13.6.15

ULIVI, FITOFARMACI, DISCARICHE DI RIFIUTI, GUERRA BATTERIOLOGICA E IMBROGLI DI STATO





 di Gianni Lannes

Un’arma letale e insospettabile per aggredire un paese alleato e destabilizzare la sua economia agricola. Alla prova dei fatti la Xylella non c’è, non è mai apparsa in Europa. E latitano pure le prove scientifiche: il saggio di patogenicità. Eppure le autorità regionali e nazionali hanno minacciato di distruggere gli uliveti salentini, non si sa per miopia o calcolo speculativo, invece di attuare la bonifica delle aree inquinate dagli sversamenti ecomafiosi. Addirittura, il sedicente ecologista Nichi Vendola, in veste di governatore uscente ha paventato uno scenario da ecatombe. Per la cronaca documentata: Nicola Vendola da presidente della regione Puglia ha decretato aiuti economici, elargendo soldoni pubblici, a multinazionali di Big Pharma. 


Tre anni prima della scoperta ufficiale, andava già in onda in Puglia, un convegno in materia, con gli esperti nordamericani al soldo delle corporation ogm, che poi hanno dettato legge. 


 Salento (17 ottobre 2014): scie chimiche NATO - foto Andrea Mangia


Il sostituto procuratore di Lecce Elsa Valeria Mignone ha dichiarato: «L’Istituto agronomico mediterraneo, dove si è svolto il workshop del 2010 nel quale è stato portato il batterio da xylella per scopi scientifici, gode per legge di immunità assoluta e l’autorità giudiziaria non può andare a indagare».

 

Nella parte sud-occidentale della provincia di Lecce e principalmente nelle campagne della costa ionica (Parabita, Tavignano, Racale, Ugento, Melissano, Gallipoli, Casarano, Galatina, Nardò) nel 2013 è stato rilevato il fenomeno chiamato «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» che presenta la bruciatura delle foglie su alcuni rami delle piante di ulivo. Ancora non è certa la natura e l'entità del fenomeno ed il livello di diffusione, ma sono state avanzate le più disparate ipotesi e risoluzioni radicali senza che gli studi scientifici necessari siano stati portati a compimento. Un dato è certo: lo stato di abbandono degli alberi e l’uso massiccio di fitofarmaci, nonché la pioggia di nanoparticolato metallico irrorato nel cielo dalla NATO a partire dal 2002.

Dagli ambienti accademici si è arrivati a ritenere probabile la presenza del batterio Xylella Fastidiosa, avvalendosi del parere di Rodrigo Almeida, un ricercatore della Berkeley University che nel 2012 è stato premiato dalla famigerata multinazionale Syngenta, la stessa ditta internazionale che finanzia la predetta università californiana. Peggio di un conflitto di interessi. Lo stesso Almeida nel 2010 aveva partecipato in Puglia ad un convegno proprio sul tema della Xylella. Dunque, un’emergenza inventata a tavolino. Ma per favorire chi? 

Non è tutto. Addirittura Alexander Purcell, professore emerito dell’University of California, la spara sempre più grossa. In una lettera pubblicata dal quotidiano Il Foglio tra l’altro scrive:

