foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
di Gianni Lannes
Alcuni governi occidentali, tra cui l’Italia, si sono accordati da tempo, a livello internazionale per affondare le scorie radioattive, tentando poi di cancellare le tracce e ignorando i rischi per la salute delle ignare popolazioni. La Cee e gli Stati Uniti d'America hanno finanziato con 120 milioni di dollari uno studio per inabissare scorie radioattive. Alla voce "Urano 1 e 2" e tanto altro ancora.
foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Il 18 aprile 2007 la Guardia costiera di Cetraro ha proibito la pesca in un tratto di mare, in quanto sono stati scoperti a una profondità compresa tra i 370 e i 450 metri valori fuori norma di arsenico e cobalto, e anche le percentuali di alluminio e cromo sono risultate molto elevate. Questa ordinanza viene abrogata improvvisamente, senza uno straccio di riscontro scientifico, l’8 agosto 2008, dopo una riunione a cui partecipano esponenti dell’azienda sanitaria di Paola, dell’ente Provincia e dell’Arpacal. In quell’occasione si stabilì a tavolino che le sostanze inquinanti individuate solo un anno prima, o non erano più nocive.
«Risulta ben evidente come l’area approfondisca dolcemente
verso sud est. Nel settore orientale, a -487 metri, si riscontra la presenza di
un debole rilievo di forma ellittico/circolare orientato con l’asse maggiore
verso nord est, che si eleva rispetto alle profondità medie circostanti di
circa 4 metri» rivela la relazione del Conisma (Consorzio nazionale
interuniversitario per le scienze del
mare). Le analisi segnalano «una netta anomalia acustica» in corrispondenza di
una massa non ancora definita lunga circa «80 metri e larga non più di 50, non
associabile ai prevalenti processi sedimentari del fondale)».
Il 12 settembre 2009, grazie all’intervento
dell’assessore regionale all’Ambiente Silvestro Greco, biologo marino di
caratura internazionale i tecnici dell’Arpacal salgono a bordo della nave
Copernaut Franca, calano in mare il Rov della società Arena Sub e realizzano un
filmato subacqueo del relitto.
https://www.youtube.com/watch?v=Mch8-QEEaHg
Ecco cosa dice il lancio dell’Ansa del 12 settembre
2009, alle ore 20,33:
«La cercavano da giorni e alla fine l’hanno trovata.
E’ stato sufficiente calare a mare un robot per le riprese subacquee e quello
che era un sospetto è diventato una certezza: nel Tirreno, a 14 miglia dalla
cista di Cetraro, nel cosentino (…) c’è il relitto di una nave che non figura
su alcuna carta nautica. Di che nave di tratta dunque? La certezza ancora non
c’è, ma per il procuratore della repubblica di Paola, Bruno Giordano, è forte
il sospetto che possa essere una “nave a perdere”, di quelle che da più parti
si dice siano state affondate dalla ‘ndrangheta nei mari calabresi per smaltire
rifiuti tossici e radioattivi. L’ultimo in ordine di tempo a parlare di queste
navi è stato un collaboratore di giustizia, Francesco Fonti, che già alcuni
anni fa aveva raccontato ai magistrati di avere partecipato all’affondamento di
un mercantile, il Cunski, in cui erano stivati 120 fusti contenenti scorie
radioattive. Giordano ha deciso di vederci chiaro e ha avviato le ricerche, che
si sono rivelate lunghe e laboriose.
Decisivo, in tal senso, l’utilizzo di speciali sonar che dopo mesi hanno
individuato un’ombra compatibile con il relitto di una nave. Ma per avere la
certezza era necessario scendere sul fondo e fotografare l’oggetto (…) Il robot
ha rispedito in superficie le immagini di un mercantile lungo almeno 120 metri
con un profondo squarcio sulla prua dal quale si intravedono anche dei fusti.
Due contenitori sono visibili anche all’esterno della nave. Dai primi
accertamenti risulta che la stiva è piena, ma non si sa di quale materiale. Non
è stato possibile, invece, risalire al nome. O è stato cancellato prima dell’affondamento,
oppure è coperto dai sedimenti depositati nel corso degli anni. Impossibile,
quindi, al momento dire con certezza se quel relitto appartenga al Cunski, il
mercantile che il collaboratore ha detto di avere fatto affondare nel 1992. Di certo
c’è che il collaboratore aveva parlato di un’esplosione a prua che coincide con
lo squarcio notato dalle immagini del relitto. “Finora” è stato il commento del
procuratore Giordano “si sono solo fatte supposizioni, ipotesi, ma ora abbiamo
la conferma della presenza del mercantile. E’ un forte aggancio da cui partire”».
