20.1.20

RECLUSORI DI ANNIENTAMENTO IN ITALIA!

  foto Gianni Lannes ©   

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di Gianni Lannes


Ecco la giornata tricolore della memoria corta. Ieri, oggi e forse domani. Fascismo buono? Italiani brava gente? Nei manuali scolastici di storia i reclusori nazionali di sterminio - dalla prigione sabauda di Fenestrelle in Piemonte divenuta un cimitero per i soldati borbonici (cosiddetti "irriducibili") dopo l'annessione del Mezzogiorno d'Italia, spacciata addirittura per “Unità” del Regno d'Italia, fino ai 40 campi di annientamento voluti da Mussolini ed istituiti dai Savoia - non sono affatto menzionati. Rare persone e scarsi studiosi sanno che anche nel belpaese, dal 1940 al 1943, vennero aperti numerosi campi di prigionia, senza contare  i lager tricolore nelle colonie di Jugoslavia, Libia, Somalia, Eritrea. Anzi, il senso comune, anche di chi all’epoca era già nato, ignora queste pagine buie della nostra storia contemporanea.


 


Perché non si veda il male solo nei tedeschi e nei nazisti, ma si ricordi che i campi di concentramento imposti da Benito Mussolini (come attestano interi archivi di documenti ufficiali, nonché il Regio decreto legge 17 settembre 1940, numero 1374) c'erano anche in Italia, ed erano sparsi ovunque, dalla Toscana alla Sicilia: Salsomaggiore, Bagno a Ripoli, Civitella Chiana, Petriolo, Montechiarugolo, Campagna, Urbisaglia, Tolentino, Lanciano, Pollenza, Ferramonti di Tarsia, Nereto, Lama dei Peligni, Agnone, Isola Gran Sasso, Solofra, Isernia, Notaresco, Casacalenda, Casoli, Tortoreto, Civitella del Tronto, Tostice, Vinchiaturo, Boiano, Ustica, Ventotene, Lipari, Ariano Irpino, Histonium (Vasto), Montalbano, Tollo e Ponza, Alberobello, Gioia del Colle, Isole Tremiti e Manfredonia. In quelle prigioni furono internati dissidenti politici, zingari, omosessuali ed ebrei. A Manfredonia in Puglia, ubicato nel macello comunale, finì come altre persone di religione ebraica, Schwarzwald Norbert, studente ventenne di origine austriaca. Secondo il Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), un gruppo di ebrei internati a Manfredonia finì poi deportato nei lager tedeschi: Nussbaum Ernest Ludwig, Sommerfeld Leo, Rector Arthur, Kerbes Lemel, Gluecksmann Eugen, Aussenberg Chaskel. 
 


 
La mia ricerca è nata per caso, dopo aver casualmente rinvenuto un fascicolo sul campo di concentramento di Manfredonia, presente nel fondo “Commissariato della P.S. di Manfredonia” all’Archivio di Stato a Foggia. Ho raccolto diversi documenti: dagli atti che servirono ad allestire questa prigione invisibile ai comuni mortali, fino agli elenchi ed alle schede degli internati, compresi numerosi ebrei, in seguito finiti nei lager nazisti di sterminio, nonché dissidenti politici come Sandro Pertini in transito verso il confino delle Isole Tremiti. Altri riscontri li ho rinvenuti a Roma, presso l’Archivio Centrale dello Stato. Il campo di concentramento a Manfredonia iniziò a funzionare a pieno regime il 16 giugno del 1940. Fu chiuso nell'ottobre del 1943 dopo l’arrivo delle truppe anglo-americane. E così tornò ad essere il macello comunale della città. Attualmente risulta dismesso da qualche decennio: sulla strada statale, entrando a Manfredonia da Foggia, ci si imbatte in una targa celebrativa. 
 


Nel 1940 il mattatoio municipale era nuovo di zecca e piuttosto grande per l'eliminazione cruenta degli animali. Al fine di adeguarlo a campo di concentramento per umani, furono effettuati dei lavori finanziati direttamente dal regime mussoliniano, attraverso il ministero dell’Interno. Nella piantina topografica del campo, figura la dicitura: «forno crematorio», in realtà mai utilizzato, che contrassegna uno dei vani di questa prigione all'epoca ubicata fuori dalla città. Il reclusorio di Manfredonia dove furono detenute 519 persone, fu, più che altro, un campo di internamento e trasferimento verso i mattatoi teutonici di sterminio e le prigioni fasciste. Dai documenti ufficiali, si evince addirittura una visita del nunzio apostolico di Napoli che si recò in loco per benedire l’opera ed i prigionieri. Le guardie erano costituite da due gruppi composti da poliziotti e carabinieri, comandati dal commissario di polizia Celentano.

