dicembre dell’anno 2000. Invece. Lo stato degli edifici scolastici del nostro
Paese emerge in modo preoccupante dalla vetustà e dall’elevato livello di
esposizione a rischi d'ogni genere: oltre la metà degli edifici scolastici,
infatti, è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa
antisismica per nuove costruzioni.
Nel corso dell’Audizione al Senato del 18 novembre
2009, nella commissione di inchiesta sugli Infortuni sul lavoro, il ministro
dell'Istruzione Mariastella Gelmini aveva promesso che «l'anagrafe edilizia
delle scuole sarà completata "al massimo entro fine gennaio 2010». Nel
2009 è stata siglata la cosiddetta «Intesa istituzionale concernente indirizzi
per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla
vulnerabilità di elementi non strutturali negli edifici scolastici».
L’iniziativa è ancora lettera morta. Basta
scorrere le decine e decine di atti parlamentari senza risposta da parte del
governicchio eterodiretto Renzi:
Interrogazione a risposta scritta numero 4/04585
(22 aprile 2014):
«l'istituto comprensivo «Radice-Alighieri» di
Catona (Reggio Calabria) da anni non è mai stato oggetto di interventi né di
manutenzione, ordinaria o straordinaria, né di messa in sicurezza dei plessi,
situazione che ha causato la chiusura per inagibilità della scuola di Salice e,
nel marzo 2013, della Scuola di Catona Centro; alcuni genitori di alunni frequentanti
l'istituto riferiscono che: «gli studenti frequentano le lezioni all'interno di
strutture inadeguate, mancanti dei requisiti minimi previsti dalla normativa
per rendere realmente accessibile il diritto allo studio»; «sarebbero stati
adibiti ad aule vani senza riscaldamenti e, in alcuni casi, privi di luce
naturale»; «le classi sarebbero state trasferite in dette strutture perché gli
edifici dei plessi scolastici delle frazioni di Catona e di Salice, inagibili
da molto tempo, sono ancora in attesa di ristrutturazione mentre altri di
recente costruzione e perfino inaugurati non sarebbero entrati in funzione»
(lettera del 2 gennaio 2014 dell'Autorità garante per l'infanzia e
l'adolescenza – regione Calabria); nonostante le numerose proteste dei genitori,
nessuna risposta o iniziativa è arrivata dalle istituzioni scolastiche e
comunali per contrastare il ritardo nell'inizio dei lavori di adattamento
strutturale, sia per quanto riguarda il plesso centrale di Catona, per il quale
la terna commissariale del comune di Reggio Calabria aveva garantito in
pubblica conferenza che la ristrutturazione si sarebbe svolta tra il luglio
2013 e il luglio 2014, sia per quanto riguarda il plesso di Salice, che attende
lavori di ristrutturazione da settembre 2010; dopo segnalazione da parte dei
genitori, l'interrogante ha provveduto a visitare i locali scolastici nel marzo
2014, constatandone personalmente la condizione di totale degrado e abbandono;
l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza – regione Calabria – chiede
«un intervento urgente alle Autorità competenti atto a garantire il diritto
alla salute e alla istruzione dei minori, affinché siano compiuti tutti gli
adempimenti necessari a ripristinare la salubrità degli ambienti frequentati
dai bambini… ».
Interrogazione a risposta scritta numero 4/03688
(24 febbraio 2014):
«anche oggi, 13 febbraio 2014, è stata sfiorata la
tragedia in una scuola a causa del crollo di un soffitto in un'aula che ha
causato il ferimento di tre alunni, colpiti dai calcinacci e dall'intonaco;
l'episodio è avvenuto nella scuola statale «Marinella Bragaglia», ma ricorda
ormai molti, troppi fatti simili avvenuti in altre scuole italiane che, da
luogo di formazione, si stanno trasformando in potenziali pericoli: nel corso
del 2013 sono state sfiorate 29 tragedie a causa di crolli di diversa entità;
gli istituti scolastici sono edifici trascurati, troppo spesso privi delle
garanzie sulla sicurezza tanto da mettere a rischio l'incolumità degli studenti
che le frequentano…».
