5.9.13

ARGO 16: UN’ALTRA STRAGE ISRAELIANA IN ITALIA

il relitto dell'aereo italiano "Argo 16" (23 novembre 1973)

il Dc 3 "Argo 16"




di Gianni Lannes

Per dirla con Leonardo Sciascia: “Se un fatto non si racconta non esiste”. Bisogna ricercare. Sette anni prima della strage senza giustizia di Ustica, c’è una storia che riemerge dal passato morto e mai sepolto. La ricerca rimette indietro le lancette della storia contemporanea, ancora tutta da scrivere, e conduce a quel venerdì 23 novembre dell’anno 1973. 


Sabotaggio del Mossad. Poco dopo il decollo precipita al suolo un aereo militare italiano. L’inchiesta delle autorità aeronautiche dura alcuni mesi prima di concludersi con la solita archiviazione: si è trattato di un banale incidente. A metà degli anni ’80, però, dopo il braccio di ferro (1985) di Craxi a Sigonella contro Usa e Israele, i generali Miceli e Viviani avanzano pubblicamente sospetti sulla vera causa del disastro: “fu fatto esplodere manomissione dolosa… un avvertimento un po’ cruento dei servizi di Israele al governo italiano”.

Nel 1986 la procura della Repubblica di Venezia riapre il caso, affidandolo al giudice Carlo Mastelloni al quale viene opposto il segreto di Stato per tentare di ostacolare l’indagine. Nel marzo del 1997 Mastelloni incrimina 22 ufficiali dell’Aeronautica militare con l’accusa di “soppressione, falsificazione e sottrazione di atti concernenti la sicurezza dello Stato”. A suo giudizio “coloro che negli anni si sono occupati dell’inchiesta hanno sistematicamente occultato, falsato o distrutto ogni elemento che poteva portare sulla strada giusta”. Sono invece accusati di strage Zvi Zamir, già capo del Mossad e Asa Leven, direttore del Mossad in Italia all’epoca della strage aerea.

Nel fascicolo del giudice Carlo Mastelloni (il primo ed unico magistrato italiano a scoprire casualmente che ad Aviano gli USA detengono illegalmente ordigni atomici) tra le carte ingiallite rosicchiate dagli umori del tempo, c’è scritto:  

«Il velivolo militare C47 Dakota, denominato Argo 16 si distruggeva al suolo circa cinque minuti dopo il decollo dall’aeroporto di Venezia. Diretto ad Aviano, il velivolo nei pressi di Porta Marghera ha urtato contro un palo dell’illuminazione, successivamente ha impattato con il motore sinistro contro il solaio della palazzina del centro meccanografico dello stabilimento Montefibre, quindi, proseguendo la sua corsa, si è disintegrato esplodendo al suolo causando la morte dei quattro membri dell’equipaggio: il colonnello Anano Borreo, il tenente colonnello Mario Grande, i marescialli Aldo schiavone e Francesco Bernardini».  

Il generale Ambrogio Viviani tergiversava, asseriva di non sapere. Il magistrato gli indicò le pagine di Panorama con una sua intervista di tre mesi prima. Infatti il 18 maggio del 1986 il settimanale pubblicava una storia di copertina: “Gheddafi figlio nostro”. A pagina 42, gli intervistatori (Romano Cantore e Carlo Rossella) chiesero all’alto graduato dei servizi segreti (Sismi): 

«Risulta che il velivolo utilizzato, l’Argo 16, tre giorni dopo saltò misteriosamente per aria sopra il cielo dell’aeroporto Tessera a Venezia. Morirono i piloti. L’incidente apparve allora molto strano. Lei che ne pensa?».

Risposta testuale del generale Viviani: «A mio giudizio fu un avvertimento del Mossad, un consiglio un pò cruento per dirci di smetterla con Gheddafi e il terrorismo arabo-palestinese». 

Alcuni passaggi sono evidenziati. Viviani in quell’intervista in primo piano sosteneva che l’incidente al velivolo Argo 16 era “un avvertimento del Mossad”. Gli israeliani secondo l’ex capo del controspionaggio militare italiano, avevano dato «un consiglio un po’ cruento per dirci di smetterla con Gheddafi e il terrorismo arabo»

Un mese prima della caduta di Argo 16 - che veniva usato per i voli del servizio segreto militare - l’aereo aveva condotto in Libia 5 terroristi arabi fermati ad Ostia, mentre stavano preparando un attentato contro un aereo di linea israeliano. Il generale non confermava. Il magistrato tagliò corto: “lei rischia l’arresto”.  

La notizia dei giornali risale al 18 aprile 1991: un magistrato ha inviato al generale Zvi Zamir, capo del Mossad dal 1968 al 1974, un ordine di comparizione. L’alto ufficiale israeliano è incriminato per concorso in strage. I periti non hanno potuto lavorare sul materiale: i resti dell’aereo non esistono più. Ma c’è un dettaglio che i due periti hanno scoperto: quel palo contro cui avrebbe sbattuto l’aereo perdendo il controllo: 

«I pali dell’illuminazione attualmente presenti - scrivono nella loro relazione al magistrato - sono gli stessi del 1973. Tenendo conto delle dimensioni dei pali stessi non è tecnicamente sostenibile l’ipotesi che il velivolo abbia urtato contro il palo perdendo parte della semiala sinistra e che il palo sia rimasto assolutamente integro, come si può osservare».  

Secondo Mastelloni «La circostanza dunque relativa all’impatto di una delle ali del velivolo con uno dei pali dell’illuminazione è una delle più appariscenti menzogne trasmesse dagli organi competenti negli ambienti militari». 

