19.9.19

NUCLEARE IN ITALIA: GOVERNO LATITANTE!



di Gianni Lannes

Tante persone si ammalano e muoiono improvvisamente a causa del cancro mentre i mass media (industria dell'intrattenimento) rilanciano banalità. Nel frattempo, i politicanti italidioti stravaccati nei salotti televisivi perennemente, se la spassano infischiandosene della salute pubblica. Non a caso, ben 18 atti parlamentari relativi all'inquinamento nucleare e al rischio radioattivo nel belpaese, non hanno ancora trovato risposta nel corso della diciottesima legislatura in corso. Conte 1 e Conte 2 non rispondono, alla stregua del ministro Di Maio (prima allo sviluppo economico) ora nell'esecutivo addirittura con il piddì tanto vituperato, grazie alla benedizione di Renzi&Grillo. Senza contare lo spreco di denaro pubblico della Sogin (società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze che opera in base agli indirizzi governativi) attraverso gli oneri nucleari caricati sulla bolletta elettrica.

Nel marzo 2018, il Ministro pro tempore dello sviluppo economico, Carlo Calenda, annunciò come imminente la pubblicazione della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito in cui far confluire le scorie nucleari ed i rifiuti radioattivi; la carta sarebbe stata consegnata nel 2015 al Governo da Sogin, la società che si sta occupando del decommissioning, ossia dello smantellamento degli impianti nucleari presenti sul territorio nazionale. Dopo diversi annunci del Governo, l'elenco delle aree potenzialmente idonee ad ospitare i veleni radioattivi resta chiuso in un cassetto, cementato da un segreto fuorilegge. Silenzio tombale anche sulla centrale nucleare militare in Toscana e sulle scorie statali occultate nella miniera di Pasquasia in Sicilia.

Nel frattempo c'è chi ha ipotizzato lo stoccaggio unico anche fra la Puglia e la Basilicata, Proprio in Lucania i timori legati alla presenza di barre radioattive continuano a preoccupare gli autoctoni, in considerazione anche di quanto accaduto nella primavera 2018 quando, proprio all'Itrec di Rotondella, l'Autorità giudiziaria ha disposto il sequestro di tre vasche di raccolta delle acque di falda e di una condotta di scarico in un'inchiesta su una presunta contaminazione degli scarichi liquidi sversati in mare. Dall'indagine è emersa la presenza di sostanze cancerogene (cromo esavalente e tricloroetilene) in una falda acquifera che attraversa l'area dell'impianto e mediante una condotta finisce nello Jonio. I due agenti cancerogeni, in base alla ricostruzione degli investigatori, sarebbero stati utilizzati per il "riprocessamento" delle barre di uranio, custodite all'interno dell'impianto; occorre inoltre ricordare che la presenza di radioattività è stata rilevata anche all'interno dell'area industriale di Tito Scalo, alle porte di Potenza. Le vasche dell'ex Liquichimica di Tito, contenenti fosfogessi, hanno sprigionato radio 226 in misura quattro volte superiore ai limiti consentiti. A confermarlo le indagini radiometriche effettuate da Arpab. Ciò accadeva nel 2013. Nel giugno 2018 è stato affidato il servizio di caratterizzazione dell'intera area, inserita tra i siti nazionali in attesa di bonifica nel 2002; la strada è ancora molto lunga, sia da un punto di vista operativo (pare che l'Isin sia sotto organico), sia da un punto di vista normativo (l'Italia rischia di essere deferita alla Corte di giustizia dell'Unione europea per ritardi nell'adeguamento alle disposizioni Euratom in fatto di "norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni" della popolazione e dei lavoratori), sia sul fronte della trasparenza.

Quanto alla Sogin, come ha attestato l'interrogazione parlamentare a risposta scritta numero 4/00267 ( datata 5 giugno 2018):

 "... ad oggi i lavori più importanti non sono neppure iniziati: dei 3,7 miliardi, solo 0,7 sono stati impiegati per lo smantellamento e ben 1,8 per la mera gestione degli impianti e della società;   il piano industriale del 2013 prevedeva la fine dei lavori per il 2025, mentre il piano industriale elaborato dall'attuale Amministratore delegato a novembre 2017, rinvia la fine dei lavori al 2036: 11 anni di ritardo accumulati in soli 4 anni indicano una gestione fuori controllo; inoltre, la stima dei costi totali lievita a 7,3 miliardi di euro, ovvero il doppio della stima originaria;   visto il trend delle revisioni dei costi e dei rinvii, cifre e tempi indicati appaiono destinati a ulteriori sicuri incrementi;   negli ultimi 2 anni i lavori hanno subito un ulteriore rallentamento: ne sono stati effettivamente eseguiti circa il 30 per cento di quelli originariamente programmati, per un valore pari a circa il 2 per cento all'anno del costo totale oggi stimato per il decommissioning...".

