3.5.21

PERSONE AMMAZZATE DAL TRATTAMENTO MINISTERIALE!

 


di Gianni Lannes

Uccisi dallo Stato italiano, o meglio dai suoi vertici covidioti. Inettitudine, incompetenza, inefficienza o sinistra demenza di Stato? Per quale ragione malata il Ministero della Salute ha disposto nell'anno 2020 il divieto delle autopsie durante la cosiddetta “emergenza sanitaria”? Il ministro pro tempore Speranza è invitato a rispondere con dati di fatto oggettivi. 

L'autopsia è un esame medico dettagliato e approfondito del corpo e dei relativi organi della persona dopo la morte per stabilirne le cause, le modalità e i mezzi che l'hanno provocata.

Infatti l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel documento datato 2 marzo 2020 «Test di laboratorio per la malattia di coronavirus 2019 (COVID-19) in sospetti casi umani» chiedeva che, in caso di morte, venisse disposta l'autopsia del tessuto polmonare e che, comunque, per una diagnosi corretta fosse necessario prelevare da pazienti e contatti sintomatici, diversi tipi di campioni come le feci, il sangue intero e l'urina.

Invece, in Italia, il Ministero della salute (targato Speranza) con circolare dell'8 aprile 2020 e del 2 maggio 2020: «Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia COVID-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione», stabiliva che «per l'intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all'esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio».

Ecco qualche evidenza medica. In Germania il Professor Uke Klaus Püschel, direttore dell'University Medical Center Hamburg-Eppendorf (UKE), ha eseguito inizialmente 192 autopsie, riscontrando che il virus SARS-CoV-2 sembra portare alla formazione di coaguli di sangue (trombi) nelle vene, che entrano nei grandi vasi polmonari come embolia polmonare e possono portare a insufficienza cardiovascolare acuta, suggerendo che i pazienti che hanno scoperto di avere il virus potrebbero essere trattati preventivamente con fluidificanti del sangue in futuro.

In Svizzera il professor Alexandar Tzankov dall'ospedale universitario di Basilea, facendo 41 autopsie, giunto alla stessa conclusione di Püschel ad Amburgo, affermando che: «pochissimi avevano la polmonite». Piuttosto, al microscopio, Tzankov ha riscontrato un grave disturbo nella microcircolazione nei polmoni. Il flusso di globuli rossi ai polmoni smette di funzionare: l'offerta di ossigeno collassava.

Un gruppo di ricerca guidato dal medico di New York Behnood Bikdeli aveva già sottolineato il considerevole rischio di trombosi in COVID-19 pazienti nella rivista «Journal of The American College of Cardiology» dichiarando testualmente: «ho visto centinaia di coaguli di sangue nella mia carriera, ma non ho mai visto così tanti casi estremi anormali» e ancora che «SARS-COV-2» è un termine improprio perché COVID-19 è un'infezione sistemica che colpisce più organi, non solo i polmoni.

Anche alcuni medici ricercatori italiani, già il 22 aprile 2020, hanno riferito in uno studio incompleto delle autopsie di 38 pazienti deceduti di COVID-19: «I nostri dati supportano fortemente l'ipotesi di recenti studi clinici secondo cui COVID-19 è complicato da disturbi della coagulazione del sangue e trombosi o strettamente correlato». I ricercatori avevano trovato trombi in 33 dei 38 pazienti esaminati.

Esattamente il 27 aprile 2020, il dottor Alessandro Buonsignore, presidente dell'Ordine dei medici della Liguria ha denunciato una pratica del tutto italiana che desta particolare perplessità sulla gestione, anche statistica, dei morti da COVID-19, dichiarando che: «in Italia si sia deciso di inserire nel numero di decessi da Coronavirus, tutti i casi di coloro che sono stati scoperti positivi al COVID-19, durante la propria vita o addirittura nel post-mortem. [...] azzerando quella che è la mortalità per qualsiasi patologia naturale che sarebbe occorsa anche in assenza del virus. Lo dico con cognizione di causa, lavorando nell'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Genova, dove abbiamo contezza che all'obitorio comunale di Genova, i decessi per patologie non-COVID-19 sono praticamente scomparsi».

