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di
Gianni Lannes
Mediterraneo,
anzi Yratinion leggendaria. Scomparsa? No, sommersa dalle acque poco
profonde di un lago. Le
sue monete avevano come simboli il delfino, il timone e l'uccello
volante (in onore di Diomede). I testi classici (Strabone, Mela,
Plinio, Erodoto, Tolomeo, Scilace, Perigeta, Dionisio Libico ed altri)
fanno riferimento ad un esteso golfo di mare denominato “Sinus
Urias”. L'origine di Uria nel Gargano settentrionale (ma non altrove
come alcuni hanno fantasticato con congetture prive di qualsiasi
fondamento) è
antichissima e si perde nella preistoria, come l'approdo nella
montagna del sole delle prime genti mediterranee, provenienti
dall'Illiria e poi dalla Grecia. In base alle prove archeologiche fin
qui emerse, la sua fondazione potrebbe risalire più precisamente al
1500 a.C.
La
radice etimologica Ur, in greco ed ebraico significa “fuoco” e
forse deriverebbe dalla particolare abbondanza in loco di pietre
focaie (vasti giacimenti e miniere), utilizzate proficuamente dai nostri antenati preistorici.
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La trasformazione del Sinus Urias deve essere avvenuta nel periodo di temporale che va dal 400 d.C. al 600 d.C. Tale mutamento geomorfologico di grandi proporzioni, deve essere stato appunto lento e graduale. Da seno di mare, a laguna ed infine a lago e palude. L'ultimo toponimo usato anche dagli autoctoni, non a caso, è "pantano". I materiali fangosi e sabbiosi dell'isola di Varano che separa l'omonimo lago, dal mare Adriatico, sono di natura detritica e provengono dai fiumi dell'Appennino 8Abruzzo e Molise). Ciò vuol dire che il lago costiero più grande d'Italia, è il risultato di una trasformazione subita da un vastissimo seno di mare, in una zona litoranea crocevia delle antiche rotte adriatiche tracciate dalle correnti marine, ancora oggi attive da Oriente a Occidente.
La
sporgenza della costa garganica, in linea con la barriera della
Pelagosa, ad appena 20 miglia nautiche da Peschici, con l’isola di
Lagosta, rappresenta da sempre lo spartiacque dell’Adriatico, fra
nord e sud, con un doppio flusso ascensionale ed antiorario della
corrente marittima in esso persistente. Infatti, essa proviene dalla
costa montenegrina, raggiunge l’isola di Lagosta, svolta sulla
sinistra e va a rasentare la Punta del Promontorio per ridiscendere
verso S. Maria di Leuca e quindi ripiegare sulla costa albanese.
Superando la barriera Vieste-Lagosta, la corrente sempre ascensionale
sfiora l’isola di Curzola e si dirige a nord lungo il litorale
della Dalmazia. Infine, svolta nel golfo di Venezia, scende lungo la
costa orientale d’Italia sino alla Testa del Gargano e di qua,
sorpassata la barriera della Pelagosa, riprende il suo giro verso il
Nord. Gli antichi naviganti hanno sfruttato, come i velisti dei
nostri tempi, questo gioco delle correnti marine per compiere più
agevolmente e con maggior celerità il collegamento con le sponde
illiriche e viceversa.
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«allorché
il Sinus Uras fu ostruito dai detriti e dalle sabbie portati dalle
correnti marine e formanti una grossa laguna di terra (barra o
isola), venne senz'altro separato dal mare e trasformato in palude;
le sue acque, coperte di detriti di natura vegetale ammucchiativisi
gradualmente e soggetti a rapida alterazione, cominciarono a
diventare stagnanti ed a corrompere l'aria, rendendo malsana,
pestifera, infetta e inabitabile la zona circostante; cosicché gli
abitanti furono costretti ad abbandonare la città ed il suo
territorio ed a rifugiarsi ontano da quel focolaio di morte,
popolando Rodi e Vico e creando Carpino, Cagnano ed Ischitella».
Il
lago di Varano, dunque, ha circa mille anni di vita. Probabilmente,
in seguito ad un maremoto, la città sprofondò nelle sabbie e
scomparve alla vista. Il mistero della città scomparsa è sepolto
nelle acque del lago di Varano. Le immersioni subacquee indirizzate
dai racconti dei pescatori lagunari, ci hanno consentito di accertare
che
non si tratta di una leggenda. Purtroppo, non è mai stata realizzata
una campagna archeologica sui fondali - quantomeno dalle università o
dalla soprintendenza al ramo - ricchi peraltro di sorgenti subacquee. I
reperti archeologici provenienti da Uria, anzi i suoi tesori, invece che
tornare nel Gargano, sono attualmente disseminati in musei statali e
collezioni private in Italia e all'estero.
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