Il primo luglio del 1940 giunsero nel campo di Manfredonia 31 ebrei tedeschi ma, per la maggior parte, furono trasferiti quasi subito, il 18 settembre, nel campo di Tossiccia, vicino Teramo. A Manfredonia restarono soltanto cinque ebrei fino al febbraio del 1942, quando furono sballottati a Campagna, in provincia di Salerno. Oltre agli ebrei, ai comunisti, ai socialisti, ai sovversivi in genere e agli anarchici, di varia estrazione sociale e provenienti dalle regioni del centro Nord (in particolare dalla Toscana), gli internati più numerosi del campo di Manfredonia furono i cosiddetti “ex iugoslavi”, provenienti dall’Istria e da Fiume. Questi slavofili, prelevati dai luoghi di origine, furono tenuti congelati qui, a Manfredonia, per evitare che commettessero attentati. Oppure che sobillassero la popolazione contro lo Stato italiano. Gli slavi nutrivano forti sentimenti anti-italiani, essendo stati i loro territori annessi all’Italia. In un lampo fu detenuto in loco anche Sandro Pertini (uno dei capi socialisti della Resistenza), famoso anche per sei evasioni, prima di essere confinato nella prigione di Tremiti. Il 9 settembre del 1943 i militari tedeschi spararono all'impazzata sulla popolazione, uccidendo Pasquale Greco, un bambino di 4 anni. Occuparono il campo di concentramento ed il 25 settembre fecero saltare in aria il castello federiciano.
 




L’incipit di questo fenomeno storico parte prima dell’entrata in guerra del 10 giugno 1940. Infatti, la dittatura fascista predispose ed emanò dei provvedimenti per imprigionare, in appositi “campi del duce” tutti gli individui ostili al regime. Mussolini, infatti, aveva anticipato questa decisione nel famoso discorso di Trieste, poco prima della promulgazione delle leggi razziali.
 
 

Sempre nello Stivale sono poco note le vicende dei bambini italiani finiti nei campi di sterminio nazisti. Furono 900 i bambini ebrei, al di sotto dei 14 anni deportati dall'Italia. Ne sopravvissero soltanto 25. Liliana Segre è una di loro. Non sono anonimi: ognuno ha la sua storia: furono italiani a consegnargli e a denunciarli. Già allora li insultavano perché ebrei, quindi per definizione estesa, “non italiani”. C'erano come sempre, anche allora, delatori e indifferenti, ma anche chi li protesse, chi li nascose e chi li salvò da sofferenze indicibili e morte certa, rischiando la propria vita e l'incolumità della famiglia. Il momento culminante della tragedia era la separazione dai genitori: si consumava sulle banchine dei treni, specie all'arrivo nel campo di sterminio.
 

Manfredonia (loc. feudo della paglia) - inceneritore Marcegaglia (Eta)




Ai giorni nostri, in continuità con l’ignoto passato, nel medesimo territorio ovvero l’agro di Manfredonia, è sorto il campo di detenzione per migranti di Borgo Mezzanone, su iniziativa dei governi italiani civili e democratici. Si tratta di un centro di permanenza temporanea destinato a clandestini definiti “extracomunitari”, reclusi per anni, senza avere alcuna colpa se non quella, se così si può affermare, di essere dei migranti in fuga dalla guerra, dalla fame e dall’ingiustizia. Insomma, una sorta di continuità degenerativa di violazione dei diritti umani, civili e sociali.
 
 foto Gianni Lannes ©   


Oggi mentre nella campagne del Tavoliere gli immigrati sono schiavizzati peggio delle bestie dagli aguzzini nostrani di viandanti, proprio lì accanto, la società ETA dei Marcegaglia ha realizzato con un finanziamento pubblico di ben 15 milioni di euro, grazie ad un accordo di programma tra Comune di Manfredonia e regione Puglia, un mastodontico inceneritore di rifiuti, ovvero una fabbrica del cancro per l'ignara popolazione della Capitanata. Insomma, una camera a gas a cielo aperto. Vuoi mettere il progresso tecnologico?
 
