6.9.13

SPIONAGGIO ECHELON: I GOVERNI USA & ITALIA HANNO NASCOSTO LE PROVE SULLE STRAGI DI USTICA, MOBY PRINCE E DEL FRANCESCO PADRE









di Gianni Lannes



I segreti vergognosi di Stati albergano indisturbati sotto i nostri occhi distratti, a riprova ulteriore dell’assoluta mancanza di sovranità dell’Italia e della violazione conclamata e reiterata della libertà e della privacy del popolo italiano, da parte delle forze armate USA, con il beneplacito di chi ci governa per conto straniero (non alleati, bensì padroni). 

L'intelligence militare a stelle e strisce ci spia da decenni a nostra insaputa, compresi magistrati, giornalisti, servizi di sicurezza tricolore e cittadini comuni. Oggi con la scusa del "terrorismo" ci scrutano ed ascoltano le nostre conversazioni di qualsiasi genere, soprattutto internet, dai satelliti. Prima quando avevano il pretesto della guerra fredda usavano le stazioni terrestri. Ecco cosa è accaduto nello Stivale in un recente passato.

Invisibile ai comuni mortali, ma nota al ministero della Difesa e allo Stato Maggiore. Ha registrato istante dopo istante la strage di Ustica: il Dc Itavia abbattuto con 81 persone a bordo la sera del 27 giugno 1980, nei cieli del Mar Tirreno. Eppure nessun magistrato, neppure l’encomiabile giudice Rosario Priore, perché ignaro e non informato dalle autorità italiane civili e militari, ne ha mai chiesto conto a Washington con una rogatoria internazionale. Ha intercettato nel 1985 i sequestratori dell’Achille Lauro e documentato la strage del traghetto Moby Prince (140 morti) la sera del 10 aprile 1991, causato dal traffico di armi dello zio Sam. E ancora: la notte fra il 3 ed il 4 novembre 1994, ha archiviato attimo dopo attimo le convulse comunicazioni radio fra le unità aeronavali della NATO che colpirono e deliberatamente affondarono nelle acque internazionali del Mare Adriatico, il peschereccio Francesco Padre con 5 uomini ed un cane a bordo. 

A dirla tutta, qualche tempo fa, un parlamentare indipendente, Nicola Magrone, di professione magistrato, tentò di far istituire invano una commissione parlamentare di inchiesta, poiché aveva intuito che un unico comun denominatore legava proprio queste stragi.










Nel corso della tredicesima legislatura sono stati presentati  su un argomento di interesse universale, voitale per uno Stato di diritto (almeno sulla carta), ben 33 atti parlamentari (interrogazioni ed interpellanze), senza che mai uno di essi abbia mai ricevuto una risposta dal Governo tricolore. Perché? 

A tutt’oggi risultano ancora “in corso”. Ecco per esempio l’interrogazione a risposta scritta (numero 4/18223) depositata il 17 febbraio 2000 dal senatore Euprepio Curto:

«Al Presidente del Consiglio dei ministri. Premesso: che con interrogazione n. 4-10277 del 25 marzo 1998, indirizzata ai Ministri dell'interno, della difesa e delle comunicazioni, in riferimento alla rete Ukusa security agreement, della quale fanno parte gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda, che ha come scopo lo spionaggio elettronico e per tale fine si avvale di una "risorsa" principale conosciuta come Echelon, l'interrogante chiedeva di conoscere "in quali termini e in quali modi l'Italia è coinvolta in detto sistema di intercettazioni ... e quali risoluzioni i Ministri intendano adottare per tutelare gli interessi della nazione, delle sue istituzioni e di tutti i suoi cittadini"; che tale rete comprende una rete di sofisticatissimi satelliti - spia, supercomputer in grado di analizzare quantità inimmaginabili di intercettazioni estrapolando conversazioni telefoniche, fax o messaggi di posta elettronica, in una sola parola le telecomunicazioni di tutto il mondo; che al momento dell'interrogazione richiamata le uniche notizie per quel che riguarda l'Europa erano quelle relative all'importantissimo ruolo svolto dalla Gran Bretagna, sul cui territorio sembrava fossero allocate le uniche basi d'intercettazione satellitare, tant'è che l'allora Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ebbe a dichiarare in Parlamento che il Governo non sapeva nulla sulla esistenza nel territorio italiano di una "rete di ascolto mondiale"; che, invece, il fatto che la National security agency americana sia stata costretta a declassificare argomenti riservati riguardanti le reti di spionaggio ha fatto conoscere l'esistenza di una vera e propria catena mondiale di ascolto che in Europa vede certamente al primo posto la Gran Bretagna attraverso Menwith e Morewenstone, ma anche localizzazioni in Danimarca, in Germania e in Italia a Brindisi, e più specificamente a San Vito dei Normanni presso la base USA, l'interrogante chiede di conoscere: quale sia stata l'attività svolta da Echelon nella base USA di San Vito dei Normanni; quali siano i particolarissimi campi di interesse (politico, industriale, professionale); se dagli archivi siano riscontrabili controlli e intercettazioni a carico di politici brindisini; l'uso che eventualmente sia stato fatto di tali intercettazioni; se esse siano state utilizzate anche nei confronti di imprenditori e aziende; quale sia il livello di invasività del fenomeno; visto il sostanziale smantellamento della base USA, se il Governo non ritenga di bonificare nel più breve tempo possibile il territorio brindisino (e nazionale) dal "grande orecchio" di Echelon».



Gli esecutivi italiani in palese violazione della Costituzione repubblicana, non hanno mai fornito una risposta ai molteplici e documentati atti parlamentari (interrogazioni ed interpellanze) sull’attività di spionaggio di Washinton in Italia.  


La base USAF di San Vito dei Normanni (San Vito Air Station), situata a circa dieci chilometri a nord-ovest di Brindisi (40°38′41″N 17°50′19″E), in una posizione intermedia fra il porto della città pugliese ed il centro abitato di San Vito dei Normanni, fu attivata il primo novembre 1960, grazie ad uno dei numerosi accordi segreti siglati tra l’Italia e gli Stati Uniti. Inizialmente operò come installazione esterna della base di Aviano, con il personale e le attrezzature di sostegno forniti dal 6.900° stormo di sicurezza, arrivato in loco già nel 1959. Esso diede il via alla costruzione delle infrastrutture che permisero poi al 6.917° Electronics Security Group, 700 uomini dell’aviazione a cui se ne aggiungevano alcuni della US Navy, di entrare in attività.


Nel 1964, venne eretta una mastodontica e misteriosa struttura che prese il nome di “gabbia dell’elefante”. Si trattava di un’antenna radiogoniometrica ad alta frequenza FLR-9, costituita da una grande struttura circolare a cerchi concentrici (Wullenweber), mentre nei bunker sottostanti lavoravano centinaia di specialisti dell’intercettazione, traduttori e crittografi che, grazie a quelle antenne ed a potentissime apparecchiature radio con un raggio utile di intercettazione di circa 1.500 miglia, ascoltavano ogni comunicazione - telefonica, radio, telex, telegrafica, video… - proveniente non solo dal blocco comunista e dal Vicino e Medio Oriente, ma anche dai cosiddetti Paesi amici occidentali, Italia compresa.

La base di San Vito e quella di Chicksands, in Gran Bretagna, furono le prime ad essere equipaggiate con il sistema di intercettazione FLR-9, nell’ambito della nuova rete spionistica col nome in codice di “Cavallo di Ferro”. Le altre tre installazioni della rete erano collocate presso la base di Misawa in Giappone, la Clark Air Base nelle Filippine ed a Elmendorf, in Alaska.




