di Gianni Lannes
Tra i nostri maggiori fornitori di cibo svetta la Francia con il 25,7 per cento del totale (tra i paesi comunitari seguono la Germania con il 20 per cento, l'Olanda con il 10,7 per cento e la Spagna con il 9,3 per cento). I controlli a campione nel belpaese tricolore, però, sfiorano a malapena l’1 per cento. Dalle patate alle ostriche, dalla carne d’allevamento all’acqua in bottiglia, dalle castagne ai marroni, ma non solo. Dunque, estrema attenzione, anzi boicottaggio, perché gran parte della Francia è contaminata dalle attività fuori controllo di ben 58 centrali nucleari. Ecco, di seguito, alcune prove scientifiche inequivocabili.
Greenpeace già il 23 maggio 2006 aveva reso noto un rapporto del laboratorio Acro che documenta la contaminazione radioattiva delle falde acquifere in Normandia. L'acqua radioattiva viene impiegata in agricoltura e per l'allevamento delle mucche da latte. I contaminanti arrivano alle falde dal deposito di rifiuti radioattivi di La Hague. Il livello medio di radioattività riscontrato è di 750 Bequerels per litro, mentre la normativa europea prevede un limite di soli 100 Bequerels per litro. L'acqua è fortemente contaminata da trizio, un indicatore di futura contaminazione da altri radionuclidi pericolosi per l'uomo, come lo stronzio, il cesio e il plutonio. Gli impianti di La Hague sono insieme a quelli di Sellafield, lungo la costa occidentale dell'Inghilterra, i più importanti impianti di riprocessamento di scorie radioattive in Europa.
La maggior parte dei rifiuti stoccati a La Hague
proviene dalle 58 centrali nucleari francesi. Più di trent'anni fa i francesi
erano stati rassicurati sul fatto che, per la geologia e l'idrogeologia del
sito di La Hague, non c'era da temere alcuna contaminazione. In realtà i
livelli di radioattività raggiunti sono migliaia di volte superiori a quelli
naturali. Ancora il 6 luglio 2013, il quotidiano Le Parisien titola: «Radioattività
record a La Hague».
Ma non è tutto. Ecco il peggio, documentato a
livello ufficiale. “Francia, scorie radioattive nei depositi e nell’oceano per
milioni di metri cubi”. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Andra, l’agenzia di
Parigi che gestisce questo tipo di rifiuti, destinati a raddoppiare entro il
2030. Ne sono stati scaricati oltre 14mila tonnellate sui fondali marini dell’Atlantico,
incluso il Mediterraneo.
Alla fine del 2010 (sono i dati più recenti), i
depositi per questi materiali contenevano già 1,3 milioni di metri cubi
di scorie radioattive, ed è un quantitativo destinato a raddoppiare fino al
2030.
«In Francia la produzione di scorie radioattive
corrisponde a due chili all’anno e per abitante», è scritto nel rapporto
dell’Andra. Quel milione e 300mila metri cubi di spazzatura nucleare ha diverse
provenienze. Il grosso (59%) è il prodotto dei reattori nucleari di Edf, il
colosso pubblico francese del settore. Mentre il 26% proviene dai laboratori di
ricerca, l’11% dalle attività militari legate alla difesa e, per il resto, da
diverse fabbricazioni industriali e da applicazioni mediche. Per il 97% la
massa delle scorie è costituita da rifiuti ingombranti, ma con un’attività
radioattiva media o debole. Appena lo 0,2% è classificato “ad alta attività”. Ma
da sola quella infima quota genera il 96% della radioattività totale. Deriva
dallo smaltimento dei combustibili utilizzati nei reattori nucleari. Andra ha
anche individuato i 43 siti interessati dal deposito di queste scorie, con i
relativi problemi di inquinamento sulla lunga durata. Sono concentrati
soprattutto nella regione di Parigi, ma anche nell’est e nel sud-est del Paese.
«La maggior parte di questi siti ospitavano attività
di vario tipo nel passato, in particolare fra le due guerre – si legge nel
rapporto -, ma che non riguardavano direttamente l’industria nucleare:
l’estrazione di radio per la medicina e la farmacia, fabbricazione e
applicazione di vernici speciali e sfruttamento di minerali. Dopo la guerra la
memoria di questi siti, localizzati in genere in aree urbane, si è perduta e
alcuni sono stati riconvertiti addirittura in alloggi o edifici pubblici».
Il rapporto fornisce dati anche su un altro
inquietante fenomeno, già documentato dall’Iaea: la Francia ha depositato alla
fine degli anni Sessanta più di 14mila tonnellate di scorie radioattive sui
fondali atlantici, sotto forma liquida o di fusti.
Infine, la Commission de Recherche et d’Information
Indépendantes sur la Radioactivité (CRIIRAD) ha scoperto ed evidenziato il
gravissimo inquinamento nucleare nella regione Rhône-Alpes, mentre la
Commissione europea intende innalzare i livelli di inquinamento negli alimenti.
riferimenti:
http://www.criirad.org/radioactivite-milieu-aquatique/eaux-de-surface/rapport-CRIIRAD10-140rhone.pdf
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