PUGLIA: INQUINAMENTO FOGNARIO - FOTO GIANNI LANNES (TUTTI I DIRITTI RISERVATI) |
di
Gianni Lannes
Da Lesina a Taranto colate di fogna e metastasi di
cemento. 830 chilometri di costa assediati da un abusivismo legalizzato; un
mare incantevole sovente inquinato da scarichi non depurati; aree interne
deturpate da discariche a cielo aperto. E’ l’altra immagine della Puglia con
cui bisogna fare i conti. Nell’ottobre del 1994, l’Enea indicò 1212 siti da
bonificare, da allora le polveriere ad orologeria sono aumentate a dismisura. A 40 anni dalla diffusa epidemia di colera che investì il Mezzogiorno, i
depuratori scarseggiano e quelli attivi funzionano a singhiozzo. Li gestisce
l’Acquedotto Pugliese (noto più per dar da mangiare che da bere, sic!) e un pugno di aziende private che per questa funzione a
mezzo servizio intascano fior di quattrini. La popolazione servita è pari a
circa il 50 per cento di quella residente. In provincia di Lecce il livello
scende al 20. Nuove proroghe si avvicendano alle vecchie: le epidemie di
salmonella, epatite, tifo, gastroenterite e altre patologie virali con le quali
la popolazione convive da decenni, vengono sistematicamente sottovalutate o
taciute dalle autorità istituzionali. Torrenti e canali gettano in mare
scarichi organici mescolati a veleni chimici. Eppure non vi è quasi il rischio di
imbattersi in “divieti di balneazione”, in particolare alle foci delle cloache
urbane e industriali. Indagini epidemiologiche, censimento degli scarichi e
piani di risanamento acque restano un sogno nel cassetto. Governo ed enti
locali minimizzano i fenomeni di evidente degrado, guardandosi bene dal colpire
le cause reali dell’inquinamento.
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Non a caso qualche tempo fa piombò dal
Lussemburgo Jean Jacques Schul, consigliere speciale del presidente della banca
Européenne d’Investissement, l’ente che ha finanziato per 207 miliardi di lire
il disinquinamento del Golfo di Manfredonia. «Ci hanno chiesto se i depuratori
funzionano e se il denaro è stato speso in maniera corretta» rivela Maria
Bianca Cudillo, responsabile del dipartimento micro-bio-tossicologico del
Presidio multizonale di prevenzione della Capitanata. La realizzazione delle
opere venne affidata all’associazione temporanea di imprese guidata da
Salvatore Matarrese. A banchettare alcuni protagonisti di Mani Pulite: Astaldi,
Cogefar-Impresit, Cooperativa di Produzione e Lavoro, Emit, Sica, Siba,
Putignano & Figli, compreso l’ex ministro Cirino Pomicino. In provincia di
Foggia l’Aqp gestisce il 40 per cento dei micidiali depuratori. «Impianti
fuorilegge» aveva rivelato a suo tempo Pasquale Arace, ingegnere dell’Acquedotto pugliese. Il
funzionario aveva messo nero su bianco in una serie di comunicazioni inviate ai
sindaci, invitati a “dotarsi di appositi progetti cantierabili” per non incappare
nelle maglie della Giustizia. I depuratori operano illegalmente e sono
sanati grazie alle provvidenziali autorizzazioni in deroga rilasciate
dall’Amministrazione provinciale. Suggeriva infatti Arace: «L’impianto
epurativo della fognatura come è noto non è in grado di ottenere reflui allo
scarico conformi alle leggi vigenti e in mancanza di tali progetti
cantierabili, si rammenta che l’articolo 21 della legge 319/76, così come
modificato dalla legge 172/95, stabilisce che le sanzioni per le violazioni di
cui allo stesso articolo non si applicano nei confronti dei pubblici
Amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di
progetti cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque». Il risultato è
sotto gli occhi di tutti: fogne simili a fiumi di morte sversano miscele letali
in mare e nel sottosuolo, contaminando le falde idriche.
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