«Com’è possibile che più o meno da una dozzina di anni il tacco d’Italia  sia diventato  la prima area europea ad essere stata invasa da X. fastidiosa? Ripensandoci, è più che plausibile che una moltitudine di piante asintomatiche, ancorché infette, siano state introdotte in Europa dal XVI secolo in poi dal centro America e dalle aree tropicali e subtropicali del Sud e del Nord America.  Ed ancora  vettori conclamati di X. fastidiosa sono presenti e largamente diffusi in Europa… A partire dal 2000, gli Stati Uniti hanno investito annualmente milioni di dollari per la ricerca di base ed applicata sulla X. fastidiosa e per condurre azioni mirate sia al blocco della diffusione di nuovi insetti vettori ritrovati in California, sia alla introduzione di nuovi ceppi del batterio. Questo programma ha prodotto risultati interessanti ed ha consentito lo sviluppo di  nuovi promettenti metodi di lotta ora in attesa di applicazione commerciale. Le frontiere non fermeranno la diffusione della malattia oggi limitata a una piccola area del sud Italia. I governi e i ricercatori dei Paesi con clima favorevole alla X. fastidiosa, nei quali sono presenti colture ed essenze forestali suscettibili alle sue infezioni, dovrebbero senza indugio studiare le potenzialità di diffusione del batterio nel malaugurato caso che vi fosse introdotto. Dovrebbero anche preparare piani d’intervento da mettere subito in opera non appena la presenza del batterio viene segnalata  nel loro territorio. Tutto ciò adeguatamente sostenuto da assistenza finanziaria per gli agricoltori e i servizi fitosanitari».

Singolare coincidenza: l’esperto di Berkeley era presente anche lui al workshop in Puglia nel 2010, proprio sulla Xylella.

Comunque, adesso, c’è chi grida al miracolo, infatti dagli alberi debilitati sono spuntati i polloni. Nel Salento i pochi ulivi dati per morti dalle autorità a causa di un’inesistente invasione batterica stanno infatti risorgendo.

Per mettere la parola fine a questo imbroglio istituzionale, e comprendere la situazione è possibile fare riferimento allo studio scientifico del professor Rodrigo Krugner  (uno studioso del governo USA) datato 2010 “Final & Interim Research Reports” , edito dalla Cooperative Extension Specialist & Entomologist Department of Entomology - University of California per accertare proprio la patogenicità è la trasmissibilità attraverso gli insetti della Xylella fastidiosa fra le piante di ulivo. 


La ricerca svolta ha visto l'isolamento della Xylella fastidiosa e l'immissione del batterio in piante di ulivo sane in ambiente protetto. Il risultato è stato che non si sono riprodotti gli stessi sintomi di disseccamento rapido e bruciatura nonostante l'inoculo della Xylella nelle piante di ulivo, dunque nello studio viene affermato come la patogenicità non è conseguenza certa della Xylella fastidiosa. Altri accertamenti e ricerche sono tuttora in sviluppo in California, dove la Xylella è presente e attacca le viti e gli agrumi.   

Al momento non sono stranamente disponibili per il confronto necessario con altri istituti di ricerca in questi delicati casi di batteriosi:  le metodologie di estrazione del DNA dai campioni vegetali;  il tipo di analisi molecolare usata e l'indicazione dei primer impiegati;  i risultati ottenuti: ovvero rapporto campioni positivi/campioni analizzati nella zona focolaio, campioni positivi/campioni analizzati per varietà di olivo, quali analisi molecolari e primer sono (stati) impiegati per individuare il ceppo o se si sta procedendo al sequenziamento completo del genoma del batterio. 

Da una visita sul campo nella cosiddetta “zona focolaio” si evince che il disseccamento non sia affatto ingente, bensì a macchia di leopardo evidenziando alcune caratteristiche particolari: maggiore presenza di sintomi da disseccamento negli uliveti potati in modo scriteriato ed eccessivo nel periodo di luglio (le piante di ulivo si potano notoriamente a febbraio);  maggiore presenza di sintomi da disseccamento nei terreni che utilizzano in modo massiccio i disseccanti (in particolare il Roundup della Monsanto contenente glifosate) e i fungicidi (tra l'altro vietati) rispetto agli uliveti a conduzione biologica, questi ultimi dal canto loro mostrano lievissimi attacchi o sintomi da disseccamento rapido, che potrebbero essere imputati anche a cause consuete e tradizionali.   

