5.12.22

  TERRA E DESERTIFICAZIONE!

 Pieter Bruegel, “I ciechi” (1568 - Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte). Dal
quadro emana la rassegnazione di un'umanità che ciecamente procede verso
un’abisso...

di Gianni Lannes

Il primo segno evidente anche ai ciechi, è l'inaridimento del suolo, principale nodo dell'equilibrio ecologico. Secondo le Nazioni Unite, oltre il 25 per cento delle terre coltivate di Gaia e ben il 70 per cento delle terre aride coltivabili è colpito dalla desertificazione. Ogni anno circa 10-12 milioni di ettari di terra vengono investiti da processi di degrado della loro fertilità. Il fenomeno investe non solo l'Africa e l'Australia, ma anche gli Stati Uniti d'America e l'Europa mediterranea (in particolare: Portogallo, Spagna, Italia e Grecia). I processi di erosione dei suoli sono accentatuati dalla deforestazione galoppante, dall'uso intensivo di prodotti chimici in agricoltura, dalle monocolture, dall'industrializzazione e dall'inquinamento bellico che piove massicciamente dal cielo.

Italia (3 dicembre 2022): "Aerosolchemioterapia bellica" - foto Gilan


In Italia lo stato di salute dei suoli è decisamente precario, ma la massa della popolazione ignora il pericoloso fenomeno. Infatti, oltre il 21 per cento è ritenuto ufficialmente a rischio desertificazione (Atlante nazionale delle aree a rischio desertificazione. Istituto Nazionale di economia Agraria, Roma, 2007, pp. VI, 97). E i dati disponibili per l'ultimo decennio del secolo scorso «evidenziano - secondo l'Ispra (Annuario dei dati ambientali 2016) - una tendenza evolutiva dei suoli verso condizioni di maggiore vulnerabilità ambientale». Attesta ancora l'Ispra, «circa l'80 per cento dei suoli italiani ha un tenore di CO (carbonio organico, ndr) minore del 2%», ossia basso. 

Più di tre lustri fa l'Apat (Agenzia per la protezione dell'Ambiente) sintetizzava così lo stato di salute dei suoli dell'Italia (Annuario dei dati ambientali 2005-2006, 2006) :  

«Buona parte dei suoli italiani presenta preoccupanti problemi di degradazione a causa di una gestione territoun grado medio-alto di sensibilità alla desertificazioneriale poco attenta nell'adottarei principali criteri di conservazione del suolo. Il processo di modernizzazione dell'agricoltura, pur fondamentale dal pubto di vista produttivo, e una pianificazione urbanistica generalmente poco propensa alla valutazione dlele probematiche dei suoli, hanno condotto, in diversi casi, all'innesco di fenomeni degradativi anche molto spinti»

Nel Belpaese le regioni meridionali e insulari sono quelle dove i processi di desertificazone si manifestano con intensità e ampiezza di gran lunga maggiori che nel resto del territorio nazionale, benchè condizioni di preoccupante degrado connotino anche i suoli di vaste aree d'Italia centro-settentrionale. Per esempio: in Abruzzo, Campania e Calabria, così come nelle Marche, in Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna, tra il 30 e il 50 per cento dei suoli è a rischio desertificazione. Tale soglia sale al 55 per cento in basilicata, al 57 per cneto in Puglia e al 58 per cento in Molise, per toccare il livello massimo in Sicilia, dove addirittura il 70 per cento della superficie è contrassegnato da «un grado medio-alto di sensibilità alla desertificazione» (Annuario dei dati ambientali 2016).

E lo Stato italiano o l'Unione europea che fanno in concreto? Nulla, ma in compenso alimentano ogni calamità, con politiche suicidarie e sperpero di denaro pubblico. Eppure, dalla salute della terra dipende la vita e il futuro dell'umanità.


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