13.10.12

UN MONUMENTO ALLO SPRECO


di Gianni Lannes

Tempi di crisi, ma ancora e sempre sperpero infinito di denaro della collettività. Strutture sportive ed alberghiere realizzate ed abbandonate, anzi mai utilizzate. Se ancora non bastassero tutte le opere pubbliche incompiute  in Italia, allora fate un salto in Puglia. Basta inerpicarsi a Faeto nell’alta valle del fiume Celone - sulla pericolante e franosa arteria provinciale numero 125 - in cima alla montagna che sovrasta il paese franco-provenzale salta fuori addirittura una piscina coperta semi-olimpionica, una scuderia, un galoppatoio, una pista del ghiaccio coperta, un grande albergo, una palestra super attrezzata, campi da tennis, minigolf, sauna, foresteria, ristorante, sala conferenze con tanto di impianto per traduzione simultanea. Una cattedrale nel deserto, il Castiglione. 

Insomma un complesso che la gioventù pugliese sogna ad occhi aperti e farebbe la fortuna di qualsiasi imprenditore, invece prevalgono sempre i prenditori di Stato.  Alle tasche degli ignari contribuenti questo giochetto è costato la bellezza di 18 miliardi di vecchie lire (fondi Fio) - valuta degli anni ’80 - oltre alle tangenti pagate ai politicanti, ammesse dal costruttore Pasquale Ciuffreda (deceduto) nei verbali giudiziari della tangentopoli foggiana. Denaro pubblico transitato attraverso i mille rivoli della Regione Puglia con la famigerata legge 64 del 1986. Allora come sempre basta la parola  magica  “sviluppo” declinata in svariate salse. In Capitanata correva l’anno 1993 e c’erano magistrati del calibro di Roccantonio D’Amelio (morto di infarto) e Massimo Lucianetti (attualmente procuratore generale presso la Corte d’Appello di Potenza). I vandali davanti a tanta grazia di Dio, ne hanno  approfittato indisturbatamente ed impunemente. Ben due governatori della Regione, Raffaele Fitto prima e poi l’attuale reggente pro tempore, Nicola Vendola hanno dimenticato di recuperare il mastodontico centro turistico. Anche i presidenti della  provincia di Foggia - Pellegrino, Stallone e Pepe (parlamentare del Pdl) - perennemente distratti, non hanno mai prestato attenzione alla salvaguardia del territorio e così la Comunità montana del Subappennino Dauno. Gli ambientalisti dal canto loro, non sono mai pervenuti o saliti in quota.

A tutto spiano - Peggio di uno scempio: una ferita non rimarginabile per l’Appennino del Sud, in un’area notoriamente fragile in senso sismico ed idrogeologico, dove lo Stato e la Regione avrebbero dovuto garantire il rispetto della legalità, invece hanno dato il “buon esempio” ai mafiosi del territorio. Il luogo in cima alla montagna dopo essere stato brutalizzato da centinaia di impianti industriali eolici, conficcati furiosamente nel suolo senza alcun criterio e rispetto dell’integrità ambientale pur di accumulare quattrini in tutta fretta, è stato trasformato nel solito ricettacolo di rifiuti. Storia e geografia sono state annichilite per sempre, anche dalla presenza del villaggio fantasma di San Leonardo: nient’altro che una tremenda spianata di cemento ed asfalto che ha fatto tabula rasa di un bosco per consentire ai vip locali il residence all’aria fresca.

Eldorado meridionale - Ai tempi di Bottino Craxi, ovvero negli anni ’80, in un batter d’occhio piovve su questo piccolo borgo dauno, una considerevole pioggia di miliardi statali al fine di edificare un mega impianto polivalente per lo sport ed il tempo libero. Da un momento all’altro sembrava che a Faeto dovesse verificarsi un altro boom economico, ancora più rilevante di quello che interessò l’intera economia tricolore negli anni Sessanta. Non fu un boom, si trattò invece, di un flop pagato con i soldi di chi lavora onestamente. Trascorsero gli anni, anzi i lustri e i decenni tra incuria, vandalismo e disinteresse istituzionale delle autorità nazionali e periferiche, nonché prefettizie. Non è tutto, anche lo stesso comune faetano ha sborsato altro denaro pubblico per commissionare improbabili studi di fattibilità e rendere più appetibile la torta.

Oggi il Castiglione è ancora lì, spoglio, coi vetri infranti, i costosi impianti divelti e trafugati, a gridare inascoltato vendetta per una storia iniziata male e finita peggio. Una vicenda quella del Castiglione che affonda i suoi passi salienti nel fango della tangentopoli foggiana e ben compendiata nella richiesta di arresto di un parlamentare foggiano, il democristiano Franco Cafarelli (collettore di tangenti), avanzata il 21 luglio 1993 al Parlamento dagli allora sostituti procuratori D’Amelio e Lucianetti. Le indagini condussero ad accertare il pagamento di diversi milioni in forma tangentizia. A vuotare il sacco furono proprio il costruttore Pasquale Ciuffreda, tartassato da richieste milionarie e l’allora esponente politico diccì, Luigi Pellegrini nel corso di un indimenticabile interrogatorio avvenuto il 17 giugno dell’anno 1993. Come andata a finire? Che domande. A tarallucci e vino, siamo in Italia, o meglio nel terzo mondo europeo. Un magistrato, Lucianetti fu inquisito e  subì un tortuoso processo da cui uscì pulito ma che rallentò la sua onesta carriera; l’altro collega invece, D’Amelio, morì a causa dello stress e della tensione subita.

A queste latitudini mentre i piccoli borghi muoiono uno alla volta, il malaffare istituzionale nostrano ha battuto ogni record del mondo: prigioni dorate trasformate in discariche mentre i detenuti sopravvivono in celle sovraffollate, super strade senza sbocco, asili dimenticati, colonie estive naufragate, terme insabbiate e molto altro ancora.  I responsabili  sono ben noti a chi regge le fila della magistratura locale, ma non sono mai stati processati. Troppo altolocati e potenti. E il prezzo alla fine viene pagato dalle solite vittime: la natura e la società.















3 commenti:

  1. Che tristezza. Se non li usano, potrebbero regalarle a qualche associazione. Invece preferiscono che il tempo o i vandali distrugga pian piano tutto.

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  2. Che desolazione. E quanti soldi. Se almeno consentissero di utilizzarle tutte queste opere. Invece niente, prefersicono lasciare che vengano distrutte dal tempo o dai vandali. Che tristezza.

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  3. Ad esempio: una piscina semi olimpionica pubblica, assai rara nel profondo Sud, se non a pagamento. Costruita, arredata di tutto punto, inutilizzata ed infine abbandonata al degrado. Quanti giovani avrebbero potuto utilizzarla? Insomma, il segno di una metastasi politica che ha disintegrato il Belpaese, sperperando impunemente denaro pubblico. Lo sport non è più partecipazione ma tifo ammaestrato... Ma che razza di "valori" pretendiamo di mostrare a chi si affaccia alla vita?

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