15.8.24

URIA: LA CITTA' SCOMPARSA NEL MARE ADRIATICO!

 

 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) ©

  di Gianni Lannes

Mediterraneo, anzi Yratinion leggendaria. Scomparsa? No, sommersa dalle acque poco profonde di un lago. Le sue monete avevano come simboli il delfino, il timone e l'uccello volante (in onore di Diomede). I testi classici (Strabone, Mela, Plinio, Erodoto, Tolomeo, Scilace, Perigeta, Dionisio Libico ed altri) fanno riferimento ad un esteso golfo di mare denominato “Sinus Urias”. L'origine di Uria nel Gargano settentrionale (ma non altrove come alcuni hanno fantasticato con congetture prive di qualsiasi fondamento) è antichissima e si perde nella preistoria, come l'approdo nella montagna del sole delle prime genti mediterranee, provenienti dall'Illiria e poi dalla Grecia. In base alle prove archeologiche fin qui emerse, la sua fondazione potrebbe risalire più precisamente al 1500 a.C.


La radice etimologica Ur, in greco ed ebraico significa “fuoco” e forse deriverebbe dalla particolare abbondanza in loco di pietre focaie (vasti giacimenti e miniere), utilizzate proficuamente dai nostri antenati preistorici.
 
 

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La trasformazione del Sinus Urias deve essere avvenuta nel periodo di temporale che va dal 400 d.C. al 600 d.C. Tale mutamento geomorfologico di grandi proporzioni, deve essere stato appunto lento e graduale. Da seno di mare, a laguna ed infine a lago e palude. L'ultimo toponimo usato anche dagli autoctoni, non a caso, è "pantano". I materiali fangosi e sabbiosi dell'isola di Varano che separa l'omonimo lago, dal mare Adriatico, sono di natura detritica e provengono dai fiumi dell'Appennino 8Abruzzo e Molise). Ciò vuol dire che il lago costiero più grande d'Italia, è il risultato di una trasformazione subita da un vastissimo seno di mare, in una zona litoranea crocevia delle antiche rotte adriatiche tracciate dalle correnti marine, ancora oggi attive da Oriente a Occidente.


 
La sporgenza della costa garganica, in linea con la barriera della Pelagosa, ad appena 20 miglia nautiche da Peschici, con l’isola di Lagosta, rappresenta da sempre lo spartiacque dell’Adriatico, fra nord e sud, con un doppio flusso ascensionale ed antiorario della corrente marittima in esso persistente. Infatti, essa proviene dalla costa montenegrina, raggiunge l’isola di Lagosta, svolta sulla sinistra e va a rasentare la Punta del Promontorio per ridiscendere verso S. Maria di Leuca e quindi ripiegare sulla costa albanese. Superando la barriera Vieste-Lagosta, la corrente sempre ascensionale sfiora l’isola di Curzola e si dirige a nord lungo il litorale della Dalmazia. Infine, svolta nel golfo di Venezia, scende lungo la costa orientale d’Italia sino alla Testa del Gargano e di qua, sorpassata la barriera della Pelagosa, riprende il suo giro verso il Nord. Gli antichi naviganti hanno sfruttato, come i velisti dei nostri tempi, questo gioco delle correnti marine per compiere più agevolmente e con maggior celerità il collegamento con le sponde illiriche e viceversa.

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Insomma, una laguna blu a vista d'occhio di alcune isole: Tremiti, Pianosa, Pelagose e Lissa. Ecco cosa ha scritto un secolo Giuseppe Del Viscio, uno studioso garganico, nella sua monografia intitolata Uria (Bari, Steb, 1921):

«allorché il Sinus Uras fu ostruito dai detriti e dalle sabbie portati dalle correnti marine e formanti una grossa laguna di terra (barra o isola), venne senz'altro separato dal mare e trasformato in palude; le sue acque, coperte di detriti di natura vegetale ammucchiativisi gradualmente e soggetti a rapida alterazione, cominciarono a diventare stagnanti ed a corrompere l'aria, rendendo malsana, pestifera, infetta e inabitabile la zona circostante; cosicché gli abitanti furono costretti ad abbandonare la città ed il suo territorio ed a rifugiarsi ontano da quel focolaio di morte, popolando Rodi e Vico e creando Carpino, Cagnano ed Ischitella».

Il lago di Varano, dunque, ha circa mille anni di vita. Probabilmente, in seguito ad un maremoto, la città sprofondò nelle sabbie e scomparve alla vista. Il mistero della città scomparsa è sepolto nelle acque del lago di Varano. Le immersioni subacquee indirizzate dai racconti dei pescatori lagunari, ci hanno consentito di accertare che non si tratta di una leggenda. Purtroppo, non è mai stata realizzata una campagna archeologica sui fondali - quantomeno dalle università o dalla soprintendenza al ramo - ricchi peraltro di sorgenti subacquee. I reperti archeologici provenienti da Uria, anzi i suoi tesori, invece che tornare nel Gargano, sono attualmente disseminati in musei statali e collezioni private in Italia e all'estero.


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