Bussi sul Tirino (gennaio 1994): fabbrica segreta di gas bellici - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
di Gianni Lannes
Sono armi subdole, ad orologeria, perché uccidono a distanza di tanto tempo. Peggio delle mine anti essere umano, e rilasciano nell'ambiente circostante i loro veleni. Oggi, proprio con loro dobbiamo fare i conti, visto che lo Stato le ha subdolamente nascoste, ma senza inertizzarle. Ne avevo parlato nel programma radiofonico "Verso Sud" della Rai nel 1999. Ne avevo scritto sui giornali nazionali già 20 anni fa. Ho pubblicato un libro nel 2012 (IL GRANDE FRATELLO STRATEGIE DEL DOMINIO) con un intero capitolo (BOMBE AMARE) dedicato al fenomeno. Eppure lo Stato si è girato dall'altra parte.
Dove i parchi nazionali della Maiella e del Gran Sasso si incontrano c'è un'amara sorpresa. Inerpicandomi sulle gole di Popoli in provincia di
Pescara, e poi risalendo il fiume Tirino, prima di arrivare a Bussi, sono giunto tempo fa
al sito in cui sorgeva la più grande fabbrica italiana (ex Dinamite Nobel poi
Montecatini) di aggressivi chimici proibiti dalla Convenzione di Ginevra del
1925. Dove sonnecchia il campionario di iprite, adamsite, lewisite e così
via, scaricato in parte sul popolo etiope da Graziani e Badoglio su ordine di Benito Mussolini. Come è
evidente l’aerosolterapia bellica - l'irrorazione aerea - l’hanno inventata certi italiani in camicia nera e poi l'ha ereditata lo zio Sam. Allora, che
ne è stato dei micidiali depositi di mustard
gas? Chi li ha sepolti e dove? Ho avuto il fiuto di imbattermi in alcune memorie storiche: ex operai già ottuagenari da cui ho attinto informazioni preziose. A Bussi sotto
la montagna adiacente l’attuale insediamento Solvay (Montedison fino al 2002) le
caverne in riva al fiume Tirino sono state tombate con i veleni di guerra. E
sulle ceneri della fabbrica di morte, in tempi più recenti l'Edison ha tirato
su una centrale turbogas, in barba alle normative di protezione sanitaria, ed
ambientale, nonché al semplice buon senso. E c'è pure qualche ambientalista di fama, un ex direttore di Greenpeace Italia, che ha dato il parere favorevole all'operazione.
E tutto filato liscio, grazie alla connivenza politica a tutti i livelli e alle distrazioni dei prefetti di turno. Prima della gigantesca discarica targata Montedison, a valle sul letto dove i fiumi Tirino e Pescara si incontrano, c'è n'è un'altra anche più pericolosa, di cui i magistrati e gli stessi autoctoni non hanno mai sentito parlare, se non qualche operaio passato a miglior vita.
Bussi sul Tirino: centrale turbogas Edison - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
E tutto filato liscio, grazie alla connivenza politica a tutti i livelli e alle distrazioni dei prefetti di turno. Prima della gigantesca discarica targata Montedison, a valle sul letto dove i fiumi Tirino e Pescara si incontrano, c'è n'è un'altra anche più pericolosa, di cui i magistrati e gli stessi autoctoni non hanno mai sentito parlare, se non qualche operaio passato a miglior vita.
Durante la seconda guerra mondiale sono state le
armi più segrete, infernali, vietate eppure ugualmente prodotte, da Germania e
Stati Uniti d’America in primis. Ma anche l’Italia fascista dei Savoia non è
stata da meno: i gas che accecano, soffocano, producono vesciche terribili ed
infine ammazzano senza pietà. Oppure i batteri tipo antrace, vaiolo, malaria,
brucellosi o tetano, che uccidono la vita umana attraverso malattie indotte
artificialmente dall'uomo.