L’intervento dello Stato italiano giungerà solo dal 19 al 29 ottobre 2009 con la nave Mare Oceano, ma per depistare la verità. In barba alla trasparenza amministrativa e in violazione della Convenzione di Aarhus, ratificata dalla legge statale 108 del 2001, il ministero dell’Ambiente non permette che alle operazioni partecipino i tecnici della Regione Calabria; né tantomeno che salgano a bordo giornalisti indioendenti. E, in un lampo, la competenza passa dalla procura di Paola alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Alle 12,56 del 27 ottobre 2009 l’agenzia Adnkronos dirama
un comunicato ufficiale della Prestigiacomo, in cui il ministro commenta le
ricerche e annuncia a suo dire, lo scampato pericolo:
«Il
relitto al largo di Cetraro non corrisponde alle caratteristiche del Cunski. Questo
è quanto emerge dai primi rilevamenti della Mare Oceano, la nave inviata dal
ministero dell’Ambiente che sta svolgendo gli accertamenti sui fondali del
Tirreno. Infatti la morfologia del relitto risulta diversa da quella del
Cunski. In particolare è stato rilevato che il cassero della nave affondata si
trova nella zona centrale, mentre quello del Cunski era a poppa. Il Rov, il
robot sottomarino, ha svolto già le misurazioni e i rilievi fotografici del
relitto e le prime analisi ambientali, da cui è emerso che fino alla profondità
di 300 metri non si rilevano alterazioni della radioattività. Naturalmente
questi primi esiti delle ricerche non escludono la possibilità che i fusti
contenuti nel relitto possano contenere rifiuti pericolosi o radioattivi, e per
questo il programma di indagini della Mareb Oceano proseguirà con il prelievo
di sedimenti dai fondali, di carotaggi in profondità e con il prelievo di
campioni dai fusti. Tute queste operazioni continueranno in coordinamento con
la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e il reparto ambientale marino
della Guardia costiera a disposizione di questo ministero, al comando del
capitano di vascello Federico Crescenzi al quale rivolgo uno speciale plauso».
Alle 12,50 l’Adnkronos lancia la seconda parte della
nota ministeriale:
«L’accertamento
che il relitto in fondo al mare non sia il Cunski e il mancato rilevamento di
radioattività fino a 400 metri, che ribadisco, non esclude la possibilità che
si tratti in ogni caso di una nave dei veleni, deve indurre alla prudenza e
alla responsabilità quanti fino a ora hanno procurato, senza avere riscontro
attendibili, paura e allarme sociale, con gravissime ripercussioni economiche
per la Calabria. L’impegno del governo nella lotta alle ecomafie continua
affinché sia fatta piena luce sui misteri delle navi a perdere, venga appurata
la verità e ogni eventuale responsabilità».
Nello stesso giorno alle ore 13,12 i tecnici della
Geolab - società titolare della Mare Oceano - smentiscono clamorosamente
all’Agi il ministro Prestigiacomo:
«Abbiamo
fatto finora solo esplorazioni acustiche, ma il Rov non è ancora entrato in
acqua. Il Rov farà altre esplorazioni acustiche e poi quelle visive. Adesso non
ci sentiamo di dire con certezza che quella possa o non possa essere la nave
Cunski. Per noi è ancora troppo presto».
Anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso,
oggi presidente del Senato, lo stesso 27 ottobre 2009 in audizione dinanzi alla
Commissione parlamentare antimafia, prima ipotizza che il relitto di Cetraro
non sia quello del Cunski, come sostenuto dal ministro Prestigiacomo, e poi
fornisce notizie false, o quantomeno imprecise. E non a caso il presidente
della Commissione Beppe Pisanu ha secretato l’audizione del magistrato quando
la deputata Angela Napoli ha iniziato a porre domande sul ruolo dei servizi
segreti.
«Proprio stamane - spiega Grasso alla Commissione - mi
è stato comunicato che gli ultimi riscontri non danno certezza che si tratti di
quella nave. Si potrebbe trattare di un piroscafo, suggerisce poi, e tira fuori
il nome del Cagliari affondato nel 1943. Affermazioni depistanti quelle di
Grasso. Perché il Cagliari - come si evince dai documenti estratti
dall’Archivio storico della Marina Militare - è stato colato a picco nel 1941,
più a sud.
