di Gianni Lannes
Adriatico: mare di guerra in tempo di pace. Sono almeno tre i pescherecci (Angelo Padre, Francesco Padre e Rita Evelin) colati a picco a causa della guerra fredda alleata nel Mare Adriatico, determinando la morte di ben 11 pescatori su cui staziona un misterioso segreto di Stato. «È tutto secretato» mi racconta oggi (martedi 19 luglio 2022) al telefono la scrittrice Antonella Roncarolo. Lei sta tessendo un romanzo sul caso del Rita Evelin, affondato il 26 ottobre 2006 nel Medio Adriatico dinanzi alla costa marchigiana, con mare calma piatta e in circostanze nebulose. «È quanto hanno ribadito a febbraio 2022 le autorita' della Capitaneria di porto al direttore dell'archivio storico comunale di San Benedetto del Tronto» soggiunge la gentile narratrice.
Rita Evelin (vittime) |
Rita Evelin (vittime) |
La vicenda ha dell'incredibile, poiche' non vige piu' alcun segreto istruttorio della magistratura. peraltro, alla prova dei fatti, le tre vittime, imprigionate sott'acqua nell'imbarcazione (come avevo rilevato 15 anni fa) non indossavano il giubbetto di salvataggio, smentendo la tesi processuale. Avevo gia' indagato in merito nell'anno 2007, quando pubblicai sul settimanale Left, il resoconto del tragico accaduto in cui persero la vita tre pescatori: Francesco Annibali, Luigi Luchetti e Ounis Gasmi. La barca facilmente recuperabile - che giace ad appena 80 metri di profondita' - non e' mai stata tirata in secco. Eppure, ecco cosa ha attestato ufficialmente l'allora ministro dei Trasporti, tale Alessandro Bianchi (il 13 settembre 2007), in risposta all'interrogazione parlamentare numero 4/00804 datata 7 novembre 2006 (a firma del deputato Amedeo Ciccanti):
«Il repentino affondamento del motopeschereccio Rita Evelyn avvenuto all'alba del 26 ottobre 2006, non ha consentito alle persone d'equipaggio di lanciare alcun allarme... Sulle cause del sinistro l'inchiesta amministrativa è stata ultimata dalla Capitaneria di porto di San Benedetto il 1º febbraio 2007 e trasmessa, in pari data, alla competente Direzione marittima di Ancona come prescritto dalla vigente normativa. Sul versante dell'attività d'indagine che fa capo alla Procura della Repubblica di Fermo, la medesima Capitaneria di porto è, altresì, destinataria di un'apposita delega d'indagine conferita dal citato organo inquirente. In tale contesto si è inoltre proceduto, a cura di una ditta specializzata, ad effettuare le complesse operazioni di recupero del mezzo nautico affondato (adagiato a circa 80 metri di profondità) ed al rinvenimento all'interno del relitto delle salme dei tre membri dell'equipaggio. Tali attività pur collegate al sinistro marittimo non rientrano nelle attribuzioni del Corpo delle capitanerie di porto. Nel caso di specie, l'iniziativa del recupero è stata assunta su disposizione dell'Autorità giudiziaria inquirente ed attuata grazie alla disponibilità degli enti territoriali locali ad assumersi i relativi oneri finanziari».
In realta', conferma Antonella Roncarolo, «a tutt'oggi, il motopeschereccio non e' stato effettivamente recuperato». Allora, perche' il ministro ha mentito? Cosa c'e' da nascondere? Qual e' la verita' indicibile?
Inoltre, la puntuale interrogazione numero 1020 rivolta il 22 aprile 2008 ai vertici della regione Marche dal consigliere Altomeni, non ha avuto alcun puntuale riscontro.
