11.7.16

CHI O COSA HA AFFONDATO IL PESCHERECCIO SANTO PRIMO?

 Augusta: il sommergibile nucleare Scranton


di Gianni Lannes

Da martedì 28 giugno 2016 non si hanno più notizie di Giovanni Costanzo, 62 anni, comandante del peschereccio "Santo Primo", naufragato davanti alle coste di Porto Palo nel territorio di Siracusa.

L’imbarcazione è affondata per cause ancora da accertare. Salvati da un diportista i due componenti dell’equipaggio: i due superstiti erano da quasi 24 ore sopra un pezzo di legno a circa 10 miglia a sud della costa di Portopalo. Il peschereccio probabilmente si è inabissato sul fondale di circa 60 metri.

Ma cosa ha determinato il repentino affondamento del motopesca? Un'azione  del genere Cermis? In passato esiste una copiosa casistica di inabissamenti provocati dalle manovre azzardate di sommergibili della sesta flotta statunitense, addirittura nelle acque territoriali italiane. Perché la Marina Militare non recupera l'imbarcazione e il corpo del pescatore catanese? Forse perché sarebbe lampante la dinamica del cosiddetto "incidente"? 

In ogni caso i lavoratori del mare, soprattutto italiani, non contano niente a qualsiasi latitudine: sono povera gente, da dimenticare senza neanche seppellire nella nuda terra. La vicenda ricorda quella recente accaduta al peschereccio Rosinella, affondato inspiegabilmente il 19 aprile scorso al largo di Gaeta, che ha provocato la morte di tre pescatori. E addirittura quella antecedente del 28 ottobre 2015 del peschereccio Giumar. In tutti e tre i casi nessuno tipo di allarme è partito dalle imbarcazioni, come se l'affondamento fosse stato rapido e inesorabile. Maltempo? E' già accaduto in un recente passato: un sommergibile da guerra dello zio Sam aggancia le reti da pesca e trascina sul fondale l'ignara motobarca.
Sarebbe il caso di telefonare all'ambasciatore John R. Phillips e chiedere urgenti chiarimenti. E' opportuno, inoltre, che qualche valido avvocato aiuti gratuitamente la famiglia del pescatore italiano.
 
Augusta: il sommergibile nucleare Scranton

Fabio Micalizzi, presidente della Federazione armatori siciliani, ha dichiarato: "stiamo facendo le ricerche noi, visto che quelli della Capitaneria di Porto si sono fermati».
  
“Rivogliamo mio padre, vivo o morto che sia. Ma lo rivogliamo - tuonano così le parole di Rosanna Costanzo, una delle figlie del capitano - Mio padre usciva con la barca per 40-50 euro alla settimana. Veniva fino a Portopalo perché a Catania non si può pescare».

«Nessuno lo sta cercando. La capitaneria di porto, la Guardia Costiera di Siracusa e anche quella di Catania, ci hanno detto che non possono far venire i sommozzatori perché è costoso. E soldi, ovviamente, non ne hanno».
Secondo quanto raccontato da uno degli uomini presenti al momento dell’accaduto, Giovanni Costanzo avrebbe sbattuto il capo e perso i sensi. Al momento della tragedia, il capitano, si trovava nella cabina dell’imbarcazione. Se così fosse, il corpo dovrebbe essere rimasto incastrato.
 
«Quando esci in mare lo sai che forse non torni». I parenti di Giovanni Costanzo, il pescatore 61enne disperso al largo di Portopalo da mercoledì, sono rassegnati. Sanno che l'uomo, che avrebbe compiuto 62 anni tra pochi giorni, probabilmente non tornerà. «Dev'essere rimasto dentro la barca», dicono. Il peschereccio Santo I, un'imbarcazione di 16 metri con la quale era andato a fare pesca a strascico nel Siracusano, partendo all'alba dal porto di Catania. Con un equipaggio composto, in totale, da tre persone: oltre a Costanzo, un pescatore catanese e uno di origini tunisine.  

Una famiglia di pescatori da tutta la vita. Cinque fratelli, tre sorelle e una tragedia vecchia di 35 anni: la morte, sempre in mare, di uno di loro. «Ne doveva fare 22 quando se l'è portato il mare», raccontano i parenti. Sono tutti riuniti davanti agli uffici della Capitaneria di porto. Sono arrivati a dare indicazioni alla guardia costiera, per spiegare dove di preciso Giovanni Costanzo era andato a pescare. «A Catania non c'è niente, bisogna arrivare fino a Portopalo per prendere qualcosa - sostiene un cognato - Quella mattina si sapeva che c'era un poco di cattivo tempo. Ma che fai? Non esci? Quelle barche reggono fino al mare forza otto, quel giorno era forza sei. Però in questo lavoro non si può mai dire: un colpo di vento, un'onda che ti prende male e finisci sott'acqua».

L'onda che avrebbe fatto inabissare il Santo I sarebbe arrivata intorno alle 10.30 del mattino. Più o meno a metà della battuta di pesca iniziata alle prime luci dell'alba. Il peschereccio si dovrebbe trovare a circa 60 metri di profondità, a otto miglia al largo della costa siracusana. «Il relitto non si deve essere spostato di tanto - continua la famiglia Costanzo - Anche se ai due pescatori che erano sulla barca li hanno trovati uno a dieci e l'altro a 18 miglia al largo. Erano attaccati a pezzi di legno, sono stati più fortunati».  





L’unità era dispersa dal 19 aprile scorso dopo essere partita dal porto di Formia con a bordo il comandante di Ercolano (Napoli) e due marinai di origine tunisina. Nonostante l’accurata ispezione dei palombari della Marina Militare, non è stato ancora trovato all’interno del motopesca Rosinella il corpo del comandate Giulio Oliviero. È questo il responso dei palombari che si sono inabissati dalla nave Anteo per cercare all’interno del relitto la salma del comandante scomparso. Il peschereccio era disperso dal 19 aprile scorso dopo essere partito dal porto di Formia con a bordo il comandante di Ercolano (Napoli) e due marinai di origine tunisina. Il 22 aprile l’individuazione del relitto a 8,6 miglia dalla costa antistante Gaeta su fondali di oltre 60 metri. La Nave Anteo, arrivata nell’area dove giace il relitto del motopesca Rosinella - per cercare proprio la salma del comandante , si è posizionata proprio sulla verticale del del peschereccio inabissato nella notte del 27 maggio, dando subito inizio alle operazioni subacquee dei palombari. Gli uomini della Marina Militare si sono infatti immersi attraverso la camera di decompressione subacquea e dell’impianto integrato per immersioni profonde di Nave Anteo. «Le delicate attività d’immersione - si legge in una nota della Marina militare - si sono svolte in uno scenario operativo molto impegnativo sia per la profondità superiore ai 60 metri e l’orario notturno delle prime immersioni, sia per la presenza delle reti che si sono adagiate sulla coperta e sulla plancia del Rosinella. Le operazioni si sono protratte fino alla tarda mattinata del 28 maggio: con il veicolo subacqueo filoguidato Sirio, gli operatori palombari hanno effettuato una accurata ispezione anche all’interno del peschereccio entrando nell’alloggio del comandante, nella plancia, nella sala mensa e nella sala macchine. Non è stata però rinvenuta la salma di Oliviero. Sul posto c’è anche il cacciamine Gaeta che nei giorni scorsi ha recuperato due le salme nei pressi del relitto».



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