15.6.16

BOLOGNA: UNA STRAGE LIBICA. IL MANDANTE JALLOUD E’ IN ITALIA PROTETTO DALL’AISE!



di Gianni Lannes

Bologna: 2 agosto 1980, ore 10,25 in punto. L’orologio del piazzale della stazione di Bologna si arresta forzatamente. Bilancio: 85 morti (la vittima più giovane, Angela Fresu, aveva appena tre anni) e 200 feriti a vita, senza contare i danni materiali. Una strage senza precedenti simili. Un ordigno piazzato a metà mattina in piena estate nella sala d'aspetto del principale nodo ferroviario di transito d'Europa, è una bomba che deve fare necessariamente una strage di civili inermi e terrorizzare la gente. La più atroce di tutte, ma la più prevedibile, considerando la posta in gioco sul piano internazionale, nel cuore del Mediterraneo. Ma questa volta la strategia della tensione non c'entra. E' una vendetta, e al contempo un avvertimento.

Attualmente il mandante di questa strage è ospite dell’Italia. Agenti dell’Aise lo hanno prelevato nell’agosto del 2011 e messo in salvo in Italia, protetto in una località segreta del nostro martoriato Paese. La strage della stazione di Marsiglia (31 dicembre 1983), è stata messa a segno da Carlos (l’unico terrorista catturato, ma dai cugini d’oltralpe) con lo stesso esplosivo usato a Bologna, fornito dai libici. Che singolare coincidenza. L'ordigno alla stazione di Marsiglia e su un tgv, secondo le indagini, esplose pochi secondi prima dell'arrivo di un treno affollato, minimizzando le vittime e i danni per puro caso.


Ecco lo scenario dei fatti acclarati anche sulla base di documenti desecretati nel 2009 dal Dipartimento di Stato a Washington, sfuggiti stranamente ai magistrati applicati a più riprese al procedimento giudiziario che ha subito depistaggi conclamati e manipolazioni della verità da parte del Sismi (oggi denominato Aise), ovvero un apparato almeno sulla carta di sicurezza dello Stato. Niente a che vedere, però, con il dossier parlamentare Mitrokhin e con il lodo Moro.

Due terroristi della Germania dell’Est (Kram e Frohlich) al soldo di Gheddafi per conto dello “sciacallo”, lasciano una borsa nella sala d’aspetto e si dileguano. La Procura di Bologna apre tardivamente un'inchiesta, durata nove anni, ma il 30 luglio 2014 chiede l'archiviazione. Gli indagati erano i terroristi tedeschi Thomas Kram e Krista Margot Fröhlich, presenti a Bologna proprio il giorno della strage. Attivisti dell'ultrasinistra tedesca ed esperti di esplosivi, militavano inizialmente nelle Revolutionare Zellen, poi nel famigerato gruppo Carlos. Christa-Margot Fröhlich venne arrestata a Fiumicino il 18 giugno 1982. In una valigia trasportava in un doppio fondo 3 chili e mezzo di miccia detonante, composta di esplosivo ad alto potenziale T4, oltre ad un timer e due detonatori elettrici. L’ordigno era pronto per esplodere. Il quotidiano L'unità il 22 giugno 1982 titola così: : “Nei piani della terrorista una strage tipo Bologna?”. Alla Fröhlich, in quell'occasione furono sequestrati due passaporti falsi: uno intestato a Beatrix Odenhal e uno a Marie Zimmermann.

 

Quali segreti custodisce Abdel Salam Jalloud, l’ex numero due di Gheddafi? E' stato mai interrogato dai magistrati della Procura di Bologna? Da quelli di Roma soltanto nel 2015  (Amelio e Monteleone) a proposito alla strage di Ustica (mi conferma stamani al telefono la cara amica Daria Bonfietti), ma senza rivelare niente di nulla. Jalloud non è mai stato sfiorato da un avviso di garanzia, eppure ha ordinato e fatto eseguire in Italia omicidi mirati di dissidenti (previo rilascio dal generale Jucci della lista completa dei luoghi di residenza in Italia, ordinata da Andreotti e Cossiga) e rapimenti di tecnici militari italiani, come nel caso documentato di Davide Cervia (rapito da agenti del Sismi, a Velletri il 12 settembre 1990). L'onorevole Paolo Bolognesi (già presidente dell'associazione vittime della strage di Bologna), eletto nel piddì, ora concretamente che vuole fare? E i 5 stelle? 

Il primo ministro Francesco Cossiga, amico di Jalloud, dichiara inizialmente che si è trattato di una fuga di gas, poi di un attentato fascista, mentre i servizi segreti tricolore, in particolare quello militare, si prodigano per depistare come da copione (ad esempio riproponendo lo scenario del coinvolgimento inesistente di Marco Affatigato, latitante NAR in Francia sotto protezione dello Sdece). Niente di più falso, come dimostrano i fatti inequivocabili. Intimidazione e vendetta per chi sa e deve intendere. In quel momento Gheddafi controlla peraltro la Fiat e l’economia italiana: petrolio in cambio di armi, mazzette in cambio di omertà governativa e militare italiana. A parte le esecrazioni risapute del momento risultano gravissime le confessioni di impotenza governativa di uno Stato privo di sovranità, incapace di proteggere i cittadini.

Il registro dell’Albergo Centrale, in via della Zecca a Bologna, annota una particolare presenza. Nella notte tra il primo e il due agosto 1980 ha pernottato nella stanza 21 il terrorista tedesco di Berlino, Thomas Kram, esperto in esplosivi, legato alla struttura Separat, l’organizzazione terroristica alle dirette dipendenze dei servizi segreti dell’Est comandata da Ilich Ramirez Sanchez detto Carlos, ossia lo Sciacallo. La nota è contenuta in un rapporto dell’8 marzo 2001, firmato dall’allora capo della Polizia Gianni De Gennaro e inviato alla Digos di Bologna. Non è tutto: c'è anche un telex della Polizia italiana che a Chiasso la mattina del primo agosto 1980 aveva fermato il sospetto Kram per controlli, ma poi inspiegabilmente rilasciato. Ulteriori riscontri sono contenuti in un verbale del consiglio dei ministri datato 5 agosto 1980, ma sottoposto a segreto di Stato da Cossiga.

Sul piazzale è fermo un autobus della linea 21, al parcheggio dei taxi c’è la solita fila di auto gialle, nell’atrio centinaia di persone, sul primo binario il treno Adria-Basilea, un convoglio straordinario, fermo per una breve sosta. Il marciapiede del primo binario è pieno di gente, nella sala d’aspetto di prima classe, quasi tutte le poltrone sono occupate, anche l’attigua sala d’attesa di seconda classe, è stracolma di gente. C’è una comitiva di ragazzi stranieri. Poi c’è il self service e quindi il ristorante Ciga. Parla l’autista dell’autobus in sosta momentanea nel piazzale:  «Ho sentito un’esplosione tremenda. Subito dopo una nebbia fittissima ha coperto tutto, poi non ricordo più nulla perché un pezzo di trave mi ha colpito alla testa. Quando sono rinvenuto, ho visto l’autobus pieno di cadaveri. Erano stati caricati dai primi soccorritori, poi un medico di passaggio ha fatto caricare anche dei feriti. Io ho messo in moto e mi sono diretto all’ospedale Sant’Orsola». La medesima scena vista da un’altra angolazione, raccontata da un viaggiatore a bordo del treno straordinario Adria-Basilea: «Ero affacciato al finestrino del dell’ultimo vagone, eraso le 10,25, all’improvviso ho visto il palazzo che era davanti a me alzarsi come se fosse stato gonfiato dall’interno e poi crollare tutto. Allora ho sentito un’esplosione tremenda e poi un odore acre. Sono corso verso l’uscita e ho visto il cadavere di un uomo nella toilette. Per terra, sul marciapiede, la gente che passava davanti alla parte di stazione che è esplosa era stata scaraventata sotto i vagoni, sulle rotaie e sul marciapiede». Un altro viaggiatore del treno straordinario, un minatore che andava in Svizzera dopo le vacanze: «Ho visto una fiammata orizzontale uscire dai locali delle sale d’aspetto. Io me ne intendo, sono sicuro, lì dove lavoro un’esplosione così, quell’odore l’ho sentito centinaia di volte. E’ l’odore di uno scoppio».
La vita si arresta dentro e fuori dalla stazione. L’eco dell’esplosione rimbomba in tutta Bologna, arrivano i primi soccorsi. La scena è un’ecatombe. Il piazzale della stazione è a forma di U. I due bracci maggiori sono intatti, quello più piccolo nella parte sinistra della facciata, invece, sembra cancellato. Si vedono solo alcune travi penzolanti, al primo piano, una carta da parati verde di una stanza, e un cumulo di macerie. Sul piazzale, per una profondità di 30, 40 metri, calcinacci, travi, vetri in frantumi, frammenti di carne e sangue. Le finestre di tutti gli edifici di fronte ala stazione sono sbriciolati. Dentro l’atrio è pieno di fumo, la gente corre terrorizzata qua e là. Sul primo binario la pensilina è crollata per circa una quarantina di metri.. I due ultimi vagoni del treno straordinario Adria-Basilea hanno i vetri squagliati, molti sono i morti e i feriti a bordo.. Sotto le carrozze i cadaveri e gente ferita che urla. Le sale d’aspetto di prima e seconda classe non ci sono più, al loro posto un enorme massa fumante di calcinacci. Cala improvvisamente un gran  silenzio sul luogo e su Bologna. Dopo alcuni minuti l’assordante silenzio tombale viene lacerato dal suono di sirene sempre più vicine. Iniziano ad arrivare i primi soccorsi. Sono volontari: ferrovieri, pompieri, polizia, carabinieri, esercito, ragazzi, tanti giovani. Le radio locali cominciano a lanciare appelli ai medici e ai cittadini per plasma sanguigno. L’atrio centrale si trasforma in una gigantesca corsia d’ospedale, anzi un vasto obitorio, perché i primi corpi sono quelli dei cadaveri rinvenuti sul primo binario, sotto le carrozze, nel piazzale antistante la stazione. Inizia la ricerca frenetica dei feriti. vengono distribuite le mascherine e tutti,  volontari e non, e poi guanti da lavoro. Il caldo tremendo attanaglia il respiro: l’aria è intrisa di polvere. I pompieri e i volontari cominciano a scavare a con le mani e i picconi, piano con cautela. Ma escono inizialmente solo cadaveri. Una donna, nuda, le braccia e il petto bruciati, poi un ragazzo, forse irriconoscibile, poi i primi feriti, gambe straziate, uno con un braccio dilaniato. Sugli autobus di linea caricano i cadaveri, poi le ambulanze arrivano e ripartono a tutta corsa verso gli ospedali con i feriti e i moribondi. Di mano in mano i mattoni vengono caricati sui camion attraverso una serpeggiante catena umana. La gente che da ore lavora sotto il sole è esausta, sudata, stravolta, annichilita. Alle 17,30 arriva il presidente della Repubblica, Sandro Pertini che non trattiene la commozione e la rabbia. Il vecchio partigiano socialista - esule in Francia durante la dittatura mussoliniana in salsa savoia, evaso ben sei volte dalle prigioni fasciste - dopo la stazione si reca in ospedale dai feriti. Al centro traumatologico di via Boldrini è ricoverato un ferroviere di Livorno, Rolando Mannoci. Lui dice a botta calda,  testualmente «di aver visto pochi minuti prima dell’attentato due giovani entrare con la valigia nella sala d’aspetto della seconda classe. I due giovani sono usciti senza la valigia».
Il deputato socialista Falco Accame (ex ufficiale della Marina Militare italiana), presidente della Commissione Difesa della Camera, dichiara subito, pubblicamente, cogliendo nel segno, ma senza essere ascoltato da anima viva: «Dietro la strage di Bologna potrebbero nascondersi agenti libici comunque arabi i quali come si sa, considerano l’Italia una terra di nessuno».
Il 4 agosto L’unità, organo del pci, titola in prima pagina, in caratteri cubitali e in grassetto, senza uno straccio addirittura di indizio: «SONO STATI  I FASCISTI).