Gli uliveti salentini sono scarsamente curati, poiché storicamente questa era una zona di produzione di olio lampante che nei secoli scorsi esportava grandi quantitativi alla volta di Londra e il Nord Europa. Per questo motivo gli ulivi sono stati scarsamente potati nei secoli e sono cresciuti come veri e propri giganti, le olive per la maggior parte (ma non tutti gli ulivocultori adottano questa tecnica) tutt'oggi vengono lasciate cadere e la raccolta si effettua da terra per spazzolamento. Questo ha portato molti agricoltori a non lavorare più il terreno e ad utilizzare da alcuni decenni i disseccanti e gli erbicidi per avere il «terreno pulito» e poter spazzolare comodamente. È preferito maggiormente l'utilizzo di disseccanti, anche con diversi trattamenti annuali, al tradizionale e meno impattante per la biodiversità sfalcio o diserbo meccanico. Oltretutto è comune la pratica di irrorare dei fungicidi per debellare del tutto la biodiversità ed in particolare i lombrichi che emergono dal terreno, pressoché sterilizzato dai disseccanti, per cercare nutrimento dalle olive cadute sul terreno. È necessario ricordare che questa pratica è illegale e perseguita dalla legge italiana, ma tutt'oggi molto comune negli uliveti salentini.  

Questi comportamenti esclusivi degli ultimi due-tre decenni hanno di certo portato elementi di squilibrio nella microbiologia e nello scambio di nutrienti assimilabili dalle radici degli alberi, compromettendo la salubrità del prodotto e delle stesse coltivazioni, certamente più esposte ad attacchi fungini e batteriosi; è proprio questo un elemento che emerge fortemente nella ricerca delle cause dell'origine del «complesso di disseccamento rapido degli olivi».   

A ben vedere la normativa europea in materia non parla di «eradicazione dell'albero», ma di «eradicazione degli organismi nocivi» o, se ciò non fosse possibile, almeno del loro contenimento. Insomma non ci sarebbe bisogno di sradicare gli alberi, ma solo di eliminare il batterio.  

A fronte di questo particolare fenomeno ancora tutto da indagare gli ulivi andrebbero messi in quarantena, per effettuare studi accurati da esperti indipendenti e qualificati. Nel caso degli ulivi salentini, per giunta, non si è neanche sicuri dei fattori che causano la malattia.  

Finora questo batterio non era mai stato «avvistato» in Europa e mai si era avuta notizia di un attacco nei confronti degli ulivi. Proprio tre anni fa, tra il 18 e il 22 ottobre del 2010, presso lo IAMB (Istituto agronomico mediterraneo di Bari), si tenne un workshop internazionale dal titolo «Phytosanitary Workshop on the Quarantine Pathogen Xylella fastidiosa», in cui si affrontava l'eventualità di dover contrastare un'epidemia di Xylella Fastidiosa con l'eradicamento e l'uso massiccio di fitofarmaci. All'epoca non vi era motivo di organizzare un convegno proprio sulla gestione della Xylella, se in Europa, fino a quel momento, non era mai stata registrata; fatta presente la coincidenza gli esperti della regione avrebbero prima negato che il workshop fosse avvenuto nel 2010 e successivamente hanno parlato di pura fatalità.   

