26.7.15

DELITTI MARINI


 Gianni Lannes

In uno studio pubblicato dall’Enciclopedia Britannica la pesca dei datteri è annoverata tra «i primi cinque gravi allarmi ecologici nel campo marino», posto accanto a tragedie ambientali come quella dei 38 milioni di litri di petrolio che nell’89 inondarono i mari dell’Alaska. La predazione dei datteri di mare - protetti normativamente in Italia dal 1988 - avviene spaccando e sminuzzando la roccia con picconi, scalpelli e martelli pneumatici, con lavoro costante di distruzione sistematica dei fondali. «Facendo il raffronto tra i fondali ancora integri e quelli desertificati lungo la costa italiana, le più recenti campagne di studio hanno evidenziato che la distruzione delle comunità bentoniche procede alla velocità di 12 chilometri all’anno» avverte il biologo marino Adolfo Cavallo, un esperto che trascorre il suo tempo tra immersioni e laboratori. 



La drastica riduzione delle comunità bentoniche costiere, inoltre, determina preoccupanti ripercussioni sulla piccola pesca, modificando radicalmente l’habitat dei tratti di mare interessati e danneggia il valore paesaggistico e turistico dei litorali. Un esempio a portata di mano. A Capri, addirittura, i cacciatori di ricci e molluschi operano indisturbati da anni con pompe aspiranti per strappare alla scogliera tutto quanto miracolosamente vi sopravvive. Per asportare i datteri di mare usano soprattutto i martelli pneumatici; in tal modo hanno devastato le basi dei faraglioni  e talmente aggredito il fondale della grotta Azzurra da rendere pericolante l’arco di roccia al quale si deve il suo magico effetto di luce. Stessa solfa nel Gargano, in Calabria e in Sicilia. 



Un turista di Matera ha denunciato alla Capitaneria di porto l’ennesimo attentato lungo la costa di Peschici in località Cala Lunga. Infatti, il litorale garganico è preso d’assalto dai baresi, notte e giorno. I controlli? Addirittura inesistenti. Anzi, c'è chi si vanta anche su internet del misfatto. In ogni caso, da anni, nel tratto costiero da Mattinata a Peschici va on onda uno scempio quotidiano.


Gli esperti non hanno dubbi: questo gravissimo stato di depauperamento delle coste sommerse viene aggravato dall’insediamento di colonie di ricci marini che, con la loro costante azione di pascolo divorano ogni forma di biocenosi esistente su quei substrati rocciosi, già duramente colpiti dalla mano dell’uomo, impedendo così ogni possibilità di ricrescita. Eppure la vera questione non affonda le sue radici nel mare, bensì nelle coscienze dei cosiddetti “estimatori”del dattero, un mollusco reo di essere tanto gustoso quanto importante per la sopravvivenza della popolazione ittica del Mediterraneo.  



Ma quanto costa una pietanza di linguine ai datteri di mare? In termini di danni all’ecosistema marino, il prezzo è davvero elevatissimo, considerando che per 15-20 esemplari presenti un piatto, si distrugge una superficie di fondo marino pari a circa un metro quadrato e perché la stessa superficie si ricostituisca integralmente occorrono almeno 20 anni. Il biologo Giovanni Fanelli, già ricercatore presso l’Istituto Talassografico “A. Cerreti” - Cnr di Taranto propone un esempio illuminante: «Sarebbe come se si andasse a caccia di tartufi con una gigantesca ruspa distruggendo anche le radici di ogni tipo di vegetazione circostante, permettendo poi alle capre, note divoratrici, qui il corrispettivo dei ricci marini, di pascolare in quei terreni già straziati dall’opera indiscriminata dell’uomo». Il mercato del dattero è senza dubbio fuori legge, ma le richieste continuano a salire vertiginosamente e i ristoratori spesso rischiano di divenire inconsapevolmente complici di questo degrado. Nella speranza che buona tavola sia sinonimo anche di buona coscienza dei consumatori dei prodotti del mare i promotori del boicottaggio esortano tutti a “non mangiare le nostre”. 

Il dattero di mare (Lithophaga lithophaga) è un bivalve evolutivamente affine ai comuni mitili – a rischio di estinzione – che vive lungo le coste del Mediterraneo, all’interno di gallerie scavate nella roccia calcarea grazie ad una secrezione mucosa erosiva; la sua crescita è estremamente lenta e si è stimato raggiunga la lunghezza ottimale da 15 a 35 anni. Data la gravità degli effetti provocati dalla sua crescente raccolta dentro la roccia, sulle comunità bentoniche e quindi sull’ecosistema marino, la legge italiana ha vietato la pesca e la commercializzazione del dattero di mare dal 1988 (Decreto numero 401 del 20 agosto 1988, ministero della Marina Mercantile). Allora, non chiedete datteri, ma chiedete il perché.


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