26.9.17

CAVIE VACCINALI IN VENETO




di Gianni Lannes

Fumo negli occhi della gente: nel belpaese i politicanti con una mano fanno una cosa, e con l’altra esattamente il contrario. Politica? No, zootecnia sociale. In passato come nel presente questa straordinaria e bella regione del mitico Nord Est, è ancora terra di conquista coloniale, anzi, peggio, laboratorio a scuole aperte di esperimenti vaccinali, come quelli perpetrati nei primi anni ’90 dall’Istituto Superiore di Sanità e dal National Institute of Allergology and Infectious Diseases, su migliaia di inermi bambini di etnia veneta.

I vertici politici regionali non sanno niente di questo ingombrante passato che ha mietuto vittime minori in Veneto ma non solo? Ma allora perché con la delibera di giunta regionale numero 116 del 10 febbraio 2015, è stato approvato un accordo con il ministero della cosiddetta “salute" (controfirmato da Raniero Guerra con un piede nella fondazione Glaxo), al fine di “Monitorare la fiducia nel pubblico nei programmi vaccinali”?




Le carte ufficiali parlano di “quote di finanziamento erogate dal governo centrale a quello locale a partire dal primo gennaio 2017”. Ciò forse spiega l’improvvisa retromarcia del presidente Luca Zaia, dopo la recente letterina imbucatagli dai ministri Lorenzin e Fedeli.


Tutto regolare? A questo punto, però, sarebbe opportuno che la Corte dei Conti, nonché l’autorità giudiziaria, diano un’occhiata al giro di soldi pubblici. Anche il debole ricorso alla Corte costituzionale sembra fatto apposta per perdere la partita.

Addirittura mentre infuriava la polemica sull’obbligo vaccinale, come se niente fosse la stessa regione Veneto si accordava con le varie multinazionali farmaceutiche per l’acquisto in gran massa di vaccini. Per caso la GSK in Veneto ha già schedato tutti i medici? La Glaxo Smith Kline che a fine agosto in una 4 giorni a Verona - dove ha radunato capi area ed informatori - ha già calcolato quanto lucrerà, ringrazia per tanta grazia.


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