30.7.15

IN ITALIA I GIGANTI DELLA SCIENZA DIMENTICATA



di Gianni Lannes

Altro che mafia e sottosviluppo: neanche si immagina vagamente cosa sia stato una volta il belpaese, in particolare il Sud. Tra Ottocento e Novecento uno dei più importanti centri di ricerca matematica di livello mondiale era di casa a Palermo. Infatti, del circolo matematico palermitano facevano parte giganti come Henri Poincaré, David Hilbert, Federigo Enriques, Felix Klein e altri.

Tuttavia, è sufficiente un semplice raffronto cronologico per comprendere l'amaro epilogo. Nel 1239 proprio in Italia viene scritto il primo testo scientifico in volgare. Dal 1974 nessun articolo scientifico elaborato nel nostro Paese viene più redatto in italiano, bensì nella scarna lingua commerciale inglese.

Uno dei luoghi comuni più diffusi nell’Italietta corrente è la separazione tra le due culture, umanistica e scientifica. Niente di più falso: l’incomunicabilità è più recente, anzi i danni maggiori sono stati provocati da Croce e Gentile; senza dimenticare l'adesione incondizionata degli scienziati tricolore al fascismo. Fino a tutto il Rinascimento (tributario del pensiero ellenistico) ma soprattutto dopo le due culture rimasero intrecciate, basti pensare all’eccelsa formazione scientifica di Giacomo Leopardi.

A fine Settecento uno dei più tenaci indagatori della natura, Michelangelo Manicone, autore tra l’altro della celeberrima Fisica Appula (pubblicata a Napoli nel 1806) era nato a Vico del Gargano. Come pure garganico, nato ad Ischitella, era Pietro Giannone (autore peraltro della Storia civile del regno di Napoli), perseguitato per le sue idee rivoluzionarie dai degenerati Savoia.

Ci sono ingegni come Francesco Stelluti, Andrea Cesalpino, Girolamo Saccheri ed altri, assolutamente ignoti ai più, eppure essi hanno contribuito a consolidare nel Belpaese la conformazione geologica della ricerca scientifica, un fenomeno collettivo in cui le scoperte si accumulano da un ricercatore all’altro, per poi emergere alla luce del sole.

A titolo esemplificativo: il sistema eliocentrico e il cannocchiale. La ricerca scientifica ha preceduto di secoli la cosiddetta unità d’Italia, o meglio annessione forzata del Mezzogiorno. Secoli prima di Garibaldi gli scienziati si muovevano e studiavano in tutta la penisola, e le isole. Nel ‘600 Benedetto Castelli studiò a Padova e insegnò a Pisa e a Roma, Evangelista Torricelli studiò a Roma e divenne matematico del granduca di Toscana. L’epistolario di Galileo Galilei mostra l’esistenza di una comunità scientifica nazionale.

Paradossalmente pur vantando scienziati del calibro di Luigi Pacinotti e Galileo Ferraris, inventori di due macchine cruciali nella tecnologia elettrica come la dinamo e il motore elettrico a corrente alternata, l’Italia ha edificato le sue centrali elettriche importando macchinari tedeschi. Ferraris non pensò a brevettare la sua scoperta, cosicché l’industriale tedesco Werner von Siemens trasformò quell’invenzione non sua in una miniera d’oro. E’ qui compendiata la trama dello Stato italiano: prevaricatore, inefficiente, velleitario, eterodiretto, corrotto.

Eppure, nonostante una classe politica inetta, sewrvile e telecomandata dall'estero fino ai nostri giorni, Renzi incluso, in Italia nacque per volere di un imprenditore illuminato la mitica Olivetti, dove negli anni ’50 del XX secolo fu inventato il computer. Come andò a finire? Gli Stati Uniti d’America inglobarono l’Italietta, oggi ormai a stelle e strisce. E come tralasciare lo stato comatoso del sistema dell'istruzione pubblica, soprattutto secondaria superiore, e la fuga dei giovani cervelli all'estero. Così, si assommano tutte le condizioni per un declino scientifico apparentemente irreversibile. Siamo propensi ad un nuovo Rinascimento, o ci lasceremo calpestare ancora una volta dai poteri stranieri?

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