Dunque, al contempo Prestigiacomo parla del
piroscafo Catania, Grasso della nave mercantile Cagliari. Come è possibile
questa incredibile discrepanza tra i due rassicuratori nazionali? E così va in
onda l’operazione placida tranquillità. Il comunicato dell’Agi datato 29
ottobre 2009, delle 18,22 recita:
«Il
relitto affondato al largo di Cetraro, in Calabria, non è la nave dei veleni ma
il piroscafo Catania. Lo ha reso noto il ministro dell’Ambiente Stefania
Prestigiacomo. (…) La nave passeggeri Catania, ha spiegato Prestigiacomo, fu
costruita a Palermo nel 1906 e silurata nel corso della Prima guerra mondiale
da un sommergibile tedesco il 16 marzo 1917. Per il procuratore Grasso il caso
è chiuso, perchè le indagini hanno accertato che non ci sono elementi di
radioattività né di inquinamento nel raggio di tre chilometri intorno alla
nave. “Da quando è iniziata questa vicenda - ha detto Grasso - c’è stata una
vittima: la zona di Cetraro, e più in generale la Calabria perché i pescatori
hanno smesso di pescare e gli albergatori sono preoccupati per la prossima
stagione e tutta la popolazione non sa se potrà mangiare il pesce. Oggi arriva
finalmente una risposta precisa che respinge tutte le insinuazioni”. Grasso ha
parlato di una vicenda giornalistica “irresponsabile” perché “non sono stati
trovati riscontri agli allarmismi diffusi”».
Il ministero dell’Ambiente ha messo in rete sul sito
istituzionale spezzoni di riprese in bassa risoluzione dalla nave affondata a
Cetraro. Le autorità ripetono, ma guardandosi bene dal fornire riscontri
probanti, che il relitto di Cetraro è l’innocuo Catania.
Allora perché la Marina Militare in tre anni, da quando
nel 2006 la procura di Paola comunicò le coordinate del Cunski, non ha mai
detto che in quella zona ci poteva essere una nave affondata nel 1917? Di più: negli anni '50 la Marina Militare ha realizzato una mappa dettagliata dei relitti affondati tra la prima e la seconda guerra mondiale. E non a caso, la navi dei veleni - come in questo caso - sono state spesso inabissate in corrispondenza di questi relitti per confondere eventuali ricercatori. In altri termini, non è
stata fatta alcuna luce, perché le carrette dei veleni in quei fondali ci sono.
Infatti l’ammiraglio Bruno Branciforte ha riferito al Copasir che «le navi a
perdere nei mari calabresi sarebbero 55».
Il vice procuratore Giuseppe Borrelli in conferenza
stampa ha sostenuto che la stiva è vuota, ma senza portare uno straccio di
prova. Mentre il pilota del Rov utilizzato dalla regione, ossia Giuseppe Arena
ribadisce al settimanale L’Espresso (intervista del 6 novembre 2009) che è «piena»,
anzi piene, perché, a suo avviso, sono due. «Se vede il filmato - ribadisce
Arena all’intervistatore - c’è un attimo che con il Rov salgo nella stiva e c’è
un pesce di colore rosso, perchè quando lo illumini con i fari diventa rosso, e
quel pesce è posato sopra il carico della stiva. A lei dà l’impressione sia
vuota? E’ piena! E’ a livello di coperta della nave, quindi vuol dire che è
piena… di certo le stive erano piene».
Altre incongruenze (alla voce ministeriale "powerpoint "Operazione Cetraro"). Le caratteristiche e dimensioni
del Catania non sono compatibili con quelle del relitto trovato il 12 settembre
2009. Basta raffrontare le coordinate di affondamento. I dati ufficiali
attestano che la regione Calabria ha individuato una nave nel punto che ha per
latitudine 39°28’54’’ Nord e per longitudine 15°41’56’’ Est; mentre il
ministero dell’Ambiente indica l’affondamento del Catania più a nord, in
un’area con latitudine 39°32’ Nord e longitudine 15° 42’ Est. La distanza tra
queste due aree è di quasi 4 miglia, tale da escludere spostamenti dovuti alle
correnti. Inoltre, il relitto filmato dagli esperti della Regione il 12
settembre 2009 viene presentato lungo «tra i 110 e i 120 metri, con larghezza
di circa 20 e un’altezza di fiancata attorno ai 10». Invece le dimensioni
indicate dal ministero dell’Ambiente riferiscono di una lunghezza pari a 103
metri. Mentre sui siti specializzati - www.wrecksite.eu, www.uboat.net,
www.miramarshipindex.org.nz
- lo scafo si assottiglia: 95,8 metri, con 13 metri di larghezza e soli 5,5 di altezza».
