di Sandro
Provvisionato *
Un dato
ormai scontato e' che la storia d'Italia piu' recente, diciamo dal dopoguerra
ad oggi, e' piena di buchi neri. Molti sono i misteri a cui la Giustizia non ha
saputo dare risposte, ma che la Storia ha ben inquadrato ed analizzato. Altri
sono effettivamente dei grandi punti interrogativi.
Poi ci sono
i misteri troppo a lungo ignorati, vuoi per una cattiva circolazione
dell'informazione, vuoi perche' il fatto e i suoi protagonisti, ovvero le
vittime del misfatto, non avevano per l'opinione pubblica una rilevanza degna
di nota. Se cinque pescatori a bordo di un peschereccio finiscono in fondo al
mare il cinismo dell'informazione li relega nella cronaca locale e nelle pagine
interne della stampa nazionale.
Se poi, con
la complicita' di magistrati non proprio motivati, periti che vogliono evitare
grane e la strapotente forza di persuasione della Nato, il caso viene
archiviato come incidente, quel fatto diventa un non-mistero, e quelle vittime
vengono di nuovo uccise dall'indifferenza.
Di recente,
per iniziativa di una piccola casa editrice, La Meridiana, e' uscito un
bellissimo e documentatissimo libro intitolato Nato: colpito e affondato, scritto da un giornalista che questa volta davvero puo' essere definito
investigativo: Gianni Lannes. Il
libro ricostruisce, con pazienza certosina e la verve che guida i giornalisti
migliori, la tragedia insabbiata (letteralmente) del Francesco Padre, un motopeschereccio italiano di
Molfetta prima mitragliato e poi affondato con un missile nel mar Adriatico
orientale, al largo del Montenegro, il 4 novembre 1994 ad opera di unita'
navali che sotto l'egida della Nato gestivano lo scenario
marittimo della sporca guerra che portera' da li' a poco alla dissoluzione
della Jugoslavia.
Che quell'attacco selvaggio ad un'innocua imbarcazione da pesca sia stato generato dal solito eccesso di zelo guerriero da parte di una nave in pattugliamento nell'Adriatico, per garantire il mantenimento dell'embargo e a guardia delle coste, non lontano dalle quali era in corso uno scontro fratricida tra croati, bosniaci e serbi, e' fuor di dubbio. Che all'origine della tragedia ci si stata la fretta e comunque un grave errore di valutazione anche. Quello che lascia interdetti e' che attorno ad una vicenda come questa negli anni si sia alzato il solito muro di gomma stile strage di Ustica che in qualche modo, con tutte le debite proporzioni, ci riporta al mistero ancora fitto sugli effettivi esecutori della strage di Bologna, alle verita' negate per l'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, alla tragedia del Cermis, al disastro della Moby Prince, fino al sequestro dell'imam Abu Omar. Con in piu' la grave diffamazione che quei cinque innocui pescatori non fossero li' per procurarsi con la pesca di che vivere, ma che fossero trasportatori clandestini di esplosivo. Con un filo rosso che lega tutte queste vicende nere: il fatto che l'Italia sia stata e sia inesorabilmente ancora un paese a sovranita' limitata.
PIETRA TOMBALE
Gia'
perche', nel silenzio dei media, con un decreto pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 6 luglio 2009, il governo in carica ha di fatto messo, sulla
scomparsa del Francesco Padre e su vicende simili che vedono
compromesse le forze armate della Nato o di Paesi amici, il segreto di Stato.
Dopo che i governi che l'hanno preceduto hanno sempre ostacolato la ricerca
della verita' su questa specifica vicenda.
Il contenuto
del decreto del 6 luglio 2009 e' quanto mai interessante. In parole povere
stabilisce che nulla possa essere rivelato in merito alle attivita' che coinvolgano
la Nato o Paesi aderenti alla Nato. Come dire che i militari della Nato, se
commettono reati nell'esercizio delle loro funzioni, non sono ne' indagabili,
ne' processabili. Una sorta di rivoluzione nell'opposizione del segreto di
stato che, se finora era opponibile su fatti specifici concernenti la sicurezza
nazionale, ora diventa automatico, al di la' dei fatti specifici, per
determinate categorie di persone: i militari.
Oggi una
pietra tombale e' stata messa definitivamente sulle cinque vittime di un
tragico errore, sempre negato con ostinazione degna di miglior causa.