  

 Migrante afghano -  foto Gianni Lannes ©  



«Nessuno sapeva di aver vinto un concorso per fare il guardiano di un lager. Facciamo i guardiani di povera gente» ha rivelato tempo fa Michele Pellegrino, ispettore della Polizia di Stato. Il Centro di permanenza temporanea di Borgo Mezzanone - ubicato dentro un aeroporto dismesso della seconda guerra mondiale - nel territorio di Manfredonia. È stato bocciato nel 2006 dall’Unione Europea.
 

 foto Gianni Lannes ©   

 
È un argomento “caldo”, quello dell’immigrazione, in provincia di Foggia, dove le condizioni di vita degli stranieri sfruttati a più non posso dalle agromafie nei lavori agricoli risultano al limite della schiavitù. Nel 2008 l’Europa non ha promosso i Cpt: «cibo scadente, gabbie e sbarre opprimenti, mancanza d’igiene, carenza d’assistenza medica e legale». La fotografia, scattata a fine dicembre 2007 dalla Commissione per le libertà civili e la giustizia dell’Europarlamento, è una ferma condanna di tutti i centri di permanenza temporanea per immigrati in Italia. Indice puntato anche contro il Cpt di Borgo Mezzanone a Foggia. Le principali problematiche sollevate dagli stranieri, perlopiù afghani ed iracheni, sono le condizioni di caldo estremo nei container, perennemente esposti al sole, la mancanza di telefoni (7 per 500 persone) e l’assenza d’informazioni rispetto alla durata della permanenza nel centro. I cpt, introdotti dalla legge Turco-Napolitano e potenziati dalla Bossi-Fini, hanno specifico scopo di trattenere gli immigrati irregolari in attesa d’espulsione. Ma, evidentemente, l’organizzazione fa acqua da tutte le parti. Oggi questi reclusori hanno cambiato soltanto il nome ma sono tuttora attivi e funzionanti, come questa prigione nella zona di Manfredonia, a nord della Puglia. 
 
  foto Gianni Lannes ©  
 
 
 
I CPT dall’acronimo apparentemente innocuo, trasformato in CIE (centri identificazione espulsione) nascondono ai nostri occhi gli indesiderabili della modernità opulenta che vive di sfruttamento di territori altrui. Provate a domandare quanti sanno che esistono a margine o dentro le nostre splendide città dei lager dove si rinchiudono esseri umani solo perché hanno impresso a fuoco sul viso il marchio sofferente del migrante. Esseri viventi detenuti senza aver commesso alcun tipo di reato. Donne e uomini segregati per mesi e mesi, spesso per qualche anno, senza alcuna ragione etica. In fondo la nostra democrazia consumista convive, o meglio, ha introiettato l’eredità totalitaria nazifascista.

I nazisti chiamavano distretto abitativo (wohnungsbezirk) i ghetti in cui insaccare le vite da distruggere. Oggi si condannano senza alcun grado giudiziario degli esseri umani a scontare pena in un recinto di appestati. È la nostra storia delle colonne infami e un giorno dei figli chiederanno certo conto ai padri di quello che hanno lasciato fare, permesso, incoraggiato col silenzio e l'omertà diffusa nelle articolazioni dello Stato, nelle istituzioni e nella società. Un giorno verrà una generazione che condannerà i persecutori di oppressi ed esalterà i pochi nomi di italiani da salvare nella memoria collettiva. Leggere per sapere, conoscere per ricordare e mai dimenticare per cambiare l'ordine totalitario delle cose.

 




Un gruppo di deportati dal campo di concentramento a Manfredonia e sterminati in Germania di cui si ha traccia ufficiale nell’archivio di Stato di Foggia:


Pressburger Alfred di Leopold (deportato ad Auschwitz, deceduto in luogo ignoto dopo il 14 aprile 1944)
Rector Arthur fu Simon (ucciso ad Auschwitz il 6 agosto 1944)
Scharf Iakob di Jonas
Winkler Ugo Israele di Iulius
Zeilinger Leopold fu Gustavo
Morgestern Hans di Mauritz
Moser Louis fu Heinric
Kollmann Carl di Sigfrid
Kerbes Lemel fu Wilhelm (ucciso ad Auschwitz il 23 maggio 1944)
Hutzler Ludwig fu Leopold
Gluecksmann Eugen fu Antonio (deportato ad Auschwitz, deceduto in luogo ignoto dopo il 18 gennaio 1945)
Heinz Paul di Leopold
Leer Oskar di Franz
Mandel David fu Leiser
Mausner Iakob fu Leiser
Josesfsberg Iakob fu Zaibel
Kollmann Hans di Sigfrid
Schwarz Iulius fu Samuel
Tsch Oskar fu Albert
Aussenberg Chaskel fu Kaim (ucciso ad Auschwitz il 23 maggio 1944)
Lueksmann Ferdinand fu Filippo
Zilberstein Markta fu Habraham
Sommerfeld Leo fu Max (deportato ad Auschwitz, deceduto in luogo ignoto in data ignota)
Koldegg Erwin fu Max
Samek Arthur di Adolfo
Halperin Benjamin di Giuseppe
Lawetzky Franz di Adolfo
Nussbaum Ernest Ludwig di Josef (ucciso ad Auschwitz il 23 maggio 1944)
Roth Leon di Wolf
Schwarzwald Norbert di Isacco
Wollner Sieghard di Max