Bombe a carica chimica e batteriologica: armi a cui
ha lavorato alacremente anche il regime mussoliniano. Ma proprio perché
vietato, in fondo ambito dai vincitori
della guerra, sull’arsenale chimico e batteriologico del casato Savoia è calato
il silenzio per 70 anni. E’ la storiaccia finale di una vicenda che ci riguarda
a distanza ravvicinata, perché tocca la nostra salute.
Fantasmi dimenticati rimossi dalla conoscenza
comune: i laboratori segreti di Roma sotto l’ospedale militare Celio, la
cittadella chimica nei pressi di Viterbo, le fabbriche che produssero veleni a
pieno ritmo anche a Rho, Cengio, Melegnano, Foggia, Napoli, Pieve Vergonte,
Carrara. Insediamenti industriali altamente nocivi e mai bonificati, semplicemente oscurati dall'oblio.
Gli armamenti proibiti furono usati in Libia,
Etiopia, e durante la guerra civile di Spagna. Le fabbriche certo allora come
oggi, non si preoccupavano dei loro micidiali scarichi: i danni si riscontrano
ancora adesso a scrutare le statistiche, altrimenti inspiegabili di cancro,
tumori, malformazioni e patologie rare, o apparentemente inspiegabili in determinate
aree del Belpaese. I governi italiani hanno sempre negato la presenza di gas
bellici di propria produzione sul territorio nazionale. Nel 1985 - dinanzi al
Parlamento - Andreotti (prescritto per mafia) aveva addirittura spergiurato.
Foggia: fabbrica segreta di gas bellici, area contaminata - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Allora, proseguiamo il
viaggio verso Sud. La tappa d’obbligo è alla periferia di Foggia, ad un soffio dalle
civili abitazioni dell’ignara popolazione, circondate da coltivazioni agricole,
sorge in condizioni di totale abbandono, un’altra fabbrica di morte
del regime fascista. Ecco, altri veleni “proibiti” che queste armi
bandite sulla carta, hanno lasciato in eredità al popolo italiano.
foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Il documento inviato al prefetto del capoluogo di
Capitanata reca la data dell’11 giugno 1948, a firma del ministro della Difesa.
E non lascio spazio a dubbi. Infatti c’è scritto:
«Oggetto:
Foggia – lavori di bonifica dell’ex centro Chimico Militare – Con riferimento a
quanto segnalato con il telegramma a cui si risponde, si fa presente quanto
segue: a) - i lavori di bonifica e sgombero macerie e materiali degli ex
impianti di produzione aggressivi chimici di Foggia, non possono essere
eseguiti che da personale specializzato, in quanto il personale stesso, durante
il lavoro, deve essere munito di maschere antigas, guanti e indumenti
protettivi, dati che esistono ancora sotto le macerie apparecchi contenenti
quantità considerevoli di yprite e di fosgene; b) - i menzionati aggressivi,
per il modo col quale vennero effettuate le distruzioni dai tedeschi, hanno
inquinato, oltre le parti costituenti gli impianti, anche le macerie dei
fabbricati crollati. Questo Ministero, pertanto, dopo attento e ponderato esame
della questione, allo scopo di evitare possibili gravi infortuni, è venuto
nella determinazione di far effettuare i lavori sopraccennati da personale di
questa A.M., pratico di maneggio delle sostanze tossiche».
Foggia: fabbrica segreta di gas bellici area contaminata - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Foggia: fabbrica segreta di gas bellici area contaminata - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
A tutt’oggi, non è stata effettuata alcuna
bonifica dell’area militare su via del Mare, adiacente la cartiera del
Poligrafico dello Stato. Nel 2007 avevo messo al corrente personalmente, fornendogli fotografie e documentazione rinvenuta presso l'Archivio di Stato, il comandante provinciale dell'Arma dei Carabinieri. Soltanto nel 2008 sono apparsi dei cartelli con un
avviso: “Zona avvelenata”. E nient’altro. Una cosa è certa: quei terreni, il
suolo ed il sottosuolo - in particolare i sotterranei - sono
contaminati. Giusto per rendere l'dea: in questa fabbrica occulta - targata
Seronio - si fabbricava mediamente una tonnellate di iprite al giorno.
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