Addirittura il 31 ottobre 2009 su un giornale locale
(Il Quotidiano della Calabria) il capo della procura di Catanzaro, Vincenzo
Lombardo la spara davvero grossa, sostenendo che le corde dell'imbarcazione sono state scambiate
per bidoni:
«Quello che poteva apparire nei primi accertamenti
un fusto sarebbero le cime che al momento dell’affondamento e con il passare
degli anni sono scese alla base dell’imbarcazione … senza un’approfondita
visualizzazione potevano essere scambiate per fusti». E ancora Lombardo: «Intorno
alla nave c’è una folta vegetazione - confermata - dalle immagini».
Incredibile, anzi inverosimile, perché qualsiasi studente
di biologia marina al primo anno sa che a quella profondità non può esserci assolutamente
vegetazione. Infatti, la mancanza di luce impedisce la vita di piante o alghe
marine.
Perché non è mai stata realizzata una perizia per
comparare i video subacquei della Regione Calabria e quelli della Mare Oceano?
Non a caso, un vero esperto di riprese subacquee, Francesco Sesso, il 23
novembre 2009 sul Quotidiano della Calabria, ha tagliato la testa al toro:
«Quello del governo è stato un goffo tentativo di
nascondere al verità». Infatti, secondo lui, i video dei due Rov hanno ripreso
navi differenti: «Ho visto e rivisto quei filmati, tra l’altro non proprio
sovrapponibili, e i dubbi mi sono rimasti … A Cetraro, invece, abbiamo a che fare con un relitto
affondato a 500 metri, dove la pressione è di 51 atmosfere, e cioè 51
chilogrammi per centimetro cubo. Ebbene, se era il Catania, di questo piroscafo
avremmo trovato ben poco, considerato che è stato affondato ben 90 anni fa.
Nelle immagini riprese dal Rov della Regione ci troviamo invece di fronte a una
nave integra, e quindi forse affondata più di recente. Anche gli oblò non hanno
subito danni… C’è una sequenza indicata come “perlustrazione della poppa”, ma
quella che si vede è la prua e non la poppa. Sono infatti ben visibili gli
occhielli di cubia e i verricelli».
Nave CATANIA |
Infine, l’armatore della Mare Oceano è tale Diego
Attanasio, che fa la sua apparizione nella trattativa di David Mills. Esatto,
l’avvocato che per 600 mila dollari ha fornito due false testimonianze pro
Berlusconi (tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian). Attanasio Diego
nel 2009 possiede il 10 per cento della Geolab S.r.l. e controlla la Diamar
S.r.l. (che a sua volta possiede il 70 per cento della Geolab) controllando personalmente
il 42,03 per cento delle quote e il 99,97 per cento della Mesa S.r.l. che
partecipa alla Diamar con il 51,2 per cento.
Dal 19 al 29 ottobre 2009 è
stata costruita una maldestra operazione a tavolino per tranquillizzare la gente, portata a termine infruttuosamente dalla Commissione Pecorella. Risulta, peraltro, come già segnalato all'opinione pubblica con apposita inchiesta giornalistica, che lo studio legale di Gaetano Pecorella (già difensore del piduista deviato Berlusconi Silvio, tessera numero 1816, condannato per falsa testimonianza della Corte d'Appello di Venezia del 1990, in ragione della sua appartenza alla P2 di Licio Gelli) di Milano abbia difeso nel 2010 a Ravenna "esportatori" israeliani di rifiuti radioattivi in Italia.
Perché l'esecutivo Berlusconi non ha fornito doverose delucidazioni alle numerose interrogazioni parlamentari? Ad esempio questa:
Per quale ragione e in base a quale
diritto, o meglio abuso di potere, ben 600 atti relativi alle cosiddette
"navi dei veleni" sono stati segretati dallo Stato italiano, in palese
violazione della Convenzione di Aarhus, ratificata dalla legge statale
numero 108 del 2001?
Perché l'esecutivo Berlusconi non ha fornito doverose delucidazioni alle numerose interrogazioni parlamentari? Ad esempio questa:
Che Dio abbia pietà di loro, poiché gli uomini e le donne di questo paese non potranno mai perdonarli e salvarli.
RispondiEliminama sì perdoniamoli ! perchè non sanno quello che fanno, sono ignoranti e parassiti e le due cose assieme sono peggio della rogna,
RispondiEliminaeliminiamo le uova.