Tuttavia in questo quadro di emergenza, molti ulivi ritenuti ormai morti nella zona cosiddetta «cimitero» (quella più colpita) stanno gettando polloni e nuovi germogli, ciò smentisce la soluzione dell'estirpazione di massa. Peraltro, ad una visita diretta effettuata in data 28 novembre 2013 è stata riscontrata come non fondata l'affermazione del dottor Guario che questi nuovi germogli siano solo frutto delle piogge autunnali e si siano già disseccati nuovamente. Al contrario i nuovi germogli appaiono come sintomi di una rivegetazione e non danno segni di nuove bruciature o disseccamenti dei rami.  
In realtà, una grave piaga ambientale è costituita dall'abuso di fitofarmaci, soprattutto in provincia di Lecce. Un'impennata che non si riesce a frenare e che, anzi, dopo una battuta d'arresto nel 2009, ha riavviato la sua ripresa. I dati elaborati dall'Arpa Puglia nella relazione sullo stato di salute del 2011 attestano che la Puglia, con 155.555 quintali di prodotto distribuito nel 2010, resta al quarto posto in Italia, dopo Veneto, Emilia Romagna e Sicilia, per quantità di fitofarmaci utilizzati. Nel leccese, due anni fa, sono stati impiegati 2.032.691 chilogrammi, il 15 per cento in più rispetto al 2009. E questi sono numeri che fotografano solo una parte del fenomeno. Dal conteggio sfuggono i dati relativi ad una delle pratiche più diffuse tra le famiglie. Non è, infatti, solo una questione relativa al mondo imprenditoriale agricolo. Nel Salento, ovunque appestato dai cartelli «zona avvelenata», l'uso di diserbanti, fungicidi e concimi sintetici è pratica più che ordinaria anche tra i piccoli produttori. Anche tra chi coltiva l'orto per sé. Una stortura figlia di una mancata consapevolezza degli effetti sulla salute e della facilità estrema dell'acquisto dei prodotti tossici, persino nei supermercati. Rispetto agli ulivi e all'epidemia che li sta cogliendo l'utilizzo di glifosate (con ben due trattamenti all'anno) da 30 anni può aver concausato il «complesso del disseccamento»; inoltre gli ulivi salentini, a differenza di quelli di altre zone pugliesi e del resto d'Italia, non vengono praticamente potati, le olive vengono lasciate cadere e il tutto è trattato con glifosate appunto; gli ulivi giganti potrebbero soffrire di scarsa cura e dei trattamenti oltre che di inquinamento ambientale; nella sola zona vi è una vasta presenza di discariche abusive che avrebbe potuto causare l'alterazione di tutto l'ecosistema contribuendo al fenomeno dell'essiccamento degli ulivi. Se le scarse potature sono una caratteristica, è molto importante tener conto come la maggior parte dei disseccamenti sia apparsa su ulivi potati malamente a luglio 2013, quindi fuori stagione, in un periodo in cui le temperature in Salento sono molto elevate e potrebbero aver danneggiato alcune parti degli ulivi. 

Ma torniamo agli esperti assoldati - da chi detiene il potere - per fare il lavoro sporco. Nell’inquietante e propiziatore convegno del 2010 realizzato a Bari tra i nomi dei massimi esperti internazionali, in tema di Xylella Fastidiosa, si legge il nome del professor Rodrigo Almeida (Dept. Plant Pathology and Entomological Sciences of the University of California, Berkeley – USA):


Difatti, unitamente al professor Purcell, pare sia il massimo esperto di questo batterio, come si evince dal sito dedicato alla Xylella Fastidiosa retto dai due studiosi di Berkeley:


Consultando il curriculum vitae di Rodrigo Almeida si intravedono interessanti indizi. Il professor Rodrigo Almeida vanta il “Syngenta Award (early career award), 2012. American Phytopathological Society”. Ma gli indizi seguono anche la carriera di Rodrigo Almeida che prima di Berkeley ha realizzato il suo percorso di studi presso l’Universidade de São Paulo in Brasile. E qui spunta una sconcertante coincidenza: esattamente a São Paulo vive e lavora Rodrigo Lopes Almeida il Corporate Affairs Director della Monsanto in Brasile, ossia l’ambasciatore di Monsanto, per dirla come riporta il video e come si può riscontrare sul profilo professionale pubblico. Sarà uno stranissimo caso di omonimia, qualora non ci fosse addirittura un legame più stretto di parentela.  


In ogni caso, l’Università di Berkeley ha relazioni di carattere economico e viene finanziata da Monsanto, Novartis e Syngenta. Rapporti, tanto di interesse e ingerenti, che se qualche ricercatore scopre possibili relazioni di effetti nocivi o dannosi per l’ambiente e la salute derivanti da prodotti chimici di questi  “finanziatori” forti e ne divulga la scoperta rischia di vedersi “azzittito” col taglio di ogni risorsa economica destinata ai suoi studi.


Scavando ancora ci si imbatte nella “Rete europea di batteriologi, costituitasi nell’ambito dell’iniziativa COST 873, ha previsto l’organizzazione di un corso teorico pratico aperto a ricercatori afferenti ai 22 Paesi del programma COST873”.