Interrogazione a risposta scritta numero 4/02759
(2 dicembre 2013):
«… venerdì 29 novembre 2013 è crollato il soffitto
di un'aula del liceo classico «Dettori» di Cagliari, e nel crollo sono rimaste
ferite un'insegnate e due studentesse; il crollo del soffitto nel liceo classico
«Dettori» mette in luce lo stato di precarie condizioni in cui versano
tantissimi istituti scolastici italiani, con situazioni molto differenziate ma
accomunate dalla medesima carenza di sicurezza strutturale; molte scuole sono
state costruite prima degli anni ’70 e necessitano, quindi, di interventi molto
costosi; in Italia la metà degli istituti non possiedono le certificazioni di
agibilità previste per legge: il 40 per cento degli edifici scolastici è stato
costruito negli anni 1961-1980; metà degli edifici non possiede la
certificazione di agibilità, più del 70 per cento non possiede il certificato
di prevenzione antincendi; meno di un terzo degli edifici in Comuni a rischio
sismico (zona 1 e 2) ha una verifica di vulnerabilità sismica; oltre il 30 per
cento degli edifici necessita di interventi di manutenzione straordinaria; in
provincia di Cagliari su 75 istituti superiori solamente 5 possiedono i
certificati di agibilità; nel Sud e nelle Isole, circa il 45 per cento delle
strutture scolastiche necessitano di interventi di manutenzione urgenti,
maggiori di 10 punti rispetto alla media nazionale…».
Interrogazione a risposta scritta numero 4/00539
(22 maggio 2013):
«tra le funzioni fondamentali dei comuni vi è
l'edilizia scolastica, settore tra i più rilevanti per gli investimenti degli
enti locali sia in nuovi edifici sia nella messa in sicurezza e manutenzione
ordinaria e straordinaria di quelli esistenti; lo stato delle scuole del nostro
Paese consegna una fotografia disarmante; dei 42 mila edifici scolastici
presenti in tutta Italia il 29 per cento non ha il certificato di agibilità
sanitaria, il 42 per cento quello di agibilità statica, il 48 per cento non
rispetta la normativa anti incendio; più del 60 per cento degli edifici
scolastici italiani, in aree sismiche o no, sono stati costruiti prima del 1970
e solo l'8 per cento negli ultimi vent'anni. La stessa percentuale di plessi
non è dotata neppure di scale di sicurezza o porte anti-panico; il problema
però non è circoscritto alla sola manutenzione straordinaria. Gli enti locali
non hanno più i fondi neanche per quella ordinaria: crescono, infatti, fino a
costituire il 56 per cento del totale, gli edifici che negli ultimi 5 anni non
hanno goduto di nessun tipo di intervento; nella situazione attuale, a causa
delle rigorosa applicazione del patto di stabilità, gli enti locali si
ritrovano nell'impossibilità di fronteggiare eventi improvvisi o guasti banali
che diventano anch'essi rischiosi per l'incolumità della comunità scolastica;
per rinnovare un «patto per la sicurezza nelle scuole» tra Stato, regioni,
province e comuni la soluzione è una sola, sempre la stessa: permettere agli
enti locali di spendere in manutenzione ordinaria e straordinaria, poiché la
più preziosa delle grandi opere che servono al Paese è sicuramente la
prevenzione attiva –: quali iniziative anche di carattere normativo, il Governo
intenda intraprendere affinché sia consentito agli enti locali di realizzare
interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle scuole al fine di
garantire l'incolumità fisica della comunità scolastica, anche in deroga alle
regole sul patto di stabilità interno».
Interrogazione a risposta scritta numero 4/00372 (7 maggio 2013):
«… le scuole italiane sono vecchie e hanno bisogno
di essere messe in sicurezza attraverso un piano straordinario di manutenzione;
solo un quarto degli edifici scolastici censiti dal Ministero sono stati
costruiti dopo il 1980; uno su 7 è addirittura stato costruito prima della
seconda guerra mondiale; mancano i certificati di agibilità, i collaudi
statici, le certificazioni antincendio nella gran parte delle scuole e ancora
poche hanno caratteristiche antisismiche; la maggior parte dei bambini e dei
ragazzi italiani passa quindi tante ore ogni giorno in strutture potenzialmente
pericolose; basti riflettere sul dato che la verifica di vulnerabilità sismica
è stata eseguita in appena il 27 per cento degli istituti, e nelle zone a più
alto rischio sismico nel 32,4 per cento degli edifici scolastici…».