Già dal 1967 l ‘attività di intelligence di San Vito passò alle dipendenze operative della NSA (National Security Agency), il servizio segreto militare che di fatto gestisce il famigerato sistema Echelon e le sue derivazioni.
All’inizio degli anni Ottantal’affermazione della tecnologia satellitare ha reso obsolete le grandi installazioni fisse. La Guerra del Kossovo del 1999 fu l’ultima operazione convenzionale alla quale partecipò la base, che dall’aprile 2001 cessò di operare.


San Vito, infatti, accolse uomini e mezzi assegnati alle missione “Deny Flight” in Bosnia Erzegovina, poi riconvertiti nell’operazione di peacekeeping “Provide Promise” condotta negli stessi territori, con gli elicotteri Black Stallion ed i cacciabombardieri AC-130 Spectre stazionanti presso le piste dell’aeroporto militare Pierozzi di Brindisi e muniti di bombe all’uranio impoverito. Nel 1997, i 1.300 uomini della Joint Operation Task Force-2 - avieri statunitensi del 352° Special Operations Group e del 16° Special Operations Wing - operavano a San Vito a sostegno del dispiegamento delle truppe NATO in Bosnia e del controllo dello spazio aereo sul Paese balcanico. Affiancati da una manciata di fanti e marinai USA, e dalle truppe speciali francesi dell’Armée de l’Air, impegnate in operazioni di commandos.

Terminata l’aggressione della NATO alla Serbia nel 1999, a San Vito è rimasto soltanto un reparto addetto alla sorveglianza del perimetro esterno ed alla efficienza della stazione di osservazione solare del Solar Electro-Optical Network. La struttura è gestita da un contractor privato ed è inserita in una rete di sei installazioni sparse nel mondo per assicurare un monitoraggio 24 ore su 24. Organizzativamente fa capo al 55° Space Weather Support Squadron, insediato alla Schriever Air Force Base in Colorado.



Il 29 febbraio 2000, il senatore Stefano Semenzato, presentò un’interrogazione nella quale - alla luce delle risultanze dello studio preparato per il Parlamento Europeo da Duncan Campbell e denominato “Interception Capabilities 2000″, sull’esistenza e le modalità di funzionamento del sistema Echelon - chiedeva delucidazioni in merito alle attività ed alla dotazione tecnologica della base di San Vito dei Normanni. Domandava inoltre se il governo italiano avesse una qualche forma di controllo sull’attività della base e se, in caso contrario, non intendesse porre agli Stati Uniti una richiesta in tal senso.
A seguito di una gara bandita nel dicembre 2001, sono stati rimossi tutti i materiali che componevano l’antenna e le imboccature al gigantesco bunker sotterraneo, e sono state sigillate con due impenetrabili porte d’acciaio.  

Il 24 luglio 2003, con una cerimonia ufficiale tenutasi nella base di Ramstein, in Germania, alla presenza del colonnello Casertano per lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana (AMI) e del comandante dell’aeroporto di Brindisi, Rolando Tempesta, è avvenuto il passaggio di San Vito dall’USAF all’AMI. L’accordo parlava di un periodo transitorio di due anni in cui San Vito avrebbe dovuto rimanere in carico all’aeronautica italiana, per poi transitare all’amministrazione civile scelta dallo Stato. Resta però in possesso degli Stati Uniti una piccola ma importante porzione della base, quella della stazione di osservazione solare con sofisticate apparecchiature e radar.






L’Onu ha ottenuto l’uso di parte delle aree della ex base per scopi logistici (un nuovo enorme deposito che va ad aggiungersi a quello già presente presso l’aeroporto del capoluogo brindisino) ed operativi (una scuola mascherata da addestramento al peacekeeping con corsi di “polizia internazionale”).




 SUGGERIMENTI DI LETTURA:

Lannes, G., IL GRANDE FRATELLO. STRATEGIE DEL DOMINIO, Draco edizioni, Modena, 2012

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=echelon

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=ris 








http://www.afhso.af.mil/shared/media/document/AFD-100525-060.pdf

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