Tanto per capire il livello criminale di menzogne istituzionali: dal rapporto “COVID-19” dell'Istituto superiore di sanità del 28 maggio 2020, il dato dei morti con 0 patologie pregresse per i quali è stato possibile visionare la cartella clinica, è pari a 131 su un campione totale di deceduti pari a 31.851.

Una svolta nella lotta al latitante nuovo coronavirus è arrivata quando alcuni medici hanno effettuato delle autopsie sui cadaveri dei pazienti deceduti. Grazie a queste autopsie si è potuto così scoprire che la causa del decesso è la Cid, coagulazione intravascolare disseminata, cioè la formazione di grumi nel sangue e di trombosi. Solo in seguito e nei casi resistenti alle cure antitrombosi arrivava la polmonite interstiziale doppia. Anche i sassi allora hanno così capito che i trattamenti fin lì seguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive, erano controindicati. Alcuni medici e società scientifiche hanno denunciato come grave l'indicazione di non procedere a un vasto programma di riscontri diagnostici che li aiuti a cogliere tutte le complicanze del COVID-19 che hanno portato alla morte migliaia di ammalati; gli anatomopatologi dell'ospedale "Papa Giovanni XXIII" di Bergamo, contrariamente a quanto stabilito, hanno deciso di effettuare uno studio sui corpi dei pazienti deceduti e hanno messo in evidenza che più pazienti erano deceduti a causa di trombosi, un evento che spesso si è manifestato dopo la fase più acuta della polmonite, cioè dopo i sintomi più tipici provocati dal coronavirus; la teoria più credibile, oggi, collegata a questa scoperta, è che il coronavirus attacchi alcuni recettori che si trovano proprio lungo i vasi sanguigni e più in generale che riesca a mettere in moto una serie di effetti che da un certo momento in poi non dipendono più dal virus; si è potuto dunque scoprire che il primo effetto del COVID-19 è la cosiddetta CID, coagulazione intravascolare disseminata, cioè la formazione di coaguli nel sangue con conseguente trombosi vascolare e che solo in seguito e nei casi resistenti alle cure antitrombosi arrivava la polmonite interstiziale bilaterale; lo studio ha evidentemente appurato che i trattamenti fino a quel momento eseguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive, erano controindicati.

La circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, numero 11285 del 1° aprile 2020, il cui contenuto è stato ribadito sia dalla circolare del Ministero numero 15280 del 2 maggio 2020, sia dalla circolare del Ministero numero 18457 del 28 maggio 2020, avente ad oggetto "Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia COVID-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione", al paragrafo C, "Esami autoptici e riscontri diagnostici", al punto 1, è riportato: "Per l'intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all'esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati Covid-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio", un invito a non procedere con gli esami autoptici, rafforzato dal punto 2. che così recita: "L'Autorità Giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l'accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l'autopsia non sia strettamente necessaria. Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l'esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento".

L'ISS ha pubblicato, in data 23 marzo 2020, un documento dal titolo “Procedura per l'esecuzione di riscontri diagnostici in pazienti deceduti con infezione da SARSCoV-2”, stilato in collaborazione con la Società Italiana di Anatomia Patologica, l'Istituto Spallanzani e l'Azienda Socio-Sanitaria Territoriale (ASST) Fatebenefratelli Sacco, con cui si sottolinea l'importanza del contributo che il riscontro autoptico può dare allo studio del COVID-19 e vengono fornite dettagliate indicazioni sulle procedure da seguire per la relativa esecuzione, nel periodo emergenziale.

Aver invitato a non procedere con gli esami autoptici, ed eventualmente a procedervi con notevoli restrizioni, in un periodo in cui il personale sanitario, soprattutto in Lombardia, osservava turni al limite delle proprie possibilità fisiche e psicologiche, non ha consentito in tempi rapidi di individuare le vere cause dei decessi ovvero di praticare prima le terapie idonee, in totale contrasto con i protocolli attuati fino a quel momento e ha determinato il rapido peggioramento del quadro clinico dei malati.

