16.2.22

ITALIA: STATO FUORILEGGE!

 


di Gianni Lannes

Tre dosi ravvicinate non si erano mai viste al mondo: il cosiddetto “vaccino”  anticovid-19 non protegge dal contagio e quindi, a rigor di logica, l'obbligo è illegittimo. Nell'unione europea: per ora 40 mila morti causati dai cosiddetti “vaccini anticoronavirus” e 4 milioni di danneggiati (EudraVigilance). 

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È ormai scientificamente accertato e riconosciuto da OMS, EMA, AIFA, FDA e dalle stesse aziende farmaceutiche, che i soggetti vaccinati possono contagiarsi e contagiare, nonché ammalarsi e morire. Gli aspiranti vaccini contro la SARS-CoV-2 non hanno pertanto le due caratteristiche richieste alla tipologia di farmaco, ossia l'immunizzazione e la durata nel tempo. Siamo, pertanto, in presenza di un prodotto commerciale con autorizzazione condizionata, dunque sperimentale, che viene somministrato con cadenze e dosi in continua variazione, decise a livello politico e senza fondamento scientifico, ma soprattutto senza prescrizione medica, quando la stessa è invece prevista e richiesta nelle stesse procedure di vaccinazione anti SARS-CoV-2 pubblicate da EMA e AIFA.

Ecco la truffa di Stati e multinazionali criminali perpetrata attualmente, basata su ricatti ed estorsioni contro il diritto universale di dire no all'intromissione di sostanze artificiali nel proprio organismo. «Per la prevenzione dell'infezione da Sars CoV-2»: cosi' recitano i decretini legge sfornati a raffica dal governicchio Draghi. In realtà, alla prova dei fatti, i sieri sperimentali anticovid-19, spacciati per vaccini toccasana, non garantiscono un bel niente ai malcapitati cooptati e ricattati.

Nulla il Green pass e il Super Green Pass dicono sulla maggiore o minore contagiosità di chi lo detiene, pur presupponendo che chi si trova in una di queste condizioni sia potenzialmente meno pericoloso dal punto di vista della diffusione del siero sperimentale spacciato per vaccino, rispetto a chi non vi si trovi. Tutte e tre le condizioni certificate dal Green pass non sono garanzia scientifica di non contagiosità. Infatti: a) come risulta da bugiardini e moduli di consenso informato i vaccini non proteggono contro l’infezione ma solo contro la malattia; b) i tamponi mantengono una percentuale notevole di errore; c) la guarigione non è garanzia di non contagiosità. Si tratta di aspetti che non si possono trascurare tanto nella fase in cui il vaccino è ancora in fase sperimentale (avendo ottenuto solo un’autorizzazione di emergenza) quanto a sperimentazione avvenuta se la capacità di limitare il contagio non dovesse risultare confermata. A dispetto della natura informativa piuttosto che normativa del Green pass, tesa, secondo il dettato normativo europeo, ad agevolare la circolazione ed evitare “le quarantene”, in Italia la predetta certificazione ha assunto connotati coercitivi per decisione di un governicchio telecomandato dall'estero.

Il quadro normativo italiano risulta compatibile “con i Regolamenti (UE) 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2021” come richiede l’articolo 4 comma 3, punto 2) dello stesso decreto legge numero 105/2021? Qual è l’obiettivo primario della normativa europea? Da una parte, ovviamente la tutela della salute, quale diritto fondamentale della persona e interesse della collettività che, com’è noto, nel nostro ordinamento giuridico, trova il proprio fondamento costituzionale nell’articolo 32; dall’altra agevolare la libera circolazione sicura dei cittadini in possesso del Green pass.

Il libero rifiuto di persone che “hanno scelto di non vaccinarsi”, non puo' - secondo il Regolamento UE 2021/953 nella versione rettificata dei primi di luglio 2021 - rappresentare un motivo legittimo per limitare la libertà di circolazione nell’UE, consentendo loro di accedere a forme alternative al vaccino come il test molecolare o antigenico rapido, che, pur con fisiologica incertezza scientifica comproverebbero invece la negatività al cosiddetto Sars CoV-2.

In Italia in particolare il Decreto Legge 105/2021, il D.L. 172/2021 e il D.L. 1/2022 - conferiscono al Green Pass natura di norma cogente ad effetti plurimi di discriminazione e trattamento differenziato. Mentre in ambito europeo il Green pass ha valenza informativa, assume viceversa nel nostro ordinamento valenza obbligatoria e prescrittiva.

