13.6.24

PEDOFILIA ON LINE


 

di Gianni Lannes

Il fenomeno è sempre un tabù. Esistono pagine di chat on line alle quali si accede in maniera completamente anonima; non è necessario registrarsi, non occorre indirizzo e-mail, né numero di telefono, né è necessario fornire un nome, basta digitare l'URL per iniziare una conversazione on line con sconosciuti e senza autorizzazione di alcun tipo. Sono diversi gli youtuber italiani che pubblicizzano queste chat.

Ufficialmente l'utilizzo di questi siti per chat on line è consentito ai maggiori di 13 anni, ma il limite è facilmente aggirabile dal momento in cui basta premere un bottone in cui si garantisce la supervisione di un adulto e comunque non è richiesta alcuna verifica dell'account; basta scegliere tra "solo testo", "solo video" o versione ibrida per entrare in un mondo del proibito dove un 12enne può imbattersi in un utente di 60 anni.

La BBC ha riportato come basti accedere un pò di volte ad alcune di queste piattaforme, attivando la modalità video, per vedere scene di sesso o atti di masturbazione di sconosciuti.

I primi a denunciare le piattaforme sono stati gli psicologi, dopo aver segnalato casi di minori coinvolti in abusi sessuali in Rete: sembra che dopo due minuti, in media, dall'inizio della conversazione l'utente si trovi catapultato in una “sex chat”.

Eldorado Italia. Nel giugno 2023 sul giornale il Resto del Carlino si riportava la vicenda di un 40enne arrestato dalla squadra mobile di Ancona e sospettato di pedofilia ai danni di una 13enne: i due erano entrati in contatto proprio grazie ad una di queste chat.

Lo sfruttamento sessuale di minori da parte di tali siti è stato oggetto di un'indagine del relatore speciale delle Nazioni Unite: a luglio 2020, il "New York Times" aveva pubblicato un articolo in cui denunciava la popolarità di uno di questi siti e contava circa 26 milioni di visite mensili; a gennaio 2021, secondo la società di dati "Semrush" le visite erano salite a 54 milioni e solo su "TikTok" i video taggati con questi siti contano 11 miliardi di visualizzazioni.

Il 19 luglio 2019 è stata approvata la legge numero 69, cosiddetta «codice rosso», recante norme volte a contrastare la violenza di genere, tra cui il nuovo reato di «Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti», comunemente noto come «revenge porn», il quale punisce «chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000».

Il fenomeno del revenge porn è relativamente recente, sviluppatosi soprattutto con l'avanzare della tecnologia digitale: viene perpetrato soprattutto da uomini, di ogni età, in danno soprattutto delle ex partner, anche se, nei canali di diffusione di questi materiali, sono spesso presenti materiali pedopornografici.

Il rapporto di Amnesty International sull'Italia parla chiaramente: almeno una donna su cinque ha subito molestie e minacce online, con un gravissimo impatto psicologico, anche di lunga durata.

Dopo l'inchiesta di Wired di inizio aprile 2020, il giornale Fanpage.it ha smascherato un'altra rete online di pedofili e revenge porn di un gruppo Telegram con oltre 53 mila iscritti, molti dei quali costantemente impegnati nel condividere e richiedere materiale pornografico, sia di adulti che di minorenni, coperti dall'anonimato garantito da nickname.

Gli amministratori del gruppo, inoltre, indicano anche un «gruppo di riserva» nel quale migrare; si tratta di un sistema collaudato: il gruppo nasce, raggiunge il picco di utenti e viene infine chiuso da Telegram o a seguito dell'intervento della polizia postale; tuttavia, il «gruppo di riserva», da ripopolare in caso di cancellazione, consente di tramandare un'eredità condivisa fatta di foto e video privati.

Le conseguenze sociali, umane ed economiche per le vittime del revenge porn nel mondo reale sono a volte anche tragiche, inclusa la morte di qualche innocente vittima; nel gruppo Telegram le donne sono nient'altro che pezzi di carne esposti in una vetrina virtuale, si incita allo stupro e alla pedofilia, il femminicidio viene rappresentato come «una forma d'arte».

Le richieste di materiale pedopornografico, anche relativo a minori nati nel 2017, sono migliaia ogni giorno ed avvengono nel più assoluto disinteresse degli amministratori; gli scambi riguardano anche materiale foto e video di ex partner, ma anche di famigliari, come sorelle, cugine o madri, naturalmente senza il consenso delle dirette interessate, configurando il reato di revenge porn.

Telegram non è l'unico strumento utilizzato per perpetrare il revenge porn ed altre App di messaggistica e social sarebbero coinvolte; il fenomeno ha raggiunto livelli allarmanti e tutte le iniziative adottate dalle istituzioni e dai gestori delle piattaforme online si sono rivelati inutili.

Dulcis in fundo. In data 2 marzo 2023, il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha scarcerato Rodolfo Fiesoli, il capo della comunità «Il Forteto», in provincia di Firenze, poco più di tre anni dopo dall'incarcerazione. Fiesoli, condannato con sentenza definitiva a 14 anni e 10 mesi di reclusione per abusi sui minori e che stava scontando la pena definitiva dal novembre del 2019 nel carcere di Padova dove si era costituito dopo la sentenza della Cassazione, è stato trasferito in una Rsa della stessa città. Il Tribunale di sorveglianza di Venezia con ordinanza emessa il 14 dicembre 2022 eseguita in data 28 febbraio 2023 ha concesso a Fiesoli Rodolfo Luigi, la misura alternativa della detenzione domiciliare, per motivi di età e per motivi di salute del condannato. 

Riferimenti:

Gianni Lannes, Bambini a perdere, Luigi Pellegrini editore, Cosenza, 2016.

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=pedofilia 

Nessun commento:

Posta un commento

Gradita firma degli utenti.