5.10.18

GRAN SASSO: INQUINAMENTO E SEQUESTRO DELL'ISTITUTO DI FISICA NUCLEARE

Gan Sasso - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


di Gianni Lannes

Da bere per decenni acqua da laboratorio nucleare. Incidenti noti ed ignoti all’opinione pubblica a partire dal 2002, soprattutto all’ignara popolazione autoctona che ha ingoiato oro blu inquinato e contaminato. Ora, dopo ben cinque esposti documentati dei cittadini, è intervenuta la Procura della Repubblica di Teramo.

Una conferma giudiziaria. Ecco le motivate accuse all’Istituto di fisica nucleare: “Rischio contaminazione da composti chimici per acqua di 700mila cittadini” . Gli indagati, tra cui alcuni dirigenti dell'INFN, sono attualmente 10. Per l'INFN invece è tutto a posto, regolare. Forse l'inquinamento ed il cancro sono a norma di legge?
Il Gip ha disposto il sequestro di alcune aree dell'Istituto di fisica nucleare, in ragione dello “stato di generale abbandono, se non di degrado, di alcuni tratti delle gallerie dei laboratori" - dove - “viene raccolta la maggior parte delle portate poi destinate all’uso idropotabile”. Un acquedotto che disseta ben 700 mila ignari abruzzesi.
Gravi “rischi di contaminazione” delle falde acquifere, dovuti a una struttura, quella dei laboratori del Gran Sasso, “fragile”, in uno stato di “generale abbandono” e quindi “non in grado di garantire la collettività” poiché, sostengono i magistrati, non c’è stata “la necessaria separazione” tra le condotte destinate alle acque per consumo umano e quelle di ‘scarto’.
Rischi, pericoli e contaminazioni? A preoccupare il giudice per le indagini preliminari, che ha preso in considerazione le indagini giudiziarie del NOE Carabinieri, è soprattutto “lo stato di generale abbandono, se non di degrado, di alcuni tratti delle gallerie dei laboratori del Gran Sasso, come il nodo B”, dove “viene raccolta la maggior parte delle portate poi destinate all’uso idropotabile”. La grande struttura scientifica all’interno del massiccio del Gran Sasso, fiore all’occhiello della ricerca italiana, sarebbe, “sotto numerosi aspetti, fragile, non sufficientemente impermeabilizzata e non in grado di garantire la collettività dai gravi rischi di contaminazione delle falde acquifere”. Lo attesta il gip Roberto Veneziano, appunto nel suo decreto di sequestro: “Non riteniamo che ci sia stata la necessaria separazione tra le reti di condotte destinate alla raccolta e al convogliamento delle acque per un uso non idropotabile e quelle, molto più delicate e complesse, finalizzate al consumo umano”. E queste ultime avrebbero, in più, una “una scarsa resistenza alle azioni sismiche che purtroppo caratterizzano l’intera area del Gran Sasso, e sono quindi facilmente lesionabili” e “un funzionamento a ‘pelo libero’ per cui, nel caso di lesioni o di scarsa tenuta dei giunti (circostanza assai frequente in questo tipo di tubazioni) l’acqua può uscire o entrare dalle stesse”.
 

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