Se in Italia si fossero praticate le autopsie ai primi decessi attribuiti alla malattia denominata COVID-19, si sarebbero evitati percorsi e rimedi sbagliati: oggi, grazie alla svolta nelle conoscenze mediche, non si parla più né di rianimazioni e nemmeno di ventilazioni, che in questo caso si sono rivelate peggiorative del quadro clinico.

Il ministro uscente Roberto Speranza - in base agli esami autoptici effettuati - vuole fornire all'opinione pubblica italiana dati sul reale numero di decessi avvenuti a causa dell'infezione da Sars-CoV-2, oppure in ragione di altre malattie? Se, a fronte dei 33.309 pazienti deceduti e risultati positivi all'infezione in Italia, al 18 giugno 2020, come riportato dalla scheda infografica settimanale fornita dall'Istituto superiore di sanità, che per il 4,2 per cento presentava zero patologie pregresse, dei 3.510 deceduti per i quali al 18 giugno 2020 è stato possibile analizzare le cartelle cliniche, sia stato effettuato esame autoptico ed eventualmente stabilito che la causa del decesso fosse attribuibile ad esito dell'infezione da SARS-CoV-2 ovvero ad altre cause? Se, a fronte dei 33.309 pazienti deceduti e risultati positivi all'infezione che per il 95,8 per cento presentava una o più patologie pregresse, con numero medio di patologie pregresse osservate di 3,3, dei 3.510 deceduti per i quali al 18 giugno 2020 è stato possibile analizzare le cartelle cliniche, sia stato effettuato esame autoptico ed eventualmente stabilito che la causa del decesso fosse attribuibile ad esito dell'infezione da SARS-CoV-2 ovvero ad altre cause? Attualmente per tutti i pazienti deceduti e dichiarati positivi all'infezione in Italia, si sta procedendo all'effettuazione dell'esame autoptico e, pertanto, si può finalmente conoscere il numero esatto tra questi per i quali la causa del decesso sia con certezza attribuibile al solo esito dell'infezione da SARS-CoV-2?

In questo quadro di sostanziale incertezza, l'unico strumento scientifico che avrebbe potuto fornire risposte adeguate veniva sconsigliato dal Ministero della salute, e che sarebbe bastato dunque fare da subito un riscontro diagnostico ai primi deceduti da COVID-19 per evitare percorsi e rimedi sbagliati e controproducenti oltre che probabilmente migliaia di vittime, è opportuno sapere quali siano le ragioni che hanno portato al divieto di effettuare riscontri diagnostici sui cadaveri dei pazienti morti a causa del coronavirus; sulla base di quali evidenze scientifiche e motivazioni di salute pubblica la disposizione di non effettuare i riscontri diagnostici sia stata impartita, impedendo così un esame fondamentale che, molto probabilmente, avrebbe fatto conoscere il cosiddetto SARS CoV-2 in molte delle sue letali sfaccettature salvando la vita a molti italiani?

Il 20 marzo 2021 Pietro Luigi Garavelli, primario della Divisione di Malattie Infettive dell'Ospedale Maggiore della Carità di Novara, ha dichiarato che «vaccinare in piena pandemia è sbagliato» in quanto il virus reagirà mutando velocemente.

Gli scienziati tedeschi dell'Università di Greifswald hanno dimostrato che «la vaccinazione con ChAdOxl nCov-19 può provocare il raro sviluppo di trombocitopenia trombotica immunitaria mediata da anticorpi attivatori delle piastrine contro PF4, che imita clinicamente la trombocitopenia autoimmune indotta da eparina».

Oggi grazie agli studi scaturiti dai riscontri diagnostici, al primo sintomo si interviene sui pazienti contagiati anzitutto con i fluidificanti del sangue. Cure semplici, effettuabili anche a domicilio che, se applicate al comparire dei sintomi, non consentono al virus di arrivare alla mutazione della patologia, che da influenza diventa trombosi.

Dal 2020 in Italia i morti per patologie diverse dal Covid-19 sono ufficialmente scomparsi. La paura iniettata nel corpo sociale dalle autorità, è un'arma strategica per il controllo a tempo indeterminato delle masse umane.

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=speranza

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=coronavirus


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