Si passa dunque da un modello comunitario che propone di agevolare la libertà di circolazione e sicurezza, impostato su un concetto di responsabilità individuale e collettiva, ben riconducibile, nei suoi aspetti strutturali e funzionali, ai modelli liberal-democratici, ad un modello autoritario e discriminatorio, nel quale la dimensione della doverosità, pur presente in Costituzione, si troverebbe priva di un fondamento giuridico costituzionale, ed in ogni caso apparirebbe sproporzionata rispetto alle esigenze tese a garantire l’esercizio responsabile di libertà individuali.

Il decreto legge non rappresenta un’idonea base giuridica per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi: lo ha fatto presente anche il Garante per la Protezione dei dati personali, proprio in relazione alla questione del trattamento sistematico e non occasionale dei dati personali anche relativi alla salute su larga scala, comunicati attraverso il Green Pass, richiamando la sentenza della Corte costituzionale numero 20, datata 21 febbraio 2019, secondo cui deve esistere proporzionalità tra finalità di interesse pubblico perseguita e trattamento dei dati personali. Il Garante nel parere numero 156 del 21 aprile 2021 ha ritenuto con riferimento al decreto legge 52/2021 - tra l’altro adottato in dispregio delle procedure previste dalla normativa sulla privacy - che “soltanto una legge statale può subordinare l’esercizio di determinati diritti o libertà all’esibizione di tale certificazione”.

Se l’obiettivo è quello di vaccinare tutta la popolazione, occorrerebbe esprimerlo con un chiaro e netto atto di indirizzo politico, ovvero con una legge formale, la quale allo stato, tuttavia, non resisterebbe ai limiti costituzionali vigenti, in virtù della sperimentalità e delle limitate conoscenze scientifiche circa l’impatto epidemiologico. Un trattamento differenziato, ragionevole e proporzionato, sarebbe dunque possibile, ma dovrebbe trovare il proprio fondamento giuridico in una fonte legislativa certa, coerente con il bilanciamento costituzionale di cui all’articolo 32 e fondata su ragionevoli e sperimentate basi scientifiche. La copertura dell’articolo 32 della Costituzione italiana ammette l’imposizione di un sacrificio al singolo, ma solo a fronte di un beneficio collettivo certo ed anche a condizione che il sacrificio sia certamente vantaggioso, in termini di salute, anche per il singolo stesso: requisito che non può dirsi soddisfatto laddove il farmaco sia ancora in fase sperimentale come nel caso in questione (così la sentenza storica della Corte Costituzionale 307/90, richiamata anche dalla recente sentenza della Consulta numero 5/2018). Doveroso anche richiamare la sentenza 118/1996 della Corte costituzionale che, in riferimento a un danno alla salute conseguente alla vaccinazione antipolio, ha stabilito che: “… in nome del dovere di solidarietà verso gli altri è possibile che chi ha da essere sottoposto al trattamento sanitario (o, come in caso della vaccinazione antipoliomelitica che si pratica nei primi mesi di vita, chi esercita la potestà di genitore o la tutela) sia privato della facoltà di decidere liberamente. Ma nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri”.

Il nodo problematico e' l'obbligatorietà per “vaccini” ancora in fase sperimentale di cui, per ovvie ragioni, non si possono conoscere gli effetti a medio e lungo termine, né sul vaccinato né sulla collettività sociale. In tal senso, va ricordato che il Consiglio d'Europa ha sinora escluso la legittimità dell’obbligo: 

“e' necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate”.

 In assenza dell’obbligo vaccinale, ed in difformità con il quadro normativo europeo, e' illegittima l’emanazione di un Decreto-legge che attribuisca al lasciapassare verde una dimensione normativa e prescrittiva, tale da generare trattamenti differenziati irragionevoli e sproporzionati.

Chi decide di non vaccinarsi esercita una scelta legittima in assenza di obbligo vaccinale. Il Consiglio d’Europa, appunto nella Risoluzione del 27 gennaio 2021, stante l’attuale non obbligatorietà del vaccino sperimentale e la contestuale evidenza di rispettare il pieno esercizio della libertà di autodeterminazione degli individui, nel richiamare altresì gli articoli 8 e 9 della CEDU e l’articolo 5 della Convenzione di Oviedo del 1996 sui diritti dell’essere umano e la biomedicina, ha risolutamente affermato la necessità di assicurare che nessuno venga discriminato per non essersi fatto vaccinare.