Il 5 agosto prima del consiglio dei ministri Cossiga presiede due riunioni, la prima del Comitato interministeriale per l’informazione e la sicurezza, la seconda del Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza. In quell’occasione va in onda un duro scontro, protagonisti il capo del Sisde, generale Grassini e il capo del Sismi generale Santovito (piduista ed in affari diretti con Gheddafi), alla presenza di Cossiga e degli altri ministri. Tra i passi principali del comunicato finale, scritto da un comitato ristretto formato da Cossiga, Manca, Lagorio e Rognoni, si legge: «la matrice della strage di Bologna è da far risalire a settori eversivi dell’estrema destra fascista». Un giudizio privo di riscontri propalato all’opinione pubblica anche dal partito comunista italiano di Enrico Berlinguer (L’unità, 5 agosto).

Sul quotidiano Il Corriere della Sera, il 6 agosto appare un articolo intitolato “Salta fuori anche il nome di Malta nella ricerca della trama straniera”,  a firma con geniale intuizione di Antonio Padellaro: «E’ possibile che dietro la strage di Bologna ci sia la mano di qualche paese straniero. E’ possibile che nei campi paramilitari della Libia, brigatisti rossi e neri si siano addestrati al massacro. E’ possibile che il riavvicinamento proprio venerdi scorso delle due diplomazie, abbia avuto contraccolpi negativi presso il governo di Tripoli. Certamente c’è chi lavora per rendere sempre più instabile l’area del Mediterraneo... ».
Per la cronaca ignota in Italia, il 6 agosto 1980, una borsa di plastica contenente esplosivi è stata trovata a Malta, dinanzi all’ingresso delle aviolinee libiche  in piazza della libertà alla Valletta.

Sempre sul Corsera l’8 agosto appare un’intervista al ministro Emilio Colombo che in sintesi attesta: «L’Italia si trova al centro dell’area mediterranea, un’area che purtroppo è soggetta a gravi tensioni internazionali…».

Il 28 agosto il primo ministro Dom Mintoff espelle  i militari libici da Malta, mentre, ancora oggi, le autorità tricolori di ogni ordine e grado nascondono la verità al popolo italiano.

E’ il più grave attentato nella storia d’Italia. Chi? Come? Perché? Il governo Renzi non risponde, in barba ai principi di uno Stato di diritto e alla trasparenza, ma una strage non va mai in prescrizione. Esiste un giudice almeno a Berlino?

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