di Gianni Lannes
Negato ogni giorno il diritto costituzionale al lavoro sicuro, vale a dire perdere la vita nel segno della precarietà tricolore. Esplosione e incendio a 40 metri sotto terra nella diga dell'appennino bolognese di Suviana: tre morti, conque feriti e quattro dispersi. Per ora, salgono così a 119 morti sul lavoro in Italia nei primi dell'anno 2024, dopo l'ennesima strage del subappalto Esselunga a Firenze del 16 febbraio scorso. Il 2024 per il momento si può già considerare un annus horribilis in tema denunce e infortuni sul lavoro: per l’Inail, in questi primi due mesi dell’anno i casi sono state 92.711 (+7,2% rispetto a gennaio-febbraio 2023), 119 delle quali con esito mortale (+19,0%).
Morti atroci di operai, schiacciati, smembrati e sommersi. Il copione in appalto, o meglio in subappalto è sempre lo stesso. Le aziende, anche Enel, tagliano sul costo del lavoro risparmiando denaro sulla manutenzione, a costo zero di vite umane. La strscia di sangue operaio è figlia della deregolamentazione liberista: dalla riforma Treu al Jobsact renziano fino alla modifica del codice appaltri di Matteo salvini. Il subappalto è il teorema: lo sfruttamento il corollario.
Gli incidenti alle centrali idroelettriche hanno provocato gravi disastri. Quello del Vajont nel 1963 causò duemila morti tra Friuli venezia Giulia e Veneto. Dal disastri del Gleno nel 1923 alla tragedia di Stava nel 1985 e della Mecnavi a Ravenna il 13 marzo 1987, quando 13 operai addetti alla rimozione dei residui di carburante della nave gasiera Elisabetta Montanari perirono a causa di un incendio, sono innumerevoli le tragedie dimenticate dalla memoria collettiva.
Va sempre peggio: l'indignazione istituzionale dura al massimo qualche istante, nell'attesa della prossima tragedia annunciata e del conseguente coro di ipocrisia dei politicanti di ogni livello. Eppure le regole generali non cambiano. I lavoratori sono merce a perdere. Siamo dinanzi a una guerra civile che in media ogni giorno conta tre morti. Ciò che importa è non restare passivi, rassegnati e indifferenti.
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