Il libro
cerca di penetrare, nell'immediatezza dell'accaduto, ora dopo ora, la coltre di
spessa nebbia che nasconde cio' che e' successo: perche' un peschereccio possa
essere esploso all'improvviso. Fin da subito cio' che ancora sorprende e' la
capacita' di mentire, senza sbavature, di un'intera catena di comando militare.
MARE NERO
Come il Dc9
di Ustica non volava in un cielo deserto, cosi' il Francesco Padre non navigava in acque solitarie. Il
motopeschereccio pugliese era finito dentro un triangolo di mare dove era in
corso un'esercitazione militare dell'Alleanza Atlantica non denunciata da alcun
bollettino. Qualcosa di assolutamente segreto.
Il primo ad
avvistare la esplosione del Francesco
Padre fu un aereo americano. La prima nave
ad arrivare in pochi istanti nell'area dell'esplosione fu una fregata spagnola.
Quel tratto di acqua pullulava di imbarcazioni superprotette da radar. Eppure
nessuno vide quello che era successo al motopeschereccio. Nessuna unita'
navale. Neppure italiana. Perfino il sommergibile olandese Walrus ed il sottomarino iberico Tramontana non videro
nulla, pur essendo entrambi specializzati nella guerra elettronica e benche'
fossero operativi nella zona del disastro. E i resti recuperati vennero
immediatamente distrutti. Proprio come si cerco' di fare - ma senza riuscirci -
nella tragedia di Ustica con il Mig 23 precipitato sulla Sila.
C'e' poi il
capitolo piu' spinoso. Quello del comportamento della magistratura di Trani
che, a differenza di quella romana su Ustica, ha preferito chiudere in quattro
e quattro otto l'inchiesta. Del comportamento di quei magistrati, procuratore e
sostituto, Lannes fa un'analisi molto attenta per giungere a conclusioni degne
di un intervento, anche a distanza di anni, del Consiglio superiore della
magistratura. Con una domanda forse ingenua: possibile che esistano magistrati
tanto tremebondi e cosi' coercibili?
L'aspetto
del libro che piu' mi ha allarmato e' l'elenco spietato che Lannes fa degli
altri incidenti ad opera di unita' navali militari
avvenuti nel corso degli anni in quel piccolo mare che e' l'Adriatico.
11 luglio
1993, nelle reti calate del Francesco
Padre, impegnato in una battuta di pesca,
si impiglia un sommergibile della marina statunitense, l'Uss Belknapp. Il giorno dopo il comandante del
peschereccio, Giovanni Pansini, che 16 mesi dopo restera' ucciso nella
tragedia, denuncia l'accaduto ma viene subito indagato dalla procura di Trani.
Poco piu' di un mese dopo gli americani lo indennizzano con un assegno di 9.554
dollari chiedendo in cambio il silenzio piu' assoluto.
30 novembre
1994, appena diciannove giorni dopo l'annientamento del Francesco Padre, un altro peschereccio molfettese,
il Modesto Senior, viene fatto segno da raffiche di
mitragliatrice sparate da un elicottero francese della Nato.
Meno di un
anno piu' tardi, a fine settembre 1995, al largo delle coste del Montenegro, un
peschereccio molfettese, il Sirio, viene travolto da un sommergibile
dell'Us Navy che si incaglia nelle sue reti. La tragedia, solo sfiorata,
avviene sotto gli occhi dei marinai di altri cinque pescherecci che si trovano
in zona.
Tragedia
dolorosa invece nemmeno quattro anni prima, il 12 dicembre del 1991, quando in
pieno giorno si inabissa senza alcun motivo apparente al largo di Gallipoli il San Cosimo II, trascinando con se' tre uomini.
Un'inchiesta dimostrera' che il fasciame del peschereccio era intatto e quindi
non ci fu alcun cedimento strutturale.
Ma veniamo
ad anni piu' vicini. 22 giugno 2001, ore 14.03. Il peschereccio San Pietro di Monopoli viene agganciatoda un sommergibile americano a
propulsione nucleare, il piu' piccolo della flotta Usa, ad appena 11 miglia
dalla costa di Brindisi.
Vogliamo
ricordare le vittime innocenti del mitragliamento e del siluramento del Francesco Padre. Sono: Giovanni Pansini, comandante,
45 anni; Luigi De Giglio, 56; Saverio Gadalta, 42; Francesco Zaza, 31; Mario De
Nicolo. 28. A bordo c'era anche un cane lupo. Si chiamava Leone.
*fonte: La Voce delle Voci 4 marzo 2010
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