Le scelte degli esecutivi Conte prima e Draghi dopo, avrebbero ben potuto essere svolte nel Parlamento, sede costituzionalmente deputata alla funzione legislativa; inoltre il lungo periodo di psico pandemia nei suoi altalenanti ritmi di crescita e contrazione hanno di fatto costituito dopo 25 mesi una situazione di ordinarietà che contrasta con il precetto della straordinarietà e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione. L'intervento legislativo di mister Britannia si è protratto ininterrottamente da aprile 2021 ad oggi, sempre sulla medesima materia e problematica, contrastando pertanto tale atteggiamento con la ratio dei principi costituzionali di separazione dei poteri. Tutta la sopra richiamata decretazione è, inoltre, adottata in violazione degli articoli 13 bis e dell'articolo 15 della Legge 400/1988. La decretazione d'urgenza del Governo Draghi si è caratterizzata per la sua formulazione criptica fatta di rimandi che rimandano ad ulteriori testi, che ne richiamano altri. Sono norme concepite per non essere comprese dalla popolazione e - come dimostra l'ampio ricorso a circolari esplicative, comunicati stampa e buone ultime le notorie “FAQ” - per essere interpretate nella loro applicazione a totale discrezione del Governo tricolore. Tale modus operandi contrasta con i principi dello Stato di Diritto espressi dalla legge 400/1988. Infatti, l'articolo 13 bis e' intitolato “Chiarezza dei testi normativi”; esso dispone:

a) ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate; b) ogni rinvio ad altre norme contenuto in disposizioni legislative, nonché in regolamenti, decreti o circolari emanati dalla pubblica amministrazione, contestualmente indichi, in forma integrale o in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare. 2. Le disposizioni della presente legge in materia di chiarezza dei testi normativi costituiscono princìpi generali per la produzione normativa e non possono essere derogate, modificate o abrogate se non in modo esplicito.”

Non e' tutto. C'e' anche la palese violazione dell'articolo 15:

I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”. Il comma c. 2 lett b) dispone poi che “il Governo non può, mediante decreto-legge provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione”.

Dopo oltre due anni di provvedimenti emergenziali che hanno posto sistematiche e reiterate limitazioni ai diritti e alle libertà costituzionali, il Governo ha di fatto provveduto surrettiziamente a regolamentare in deroga sulle materie costituzionali, creando un nuovo sistema totalitario - svuotato dei diritti costituzionali - poggiato sulla giustificazione di un'emergenza infinita. Tale situazione è ancor più evidente se si pensa che in nessuna nazione al mondo la pandemia ha comportato tali limitazioni e degenerazioni del sistema democratico.

La prova fondamentale del rischio che sottende l'attuale vaccinazione in fase di sperimentazione (tecnicamente definita autorizzazione condizionata) imposta dalla legislazione emergenziale è rinvenibile nella normativa stessa. L'articolo 3 del Decreto legge 44/2021 ha istituito il cosiddetto “scudo penale” durante lo stato di emergenza da COVID-19 a favore del personale sanitario per i fatti di cui all'art. 589 codice penale (Omicidio Colposo) e all'art. 590 c.p. (Lesioni Colpose) “verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l'uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”. Il successivo articolo 3 bis aggiunto dalla legge di conversione ha ulteriormente rafforzato la scriminante, sancendo che “Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza”.

Gli articoli 1 e 3 della “Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea” - proclamata a Nizza nel dicembre 2000 e diventata giuridicamente vincolante nella UE con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, a dicembre 2009 - garantiscono la dignità umana e l’integrità fisica e psichica di ciascun individuo, nonché il rispetto del consenso libero e informato della persona in ambito medico e biologico. L’articolo 8, comma 1, della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali” - firmata a Roma il 4 novembre 1950, sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. L'articolo 5 della “Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la biomedicina”, approvata dal Consiglio d'Europa il 4 aprile1997 ad Oviedo, sancisce il principio del consenso personale libero e informato ai trattamenti sanitari.

Lo stato di emergenza, perdurante da oltre due anni in Italia e nel cui nome a tutta la popolazione italiana sono stati limitati e sospesi i fondamentali diritti costituzionali, non trova legittimazione nell'ordinamento giuridico, in quanto mancano i presupposti di fatto rilevabili dal combinato disposto degli articoli 24 e 7 del Decreto legislativo numero 1 del 2018. Ulteriore violazione dei poteri è rinvenibile nella durata dello stato di emergenza nazionale, che nella normativa italiana “non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi ”. Invece, l'articolo 1 del Decreto legge 24 dicembre 2021, numero 221, ha prorogato fino al 31 marzo 2022 lo stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio 2020, superando così il limite massimo dei 24 mesi disposto dalla normativa in materia.

Riferimenti:

https://dap.ema.europa.eu/analytics/saw.dll?PortalPages&PortalPath=%2Fshared%2FPHV%20DAP%2F_portal%2FDAP&Action=Navigate&P0=1&P1=eq&P2=%22Line%20Listing%20Objects%22.%22Substance%20High%20Level%20Code%22&P3=1+40995439

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2021-004261_IT.pdf

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