Gianni Lannes
In
uno studio pubblicato dall’Enciclopedia Britannica la pesca dei datteri è
annoverata tra «i primi cinque gravi allarmi ecologici nel campo marino», posto
accanto a tragedie ambientali come quella dei 38 milioni di litri di petrolio
che nell’89 inondarono i mari dell’Alaska. La predazione dei datteri di mare -
protetti normativamente in Italia dal 1988 - avviene spaccando e sminuzzando la
roccia con picconi, scalpelli e martelli pneumatici, con lavoro costante di
distruzione sistematica dei fondali. «Facendo il raffronto tra i fondali ancora
integri e quelli desertificati lungo la costa italiana, le più recenti campagne
di studio hanno evidenziato che la distruzione delle comunità bentoniche
procede alla velocità di 12 chilometri all’anno» avverte il biologo marino
Adolfo Cavallo, un esperto che trascorre il suo tempo tra immersioni e
laboratori.
La drastica riduzione delle comunità bentoniche costiere, inoltre,
determina preoccupanti ripercussioni sulla piccola pesca, modificando
radicalmente l’habitat dei tratti di mare interessati e danneggia il valore
paesaggistico e turistico dei litorali. Un esempio a portata di mano. A Capri,
addirittura, i cacciatori di ricci e molluschi operano indisturbati da anni con
pompe aspiranti per strappare alla scogliera tutto quanto miracolosamente vi
sopravvive. Per asportare i datteri di mare usano soprattutto i martelli
pneumatici; in tal modo hanno devastato le basi dei faraglioni e talmente aggredito il fondale della grotta
Azzurra da rendere pericolante l’arco di roccia al quale si deve il suo magico
effetto di luce. Stessa solfa nel Gargano, in Calabria e in Sicilia.
Un turista di Matera ha denunciato alla Capitaneria di porto l’ennesimo attentato lungo la costa di Peschici in località Cala Lunga. Infatti, il litorale garganico è preso d’assalto dai baresi, notte e giorno. I controlli? Addirittura inesistenti. Anzi, c'è chi si vanta anche su internet del misfatto. In ogni caso, da anni, nel tratto costiero da Mattinata a Peschici va on onda uno scempio quotidiano.
Gli esperti non hanno dubbi: questo gravissimo stato di depauperamento delle coste sommerse viene aggravato dall’insediamento di colonie di ricci marini che, con la loro costante azione di pascolo divorano ogni forma di biocenosi esistente su quei substrati rocciosi, già duramente colpiti dalla mano dell’uomo, impedendo così ogni possibilità di ricrescita. Eppure la vera questione non affonda le sue radici nel mare, bensì nelle coscienze dei cosiddetti “estimatori”del dattero, un mollusco reo di essere tanto gustoso quanto importante per la sopravvivenza della popolazione ittica del Mediterraneo.
Ma quanto costa una pietanza di
linguine ai datteri di mare? In termini di danni all’ecosistema marino, il
prezzo è davvero elevatissimo, considerando che per 15-20 esemplari presenti un
piatto, si distrugge una superficie di fondo marino pari a circa un metro
quadrato e perché la stessa superficie si ricostituisca integralmente occorrono
almeno 20 anni. Il biologo Giovanni Fanelli, già ricercatore presso l’Istituto
Talassografico “A. Cerreti” - Cnr di Taranto propone un esempio illuminante:
«Sarebbe come se si andasse a caccia di tartufi con una gigantesca ruspa
distruggendo anche le radici di ogni tipo di vegetazione circostante,
permettendo poi alle capre, note divoratrici, qui il corrispettivo dei ricci
marini, di pascolare in quei terreni già straziati dall’opera indiscriminata
dell’uomo». Il mercato del dattero è senza dubbio fuori legge, ma le richieste
continuano a salire vertiginosamente e i ristoratori spesso rischiano di
divenire inconsapevolmente complici di questo degrado. Nella speranza che buona
tavola sia sinonimo anche di buona coscienza dei consumatori dei prodotti del
mare i promotori del boicottaggio esortano tutti a “non mangiare le
nostre”.
Il
dattero di mare (Lithophaga lithophaga) è un bivalve evolutivamente affine ai
comuni mitili – a rischio di estinzione – che vive lungo le coste del
Mediterraneo, all’interno di gallerie scavate nella roccia calcarea grazie ad
una secrezione mucosa erosiva; la sua crescita è estremamente lenta e si è
stimato raggiunga la lunghezza ottimale da 15 a 35 anni. Data la gravità degli
effetti provocati dalla sua crescente raccolta dentro la roccia, sulle comunità
bentoniche e quindi sull’ecosistema marino, la legge italiana ha vietato la
pesca e la commercializzazione del dattero di mare dal 1988 (Decreto numero 401
del 20 agosto 1988, ministero della Marina Mercantile). Allora, non
chiedete datteri, ma chiedete il perché.
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