La versione dei periti giudiziari è perentoria: “Argo 16 potrebbe essere precipitato perché era stato sabotato il timone di coda”. Ma di quel timone non c’è più traccia: è scomparso nel nulla, come tante altre possibili prove di questa inchiesta dimenticata in fretta. 

Nuova scena: aula di corte d’assise a Venezia, giovedi 30 settembre 1999. Luigi Borreo è seduto al banco delle parti civili. E’ la prima udienza di un processo con nove imputati. Uno, è l’ex capo del Mossad Zvi Zamir, accusato di strage. Gli altri otto sono ex ufficiali del controspionaggio, prima Sid poi Sismi, accusati di soppressione di prove, per aver cercato di nascondere le vere cause della sciagura. Parla la pubblica accusa:
«Con sofferenza e con grande sconforto sono costretto a chiedere l’assoluzione per la strage». 

Le parole del pm sollevano il brusio dei cronisti. Non bastano intuizioni e indizi, ci vogliono prove per dimostrare che l’Argo 16 è stato sabotato. Al giorno d’oggi se un auto va a sbattere contro un guard-rail, per prima cosa la si sequestra. A quel tempo, invece, il pm non ha sequestrato niente. La polizia giudiziaria, che era certamente subordinata ai servizi segreti, non ha fatto niente. Quando le indagini furono riaperte di questo aereo ormai non c’era più un pallido simulacro, tantomeno l’odore e nemmeno la polvere. Luigi Borreo ripensa alla terribile fine di suo padre, a quell’aula di tribunale, dove non c’era un avvocato che si costituisse parte civile per conto dello Stato. Come se quell’aereo non fosse italiano, come se quei piloti militari morti non fossero mai nati in Italia. Non c’è stata una strage e se ci fu, si è dissolta negli anni, dileguata nelle carte, annullata nelle prove truccate, imputridita nelle verità nascoste. In fondo non è accaduto nulla: è tutto a posto, come al solito. 

La corte entra in aula il 14 ottobre 1999 e annuncia che si deve procedere. Si parlerà degli arabi e degli israeliani, si discuterà di nomi che appartengono alla squallida memoria dell’Italia. Il passato sarà ancora presente per qualche attimo, inopportuno e fastidioso. Poi, il 16 dicembre 1999 l’archiviazione generale: i giudici - incredibilmente - sentenziano che l’aereo precipitò per un’avaria o per un errore del pilota.   

L'Ha-Mossad le-Modi'in ule-Takkidim Meyhuhadim (nome completo) al pari della Cia ha alimentato nel Belpaese la sanguinosa strategia della tensione. Ecco cosa attesta qualche brano della sentenza firmata dal magistrato Ferdinando Imposimato contro Renato Arreni, nell'inchiesta per l’assassinio di Aldo Moro:

«Occorre prendere atto del fatto che i servizi segreti israeliani ebbero una perfetta conoscneza del fenomeno eversivo italiano fin dal suo sorgere, inserendosi in essso con una continua azione di sostegno ideologico e materiale (…) In effetti fin da allora risultò che terroristi mediorientali legati ad Arafat e Mossad avevano deciso di trasferire in Italia il conflitto del Medio oriente».

E infine, le motivazioni:

«I servizi segreti israeliani, operando in Italia ininterrottamente almeno fino al 1976-1977, furono mossi dal fine di destabilizzazione politica e sociale in Italia (come avevano sperimentato proficuamente in altri paesi mediorientali quali il Libano, la Giordania e l’Egitto) al fine di indurre l’America a vedere Israele come l’unico punto di riferimento alleato nel mediterraneo per averne in tal modo maggiore sostegno in termini politici e militari».

L’Italia senza sovranità, usata indiscriminatamente da 70 anni come un campo di battaglia: basti pensare al traffico di armi intercorrente tra la loggia P2 di Cefis-Gelli ed i servizi di intelligence sionisti. Un sistema di affari clandestini consolidato infine con l’accordo di cooperazione militare sottoscritto dal governo Berlusconi. Un memorandum di intesa che prevede “acquisizioni e produzioni congiunte di armamenti come bombe, mine, razzi, siluri, carri, esplosivi ed equipaggiamenti per la guerra elettronica” e cooperazione bilaterale nel settore. Attività lucrose che restano top secret per legge, anche se un’altra legge italiana (seppure manomessa dal ministro Cesare Previti con il favore della finta opposizione di centro sinistra) vieta il commercio con nazioni in stato di guerra. Dulcis in fundo: non si comprende per quale ragione il Governo italiano abbia fornito al Mossad l’elenco completo di tutti gli agenti segreti italiani e non viceversa il Governo di Tel Aviv.




Tutto è legato. Così fanno riflettere le mancate risposte governative alle interrogazioni parlamentari sul caso che illuminavano anche le attività clandestine di Gladio e la presenza in Italia di armaneti nucleari USA in violazione del TNP.





Post scriptum

A più di qualcuno a Roma e a Tel Aviv magari torna la memoria. Noi sappiamo…

suggerimenti di lettura:

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=israele 

1 commento:

  1. E' sempre scioccante rileggere ciò che si sapeva già, ma sempre si dimentica... Sarebbe assai utile se ci aiutasse a ricostruire ciò che oggi i servizi segreti israeliani stanno facendo per ottenere bavagli legislativi in diversi Stati (dagli USA all'UK ed alla Francia e... domani in Italia) che impediscani ogni critica alle politiche israeliane, insieme con il BDS ...e chi sa, tali pesanti impedimenti alla libertà di espressione ed organizzazione ed azione politica potrebbero tornare assai utili in generale a Stati i cui governi sempre meno si sentono legati ad un mandato popolare e vincolati a principi democratici...

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