21.6.18

GRILLINI: ALL’ULTIMO STADIO


di Maio&Lanzalone

di Gianni Lannes

Il governo del cambiamento? Quelli che dicevano, basta favori ad amici degli amici: il mutamento lessicale è diventato premio nell'era di tangentopoli 2.0, con la nuova casta più famelica della vecchia. Luca Lanzalone è una delle figure al centro dell’inchiesta sullo stadio capitolino e del sistema di potere del movimento pentastellato, sotto ferreo controllo di Davide Casaleggio (a cena con Lanzalone), che attualmente incassa mensilmente un pizzo di 300 euro da ogni parlamentare grillino.

Lanzalone doveva essere l’uomo che risolve tutti i problemi grullini. Ora è diventato quello che ne sta creando più di tutti gli altri. Le dimissioni dalla guida di Acea dell'avvocato ligure sono il minimo atto dovuto. In un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare destinata al superconsulente del M5s che ha fatto da mediatore nella vicenda dello stadio della Roma, il gip sottolinea come ci siano «elementi concreti per ritenere che le figure istituzionali interessate, a cominciare dal sindaco Raggi, non solo hanno tollerato tale funzione di fatto esercitata, ma al contrario le hanno dato piena legittimazione».

Il Campidoglio trema, ma è sul governo che lo sciame sismico rischia di infrangersi. Lanzalone era stato portato nel Movimento dall’attuale ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che già lo aveva sponsorizzato a Livorno con il sindaco Filippo Nogarin. Ed è sempre Bonafede, questa volta con l’aiuto dell’attuale ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, a condurlo a Roma per consulenze e mediazioni che gli valsero, appunto, la presidenza della Acea. Una figura “imposta” all’amministrazione grillina, dunque. Almeno stando alle frasi attribuite alla Raggi da Repubblica: “Non lo conoscevo – si sarebbe sfogata – me l’hanno imposto loro”.
Sempre da un’intervista pubblicata dal quotidiano fondato da Scalfari arriva un’altra mazzata. Questa volta le parole sono di Roberta Lombardi che assegna le responsabilità della vicenda a “chi ha portato Lanzalone a contatto con il Movimento, affidandogli incarichi delicati e facendolo diventare presidente di Acea”. “Lanzalone – spiega l’ex candidata alla Regione Lazio – è entrato in contatto con il gruppo che gestiva gli enti locali, da Livorno, dove ha lavorato bene per il risanamento dell’Aamps, fino a Roma, dove dopo il caso Marra fu messo a controllare tutto quello che Raggi aveva firmato nei mesi in cui lo aveva avuto come braccio destro”. “Quindi Di Maio, Fraccaro e Bonafede. Erano loro a occuparsene”, gli ricorda il quotidiano. “Ho detto: il gruppo degli enti locali”, precisa lei.

Anche Cristina Grancio, la consigliera comunale che fu espulsa dal Movimento per un post pubblicato su Facebook, quando era membro della Commissione Urbanistica del Comune, proprio sul caso dello stadio della Roma punta il dito contro i due ministri: “Lanzalone ci fu presentato da Fraccaro e Bonafede quando vennero un giorno in commissione urbanistica. Ma visto che l’avvocato che curò la pratica è di Genova forse la decisione fu direttamente di Grillo”.

Al momento la paura tra i 5s è che nelle intercettazioni siano finiti, oltre a Bonafede e Fraccaro, anche lo stesso vicepremier Luigi Di Maio. O, peggio ancora, Davide Casaleggio. Di certo il filo che lega Lanzalone al vertice del Movimento è molto saldo. È stato lui a scrivere il nuovo statuto del Movimento ed è stato lui ad inventarsi l’idea della seconda associazione, quella creata il 20 dicembre scorso e di cui Di Maio è legale rappresentante pro tempore in qualità di capo politico. Non solo. Lui, Lanzalone, dice di non conoscere né Di Maio, né Casaleggio ma in un’altra intercettazione l’imprenditore Luca Parnasi, anche lui arrestato, parlando con il faccendiere Luigi Bisignani e con l’imprenditore Salini, ne elogia la capacità mostrata nel sbloccare l’impasse che si era venuta a creare proprio sullo stadio: “È stato messo a Roma da Grillo, insieme al professor Fraccaro e a Bonafede”, lo si sente affermare.

Il 14 giugno 2018 in un’intervista a Rtl Di Maio ha spiegato candidamente che la scelta di nominare Lanzalone alla presidenza di Acea fu ‘un premio’ per aver ben collaborato col Movimento. Come ha sottolineato il presidente del Pd, Matteo Orfini, apprendiamo “per bocca dello stesso Di Maio, che la scelta fu fatta da lui, e non dall’inesistente Raggi, non per criteri di merito ma per ripagare un suo uomo”. Altrettanto critico il commento del deputato dem Michele Anzaldi che definisce le parole del ducetto grillino “gravissime” e tali da essere valutate dalla magistratura per l’acquisizione. Il motivo è semplice, spiega Anzaldi: “Può un’azienda quotata, la più grande del Comune di Roma e tra le principali in Italia, diventare un ‘premio’ politico?”.
Le dichiarazioni di Di Maio a Rtl sono gravissime, la magistratura dovrebbe valutarne l’acquisizione. Il leader M5s dice che la nomina di Lanzalone a presidente di Acea era un “premio” per aver gestito per conto del Movimento 5 stelle la pratica dello Stadio. 
 
Richiesta di chiarimenti è stata presentata al Senato dal capogruppo Pd, Andrea Marcucci.”Il ministro della Giustizia non può convivere con queste macchie - specifica il presidente dei senatori dem - meglio che venga subito in Aula a chiarire la sua posizione e le sue relazioni”.


riferimenti: