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NR-1 (US Navy)
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foto Capriotti
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di Gianni Lannes
Un'altra strage causata e provocata da un sottomarino targato United States of America, sotto l'egida della Nato e ancora un segreto di Stato alleato. La maggior indiziata è la speciale unità militare NR-1 a propulsione nucleare che vanta un grave precedente nel 2001 proprio in Adriatico, quando s'ingarbugliò nelle reti del peschereccio San Pietro di Monopoli: dal 25 gennaio 2005 al 29 giugno 2007 il comandante di quell'unità militare risponde al nome di Panlilio Enrique Nolan. A perdere la vita (come in tante altre occasioni precedenti), all'alba del 26 ottobre 2006, sono stati tre pescatori Francesco Annibali, Luigi Luchetti e Ounis Gasmi. Il peschereccio Rita Evelin di San Benedetto del Tronto, in un mare calma piatta mentre era intento alla pesca a strascico è stato intercettato da un sottomarino a stelle e strisce che lo ha trascinato su un fondale di 76 metri (agganciando un cavo di sostegno della rete) e non si è fermato minimamente a prestare soccorso dopo la manovra fatale. Era in corso l'attività internazionale antiterrorismo denominata "Operation Active Endeavour", a cui partecipava anche la Russia con proprie unità navali nonché Israele. E non a caso, la prima notizia del cosiddetto "incidente" apparve sull'edizione inglese della Pravda online. E sempre non a caso, l'allora ministro degli Affari esteri Massimo D'Alema inviò un inconsueto telegramma di cordoglio al sindaco della città Giovanni Gaspari.
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tratto da: Premessa agli avvisi ai naviganti (edizione 2006) - Istituto Idrografico della Marina
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Ancora non a caso, la motobarca di appena 17 tonnellate e qualche chilogrammo di stazza non fu volutamente recuperata - nonostante il carissimo prezzo pubblico - dal pontone AD3 dell'Ilma di Ancona (in grado di sollevare pesi notevolmente maggiori) su regia della Rana Diving di Ravenna che nega oggi qualsiasi risposta gli interrogativi (per conto della Saipem) dalle autorità, altrimenti lo scafo avrebbe parlato. Altrettanto non a caso, fu impedito ad una squadra di subacquei civili (altamente specializzati) di scendere sul fondale a recuperare le salme a costo zero. E infine non a caso ai giorni nostri, sia il Tribunale di Ascoli Piceno che la Direzione Marittima di Ancona (non risponde alle istanze di accesso inoltrate legalmente via Pec e neppure alle telefonate dirette), impediscono pretestuosamente l'accesso agli atti, ma soprattutto ai copiosi filmati girati all'epoca sul fondale marino (a partire dal primo nucleo subacquei della Guardia Costiera di San Benedetto) che ritraggono lo scafo danneggiato. Tra i consulenti tecnici nominati dal procuratore capo Piero Baschieri - su indicazione della locale Guardia Costiera - figurava anche un ufficiale della Marina Militare tricolore (che escluse a priori, senza uno straccio di indagine un simile "incidente". Peraltro, anche il mare su cui si affacciano le Marche è usato per i giochi di guerra in tempo di pace.
L'imbarcazione giace in una tomba sottomarina e lo Stato tricolore non l'ha volutamente
recuperata. Se fosse stata riportata a galla avrebbe parlato e magari
raccontato a tutti cosa era veramente successo allora. I corpi delle vittime imprigionati nell'imbarcazione, privi di
salvagente e la piegatura del cavo d'acciaio di sostegno alle reti con una vistosa piegatura a 21 metri di distanza dal verricello. Come in altre occasioni,
l'ennesima unità militare NATO ha trascinato a fondo l'incolpevole
Rita Evelin. L'unico sopravvissuto, il capobarca Nicola Guidi non fiata. Ma quanto costa il silenzio dopo una simile tragedia disumana? A San Benedetto e in Italia chi sa la verità, per codardia, timore o interesse non ha il coraggio umano di parlare. I corpi delle tre vittime furono recuperati in seguito soltanto dopo lo sciopero avviato dai numerosi pescatori nordafricani, a cui si unirono quelli italiani, e a seguire la protesta pacifica della popolazione e dei tifosi della Sambenedettese.
Alla
buon'ora: il 13 settembre 2007, il ministro dei Trasporti, tale
Alessandro Bianchi (membro del secondo governo Prodi) ha mentito
ufficialmente. Infatti in risposta all'interrogazione 4-00804 datata
7 novembre 2006, ha ufficialmente mentito. Il peschereccio Rita Evelin giace in
fondo al mare.
Ecco qualche precedente documentato dalla cronaca e dalla storia. 11 luglio 1993, nelle reti calate del “Francesco Padre”, impegnato in una battuta di pesca, si impiglia un sommergibile della marina statunitense, l'“Uss Belknapp”.
Il giorno dopo il comandante del peschereccio, Giovanni Pansini, che 16
mesi dopo restera' ucciso nella tragedia, denuncia l'accaduto ma viene
subito indagato dalla procura di Trani. Poco piu' di un mese dopo gli
americani lo indennizzano con un assegno di 9.554 dollari chiedendo in cambio il silenzio piu' assoluto.
30 novembre 1994, appena diciannove giorni dopo l'annientamento del “Francesco Padre”, un altro peschereccio molfettese, il “Modesto Senior”, viene fatto segno da raffiche di mitragliatrice sparate da un elicottero francese della Nato.
Meno di un anno più tardi, a fine settembre 1995, al largo delle coste del Montenegro, un peschereccio molfettese, il “Sirio”,
viene travolto da un sommergibile dell'Us Navy che si incaglia nelle
sue reti. La tragedia, solo sfiorata, avviene sotto gli occhi dei
marinai di altri cinque pescherecci che si trovano in zona.
Tragedia
dolorosa invece nemmeno quattro anni prima, il 12 dicembre del 1991,
quando in pieno giorno si inabissa senza alcun motivo apparente al largo
di Gallipoli il “San Cosimo II”, trascinando con se' tre uomini. Un'inchiesta dimostrera' che il fasciame del peschereccio era intatto e quindi non ci fu alcun cedimento strutturale.
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US Navy: NR-1 |
Ma veniamo ad anni più vicini. 22 giugno 2001, ore 14.03: il peschereccio “San Pietro” di Monopoli viene “agganciato”
dal sottomarino NR-1 il più piccolo
della flotta Usa (366 tonnellate di stazza sott'acqua), ad appena 11 miglia dalla costa di Brindisi. I lavoratori del mare si salvano tranciando le reti.Il colpevole è certo ma l'Adriatico non c'entra. Soprattutto
nella colonia Italia, la verità basta cercarla e prima o poi viene a
galla, nonostante le menzogne di Stato, i depistaggi istituzionali e gli
insabbiamenti rituali. Niente giustizia nel Belpaese. La perdurante sudditanza tricolore allo zio Sam spiega l'attuale muro di gomma eretto dalle istituzioni italiane. C'è un giudice almeno a Berlino?