18.6.24

COLONIALISMO ITALIANO: IERI E OGGI!

 

Bussi Officine (1984): fabbrica aggressivi chimici Dinamite Nobel: dal 1923 Centro Chimico Militare del Ministero della Guerra - (Archivio Gilan)
 

di Gianni Lannes

Sono trascorsi appena 87 anni dal massacro di Addis Abeba, tra i tanti crimini del colonialismo italiano, uno dei più spietati, commesso lontano dai campi di battaglia, senza nemmeno l'alibi di una guerra in corso. Oggi l'eterodiretto governino Meloni, erede del neofascista Msi, torna indietro e ripropone per l'Africa il cosiddetto e sgangherato “Piano Mattei”, ovvero lo sfruttamento delle risorse naturali, mascherato da finto altruismo, con annessi campi di concentramento dei migranti.

Al momento della sua massima estensione, subito prima dell'inizio della Seconda guerra mondiale, il denominato Impero italiano aveva circa 12 milioni di abitanti. Era una occupazione coloniale costruita nell'arco di pochi decenni, sotto la pressione di politicanti arrembanti, nazionalisti bellici, nonché prenditori a caccia di ghiottosi appaltoni pubblici e profitti militari. 70 anni di occupazioni coloniali terminate con la caduta del fascismo e la sconfitta nella seconda guerra mondiale ed iniziate nel 1882 in Eritrea, nel 1889 in Somalia, nel 1911 in Libia e nel 1935 in Etiopia.

Quella italiana fu un'avventura coloniale iniziata in ritardo rispetto ad altri Paesi europei e con un risultato mediocre: un piccolo impero povero di risorse naturali e di abitanti. Il prezzo pagato per ottenerlo, però, fu alto: per gli italiani e, ancora di più, per le popolazioni locali occupate.

Le espropriazioni di terreni alle popolazioni locali, l'imposizione di norme sociali ed economiche che ne hanno stravolto le vite aggravando la già diffusa povertà, hanno costituito la base sulla quale è stata costruita la presenza degli italiani nelle colonie. Le atrocità commesse dagli italiani, sia militari sia civili, sono state numerose e ampiamente documentate (negate dal pennivendolo Indro Montanelli che partecipò a quella stagione di vili atrocità e ai giorni nostri fu smascherato dal giornalista Angelo Del Boca), così come l'uso massivo delle armi chimiche sulle popolazioni civili, vale a dire le bombe all'iprite (fabbricate dalla Dinamite Nobel a Bussi sul Tirino) bandite dalla Convenzione di Ginevra del 1925), le deportazioni di massa in Cirenaica e le stragi indiscriminate in Etiopia.

Sicuramente è la più efferata tra tutte le stragi con gas proibiti compiute in Etiopia negli anni della sciagurata guerra coloniale, voluta dal fascismo di Mussolini ed avallata dai Savoia (1936-1941). I fatti più cruenti risalgono al 1939, nei giorni tra il 9 e l’11 aprile, quando la “gloriosa” aeronautica miliare italiana, oggi zerbino dei militari nordamericani, avvistò nella regione del Gaia Zeret-Lalomedir quello che appariva come un gruppo consistente di ribelli etiopi. Era in realtà una carovana di mille, forse duemila, tra feriti, vecchi, donne e bambini solo familiari dei patrioti in armi. Civili in fuga che pensarono di trovare un riparo sicuro asserragliandosi all’interno di una grande grotta. Vennero assediati per giorni, finché il tenente colonnello Gennaro Sora pensò di ricorrere all’irrorazione della caverna con l’iprite, il micidiale gas tossico già largamente impiegato dalle forze fasciste. Tutti gli assediati persero la vita: e fu una strage tanto più agghiacciante in quanto perpetrata dal nostro esercito ai danni di persone disarmate e indifese.

La mattina del 19 febbraio 1937 due patrioti eritrei appartenenti alla resistenza etiope lanciarono delle bombe a mano nel palazzo Guennet Leul di Addis Abeba causando la morte di sette persone e il ferimento di una cinquantina di presenti, tra cui il viceré Rodolfo Graziani. La reazione immediata fu violentissima: i militari spararono a raffica sulla folla inerme, uccidendo quasi tutti i presenti. La reazione delle ore successive fu ancora peggiore: il segretario federale del Partito fascista Guido Cortese, che prese il comando al posto di Graziani, ricoverato in ospedale, ordinò una rappresaglia generalizzata contro la popolazione etiope, facendo distribuire armi a tutti gli italiani e incitando anche i civili a partecipare a un massacro indiscriminato che per tre giorni mise a ferro e fuoco la città, causando migliaia di vittime etiopi.

Da allora in Etiopia il massacro viene ricordato con una giornata di commemorazione dedicata a Yekatit 12, la data che nel calendario locale indica il 19 febbraio; in Italia, invece, la vicenda è stata costantemente taciuta.

La violenza del colonialismo italiano è stata anche apartheid razzista e sessista, costruita con norme, atti amministrativi e sentenze. Eppure decenni di aggressioni, discriminazioni e violenze sono stati oggetto di una sistematica rimozione delle responsabilità che ha relegato queste pagine buie della memoria nazionale agli estremi margini del discorso pubblico. Oggi diverse associazioni della società civile sono impegnate a rievocare la memoria di quanto accaduto in quegli anni ad opera degli italiani nei confronti delle popolazioni e dei territori africani, ma questo non basta. È importante che nelle scuole si studi questa parte della nostra storia che non può e non deve essere dimenticata. È fondamentale diffondere nel Paese e nelle giovani generazioni quanto accaduto in quegli anni.

Pur consapevoli che le mire espansionistiche che hanno segnato la storia del nostro Paese e i crimini che le hanno accompagnate, soprattutto durante il regime fascista targato Savoia, non si sono limitate ai territori africani, la strage di Addis Abeba del 19 febbraio per la sua efferatezza, per la specificità delle politiche oppressive coloniali e la datazione certa, può essere assunta come giornata nazionale per commemorare tutte le vittime delle politiche coloniali italiane e liquidare una volta per tutte la smemoratezza nazionale. Occorre fare i conti col passato.

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=iprite

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=meloni 

 

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