Secondo il rapporto Ance- Cresme sullo Stato del
territorio italiano, oltre 24 mila scuole si trovano in aree a elevato rischio
sismico e circa 6.250 sorgono in aree a forte rischio idrogeologico. Questa
situazione è il risultato più evidente della mancanza di una politica di
manutenzione del Paese e del progressivo disimpegno dello Stato nella
realizzazione di interventi, come quelli di messa in sicurezza delle scuole e
di mitigazione del rischio idrogeologico, in grado di garantire la qualità
della vita dei cittadini. All’assenza di visione strategica e alla scarsità
delle risorse statali destinate alla riqualificazione degli edifici scolastici
e alla manutenzione del territorio nel corso degli ultimi anni, si è poi
aggiunta la bassa capacità di attuazione dei programmi finanziati. Ad oggi,
infatti, lo Stato ha avviato una serie molto frammentata - 8 fonti di
finanziamento e 12 procedure attuative - di programmi di investimento per la
riqualificazione degli edifici scolastici e, secondo le stime dell’Ance, molte
risorse rimangono ancora da attivare: circa 1,2 dei 2,3 miliardi di euro - il
53% - stanziati tra il 2004 ed il 2012 , ai quali si aggiungono 1,3 miliardi
stanziati nel corso del 2013 (450 milioni di euro nel DL Fare e 850 milioni di
euro nel DL Istruzione), non sono an cora stati impegnati.
Dal quinto numero del “Diario della transizione”
del Censis, si apprende che: nel 58,5% degli edifici scolastici statali -
24mila su 41mila - gli impianti (elettrici, idraulici, termici) non funzionano,
sono insufficienti o non sono a norma. Sono 9mila le strutture con gli intonaci
a pezzi, in 7.200 edifici occorrerebbe rifare tetti e coperture; 3.600 le sedi
che necessitano di interventi sulle strutture portanti (tra queste mura 580mila
ragazzi trascorrono ogni giorno parecchie ore) e 2mila quelle che espongono i
loro 342mila alunni al rischio amianto. Edifici malandati anche perché vetusti:
più del 15% è stato costruito prima del 1945, altrettanti datano tra il ‘45 e
il ‘60, il 44% risale all’epoca 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito
dopo il 1980. Secondo i 2.600 dirigenti scolastici consultati nell’ambito di
una indagine del Censis, per il 36% degli edifici è prioritario avviare lavori
di manutenzione straordinaria. Ma nella maggioranza dei casi (il 57%)
l’esigenza è dare continuità agli interventi di manutenzione ordinaria.
Nonostante il patrimonio immobiliare scolastico sia vetusto, e benché si tratti
generalmente di strutture che corrispondono a modelli oggi non più funzionali,
anche quando sono state progettate dal principio come scuole e non ricavate da
caserme o conventi, solo nel 7% dei casi si ritiene fondamentale la costruzione
di un edificio più adeguato o il trasferimento della scuola in un’altra sede.
Sulla base delle risorse stanziate e dei ritardi
di spesa accumulati, alla fine del 2013 il ministero delle Infrastrutture
stimava in 110 anni il tempo necessario per mettere in sicurezza tutti gli
edifici scolastici italiani. Gli interventi straordinari che via via sono stati
programmati dopo il tragico crollo della scuola di San Giuliano hanno
mobilitato poco meno di 2 miliardi di euro rispetto a un fabbisogno stimato di
13 miliardi. Notevoli i ritardi nell’attuazione.
Ancora oggi gli studenti della città di L'Aquila
devastata dal terremoto bellico del 6 aprile 2009 che ha mietuto 309 vittime,
hanno come scuola pubblica i prefabbricati.
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