26.1.24

PRIVATIZZAZIONI TARGATE MELONI!

 

Giorgia Meloni
 

di Gianni Lannes

In Italia nell'anno 2024 il termine “privatizzazioni” fa rima con Meloni, ovvero con i Berlusc(l)oni. Non è uno scherzo di Carnevale. Gli eredi del fascismo - in più occasioni al governo con il piduista Silvio Berlusconi (tessera P2, numero 1816) - bivaccati a Palazzo Chigi, dopo aver annunciato la manomissione della repubblicana Costituzione (alla voce “premierato”), concretizzano - degli enti pubblici - l'inopportuna privatizzazione, già avviata ai tempi del Britannia (previa uccisione nel 1992 dei magistrati Falcone e Borsellino) da mister Mario Draghi.


 

Il Consiglio dei Ministri andato in onda il 25 gennaio 2024 ha approvato la vendita di una quota di minoranza di Poste Italiane, tale da mantenere - sulla carta - il controllo pubblico e nello stesso tempo avviare l'ampio piano di dismissioni pubbliche. Insomma, approda la privatizzazione delle Poste annunciata da qualche tempo dal governo, che intende mettere a frutto le sue quote in alcune società quotate, con l’intento di racimolare appena 20 miliardi di euro, da impiegare (a suo dire) per la riduzione del debito e per il finanziamento di altre misure chiave come la riforma fiscale e le pensioni. Ieri il fra i punti all’ordine del giorno, ha esaminato quello relativo alla “definizione dei criteri per l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Poste Italiane”, approvando “in esame preliminare, un provvedimento che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF nel capitale di Poste Italiane”. Il MEF attualmente detiene una quota del 29,6 per cento di Poste Italiane ed un altro 35 per cento è in capo alla Cassa depositi e prestiti. Una maggioranza di circa il 75 per cento che potrebbe essere ridotta mantenendo sempre il controllo della società che gestisce il servizio postale universale. Secondo le ipotesi circolate nell’ultimo periodo, il Tesoro sarebbe intenzionato a porre sul mercato una quota del 13 per cento, mantenendo comunque una maggioranza. Del Piano di cessione delle partecipazioni pubbliche detenute in società quotate ne aveva parlato il ministro Giorgetti e anche, più di recente, Giorgia Meloni, annunciando di voler incassare dalla vendita dei “gioielli” di Stato circa 20 miliardi di euro (l'elemosina di un piatto di lenticchie) in tre anni, pari all’1 per cento del PIL. Dopo Poste, il Governo potrebbe decidere di vendere altre partecipazioni, ad esempio un 4 per cento in Eni (valore circa 2 miliardi di euro). Poi sarà la volta delle Ferrovie dello Stato, società ancora in mano pubblica, per la quale non si esclude neanche una quotazione in Borsa.

Per il popolo italiano, se non risveglierà dal torpore letargico, il destino è segnato dal peggio.


Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=falcone 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=meloni

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=draghi 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mussolini

1 commento:

  1. Moro ci ha rimesso la pelle e noi italiani le palle gli agnelli la fanno da padroni e trasferiscono all estero le produzioni e non restituiscono i miliardi di contributi estorti ai contribuenti e la meloni se l ha ride sotto i baffetti biondi!

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