Su Left nel 2007 avevo testualmente scritto, ricordando altri gravi sinistri marittimi senza spiegazione, come l'affondamento del peschereccio Angelo Padre di Giulianova del 4/5 aprile 1982 con tre vittime:
«Due fatti sono attualmente certi. Primo: le salme dei tre lupi di mare potevano essere recuperate immediatamente, ma le autorità hanno preferito ripescarle con tutto comodo e dopo aver ispezionato il natante, ben 19 giorni più tardi, soltanto a seguito della dura protesta della marineria locale col blocco della linea ferroviaria adriatica, nonché dei familiari delle vittime. Eppure la magistratura aveva disposto il recupero dei pescatori il 31 ottobre. I subacquei siciliani della società Under Hundred erano pronti a portare in superficie i corpi dei marittimi, ma le autorità militari non hanno gradito occhi indiscreti. Meglio tenere alla larga i civili. Secondo: la Rita Evelyn non sarà tirata in secco, precludendo la possibilità di accertare le cause dell’affondamento. Allo Stato maggiore della Difesa avranno pensato, come è già avvenuto, che è meglio non far sapere nulla all’opinione pubblica a proposito dei rischi e dei pericoli che si annidano in questo mare disseminato di bombe«Stanno in fondo al mare e nessuno, a livello internazionale, se ne occupa. Poi, ogni tanto, ordigni d’ogni genere fanno capolino sulla battigia, da Grado a Gallipoli: proiettili all’uranio impoverito, cluster bomb, missili Tomahawk, granate al fosforo, bombe a guida laser, e addirittura siluri. La Marina militare italiana aveva annunciato la bonifica, promessa da vari governi che si sono succeduti, mentre in Parlamento centinaia di interrogazioni attendono risposte esaurienti. Ma nel frattempo, chi sul mare ci lavora, spesso ci rimette la vita. Nel silenzio dei media e della politica. L’ultimo di una lunga serie di incidenti legati all’esplosione di ordigni bellici in Adriatico è accaduto lo scorso 26 ottobre. Il peschereccio Rita Evelin, nuovo di zecca, affonda con mare calma piatta dinanzi alla costa marchigiana e tre pescatori (due italiani Francesco Annibali e Luigi Lucchetti e il tunisino Ounis Gasmi) inghiottiti dal mare Adriatico. Il fascicolo di questo incidente è finito in una cartellina sottile, quasi come un foglio di giornale, già impolverata come una noiosa pratica amministrativa. È tutto lì il dossier su una tragedia dimenticata troppo rapidamente, in comunicati, dispacci e relazioni istruttorie. Documenti riservati e conservati negli archivi della Capitaneria portuale di San Benedetto del Tronto in provincia di Ascoli Piceno. Ripercorriamo questa vicenda: alle 5,30 del mattino il natante è colato improvvisamente a picco dinanzi a Porto San Giorgio, adagiandosi su un fondale di 80 metri (43 gradi e 12 primi di latitudine nord, 14 gradi di longitudine est). Le scarne informazioni relative all’affondamento dell’imbarcazione sono state fornite dall’unico sopravvissuto, il comandante Nicola Guidi (41 anni), sotto choc ma non in pericolo di vita: «Ho sentito soltanto un forte botto e subito dopo la Rita Evelin ha cominciato a imbarcare acqua e ad affondare in pochi minuti». Fine delle rivelazioni: il marittimo non parla. E neppure i suoi colleghi che lo hanno tratto casualmente in salvo dopo alcune ore, a bordo del peschereccio pugliese Luna Nuova di Bisceglie. La consegna delle autorità istituzionali e marittime è semplice: “Bocche cucite”. Le cause? «Ufficialmente ancora imprecisate». L’inchiesta staziona a Fermo: è nelle mani del giudice Piero Baschieri. Sarà soltanto un caso, ma l’area del cosiddetto “incidente” coincide con una delle 24 ampie zone di affondamento degli ordigni - e non sei come dichiarato dalla Nato - abbandonati da velivoli dell’Alleanza atlantica nel mare Adriatico di ritorno dai bombardamenti in Kosovo nel 1999. E prima ancora in Bosnia Herzegovina nel 1994-‘95…Altre singolarità. Tra i primi al mondo a dare la notizia della tragedia del Rita Evelin, il 26 ottobre 2006, è stata la Pravda online, una nuova agenzia di stampa russa («Affonda peschereccio nell’Adriatico: 3 dispersi»). Quello che sorprende è l’insolito interessamento manifestato dal ministro degli Esteri. Massimo D’Alema ha fatto pervenire al sindaco Giovanni Gaspari un telegramma di solidarietà alle famiglie dei marinai deceduti, alla marineria e alla città di San Benedetto. Che ragione c’era? Istituzionalmente nessuna. Tant’è che all’affondamento tra le Marche e l’Abruzzo di un altro peschereccio, il Vito Padre il 30 maggio (due vittime), il titolare della Farnesina non si è scomodato. E così il 17 dicembre 2006, quando i flutti hanno sommerso il Maria Cristina di Silvi Marina (Pescara) provocando la morte di un lavoratore del mare. La comunità dei pescatori locali ha rispedito al mittente il telegramma: «Non sappiamo che farcene di questa solidarietà a parole. Piuttosto il governo bonifichi finalmente il mare in cui siamo nati e lavoriamo».
Carta nautica: zona di affondamento del Rita Evelin
Riferimenti:
https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/00804&ramo=S&leg=15
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2014/03/mare-adriatico-morti-altri-3-pescatori.html
http://www.ilrestodelcarlino.it/ascoli/cronaca/2012/12/19/819352-naufragio_rita_evelyn.shtml
https://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=32368&stile=6&highLight=1
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2013/11/angelo-padre-un-altro-peschereccio.html
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2012/09/gli-ufo-nel-mare.html
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2017/04/italia-mari-esplosivi.html
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2018/07/italia-mari-esplosivi.html
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2020/06/italia-mari-esplosivi.html#more
Gianni Lannes, NATO COLPITO E AFFONDATO, La Meridiana, Molfetta, 2009.
Gianni Lannes, BOMBE A...MARE, Nexus edizioni, Battaglia Terme, 2018.
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