Sul portale dello IAM si legge: «Il rischio fitosanitario di una sua introduzione attraverso il materiale vegetale infetto, impone non solo misure restrittive di importazione da Paesi a rischio, ma anche e soprattutto, la formazione di operatori in grado di eseguire una diagnosi rapida ed accurata. Per questo motivo la rete europea di batteriologi, costituitasi nell’ambito dell’iniziativa COST 873, ha previsto l’organizzazione di un corso teorico pratico aperto a ricercatori afferenti ai 22 Paesi del programma COST873»


Il sito web del COST 873 fornisce notizie su vari potenziali agenti fitopatogeni tra cui si trova indicata, anche, la Xylella Fastidiosa:


Il titolo che accompagna la sezione relativa alla Xylella Fastidiosa, è decisamente inquietante:  Regulated pathogen - bioterrorism threat”.
Inoltre, aprendo il documento dal titolo “Biosecurity issues of bacterial plant pathogens” si legge ancora: 

In recent years, acts of international terrorism have raised concerns that some microorganisms could be used as biological weapons, and the ensuing public discussion raised concerns about their potential to be used as weapons of mass destruction”.


 Inoltre: «A definition of a biological weapon.“, “Criteria for biological weapon damage.“, “Clandestine release.“, “Economic consequences of clandestine release.“, “Bacterial nomenclature and biological weapons».

E tra i vari nomi di potenziali “Armi batteriologiche” compare anche la Xylella:

«Xylella fastidiosa. X. fastidiosa is a devastating systemic xylemlimited pathogen that causes the disease variegated chlorosis of citrus. Infection of plants is only known to occur when vectors are present. The pathogen can be cultured and maintained with difficulty. Spread of the pathogen can be slowed, but not halted, by control of the insect vector and use of standard phytosanitary methods in the production of replants (25). Of all the bacterial species listed above, only Ca. Liberibacter spp. and X. fastidiosa, both pathogenic to citrus, might be considered to fulfill the criteria proposed for biological weapons. The citrus crop is the basis of juice and fruit industries that are so large that serious damage to them might have significant consequences for those economies in the United States and Europe where the pathogen is not already present».

Quale secondo documento si trova un titolo a dir poco eloquente: «Xylella fastidiosa – Invasion potential in Europe?» dove si paventa scenari possibili di “attacchi” da Xylella.


Sul sito si trovano anche i riferimenti sul workshop tenuto in Puglia 5 anni addietro, con tutti i contributi dei relatori: «18-22.10.2010 – COST873/Q-Detect Phytosanitary Training Course for the Biosecurity Pathogen, Xyl, Bari, IT».




Nel 2000 in Brasile è partito il Genoma Project sulla Xylella Fastidiosa. E nel 2008 la Monsanto ha acquisito la società Alellyx. Monsanto non ha mai fatto mistero dei suoi metodi truccati ed invasivi, per imporre colture da loro brevettate, e resistenti proprio alla Xylella. Monsanto opera alacremente, anche in Puglia, propagandando e propinando i suoi “prodotti” da brevetto e che ha tutta l’intenzione aumentare la sua presenza inducendo e ammaliando gli agricoltori fino a convincerli ad abbandonare le loro antiche  sementi e la sana l’agricoltura tradizionale ed abbracciare, con un’azione imbonitoria, la diabolica “agricoltura industriale” impastata di agrobiotransgenotecnologica. Come? mediante il “consenso”, grazie anche alla collaborazione di taluni “tecnici” che si offrono quali intermediari “di fiducia” per meglio far accettare follie agronomiche tipiche di un “totalitarismo” agroalimentare da inoculare in territori riluttanti. La vita non si brevetta e non è di proprietà di qualche gigante economico. Date un’occhiata alla marchetta di Telenorba.







 riferimenti:








































https://www.youtube.com/watch?v=doNHN2ZzBUE

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