Tra i compiti del carrrozzone Sogin c'è anche quello di garantire la sicurezza degli impianti e delle strutture, la salute dei lavoratori e della popolazione, la salvaguardia dell'ambiente. Per questo il sistema regolatorio riconosce a carico dei consumatori elettrici dei costi obbligatori. Infatti, secondo la delibera Autorità di regolazione per energia reti e ambiente 606-2018, per l'anno 2018 sono pari a 66,5 milioni di euro, 7,5 milioni in più del 2017. Il piano a vita intera presentato dall'attuale amministratore delegato a novembre 2017, rinvia al 2036 la fine del decommissioning, ritardandolo sino a 13 anni nei diversi siti, rispetto alle previsioni del 2013, e aumenta la stima dei costi complessivi di circa 800 milioni di euro, portandola a 7,25 miliardi, tutti prelevati dalla bolletta elettrica. Di questi 800 milioni di aumento 200 sono dovuti proprio a maggiori costi di mantenimento in sicurezza. Dal 2001 al 2018 Sogin è costata ai consumatori elettrici 4 miliardi di euro, di cui 2 miliardi per il funzionamento della società e per il mantenimento in sicurezza, e solo 780 milioni per il condizionamento dei rifiuti pregressi e per lo smantellamento. Per il sito Bosco Marengo (AL), dove aveva sede la «Fabbricazioni Nucleari», la conclusione dei lavori di smantellamento delle strutture, sino al raggiungimento del «brown field», è ancora rinviata. Nel 2008 era prevista per il 2009, nel 2010 per il 2012, nel 2013 per fine 2013, nel 2014 per il 2016. L'amministratore delegato a novembre 2016 dichiarò in Senato che i lavori sarebbero stati conclusi «al più entro il primo semestre 2017»; poi il 20 dicembre 2018 ha dichiarato sempre in Senato che il brown field sarebbe avvenuto a fine 2018. Ad oggi i lavori ancora continuano: questo dimostra il totale stallo gestionale di Sogin. Ad agosto 2014 nel corso di lavori nel sito è stata rinvenuta una quantità imprecisata di materiale industriale di scarto abusivamente interrato, come riporta l'attento sito web del Movimento Medicina Democratica di Alessandria. Dalla documentazione presentata da Sogin al tavolo della trasparenza, 26 novembre 2014, si evince che Sogin ha effettuato una campagna di indagini geofisiche accertando l'effettiva presenza diffusa di materiali interrati nel sottosuolo. Dopo alcuni accertamenti preliminari, nel 2015 Sogin ha comunicato la non rilevanza radiologica e chimica dei materiali rinvenuti, mentre per altri approfondimenti c'è stato un rinvio. Addirittura, dopo quattro anni non è ancora ufficialmente noto il livello di pericolo radiologico e chimico dell'area e delle aree confinanti, utilizzate, in buona parte, per scopi agroalimentari. Sulla vicenda la procura di Alessandria ha aperto un'inchiesta che non risulta ancora conclusa.

Riferimenti:

Interrogazioni parlamentari nell'attesa vana di risposta (XVIII legislatura):

4(00267 (5/6/2018), 4/00266 (5/6/2018), 4/01633 (14/5/2018), 4/00742 (18/7/2018), 4/00228 (19/6/2018), 4/01950 (9/1/2019), 4/00421 (7/6/2018), 4/02347 (25/2/2019), 4/01996 (16/1/2019), 4/01674 (15/5/2019), 4/02278 (15/2/2019), 4/01954 (16/7/2019), 4/02799 (30/4/2019), 4/02800 (30/4/2019), 4/01394 (7/3/2019), 3/00013 (11/5/2018), 3/00637 (22/3/2019).

Gianni Lannes, ITALIA USA E GETTA, Arianna editrice, Bologna, 2014. 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=NUCLEARE 

http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2014/04/basilicata-lazio-sardegna-sicilia.html