3.6.20

PAPPALARDATA GENERALE!


di Gianni Lannes


Dalla politica tricolore all'avanspettacolo arancione? Come degradare o annacquare una giusta protesta popolare nei confronti del governicchio grulpiddino che ha posto per mesi agli arresti domiciliari tutti gli italiani o quasi? Prendete una delle più belle piazze di Roma e uno calato direttamente dal sistema di potere - sia pure a livelli marginali - (ex sottosegretario nel governo Ciampi che ha svenduto l'Italia) è il gioco è fatto. Piazza del Popolo, in occasione della Festa solenne della Repubblica è stata incredibilmente concessa al Generale in congedo Antonio Pappalardo (3.800 euro mensili di pensione e un processo penale in corso per vilipendio del capo dello Stato), che ha preso posto sul cassone di un furgone, adibito per l’occasione a palco dotato di amplificazione, a mala pena idonea a soddisfare l’esiguo pubblico presente. Il tono è impastato di violenza verbale.

«Mussolini durante la marcia su Roma non l'ha fermato nessuno, ma a noi ci vogliono fermare, hanno fermato i nostri pullman per non farci manifestare», ha strillato Pappalardo nella sua propaganda mal microfonata. L'obiettivo è far arenare - come ha fatto Beppe Grillo - la protesta sociale?
 

Un ordine pubblico gestito dalla Polizia di Stato in modo molto discreto era integrato da addetti alla sicurezza, inequivocabilmente identificabili dalla scritta ‘generale Pappalardo’ ben impressa sulla casacca arancione.



Il comizio di Pappalardo ha seguito il solito cliché di insulti al Governo e banalità orecchiate sul web. Ma ecco il peggio della strumentalizzazione, ciò che mi ha indotto a scrivere queste righe di indignazione: la foto di Falcone e Borsellino sul leggio dell'ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo, capo del movimento dei gilet arancioni. Un'immagine che Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia a Capaci, 28 anni fa, giudica «intollerabile». Per la presidente della Fondazione che del giudice porta il nome si è trattato di un «uso strumentale dell'immagine di due magistrati che hanno dato la vita per le istituzioni e per il rispetto delle leggi. Il contrario di quello che propugna l'ex ufficiale dell'Arma»

Mister Pappalardo è libero ovviamente di dire quello che vuole assumendosi le proprie responsabilità. Il problema è che può dire quello che vuole senza però anteporre il suo nome al grado raggiunto in pensione nell’Arma dei Carabinieri. Esibizione di un’appartenenza, quella nell’Arma dei Carabinieri, che potrebbe, anche se inconsapevolmente, indurre le tranquille famigliole intervenute a sentirsi legittimate a trasgredire la legge. Grado che il colto Pappalardo potrebbe ben sfoggiare da compositore, da giurista o da astronomo qual è, ma non nel momento in cui invita a disobbedire ad una norma o insulta il capo del Governo. Non è bello, non è elegante e sicuramente ferisce profondamente quell’Arma che lui sostiene di amare. Ma soprattutto: Pappalardo lasci in pace i morti ammazzati dalla mafia.

La religione dell'apparire a tutti i costi funziona cavalcando, strumentalizzando, offendendo e minacciando chiunque osi argomentare serie critiche a tale avanspettacolo da baraccone di ultima classe. Perché gli italopitechi hanno sempre bisogno del pastore da gregge?  Il convento non passa di meglio nel belpaese, dove la società civile si è disintegrata e non ha una rappresentanza politica. 


Riferimenti: