(Pubblicazione: novembre 2023) |
di Gianni Lannes
Sotto gli occhi del mondo. La sera del 27 giugno 1980 un aereo civile (il DC9 Itavia) partito da Bologna con ritardo e diretto a Palermo, finisce nel Mar Tirreno, tra le isole di Ponza e Ustica. La mattina del 2 agosto dello stesso anno esplode la stazione di Bologna. Durante quell'estate rovente, 166 persone, tra cui bambini, vengono uccise. Ancora oggi non è stata ancora chiarita la ragione né i mandanti sono stati scoperti. Perché? Qual è il movente? Esiste una relazione tra le due stragi, tra le più sanguinose e politicamente determinati della storia repubblicana del Belpaese eterodiretto dall'estero.
Alla luce della logica, allineando fatti, documenti e testimonianze, nonostante i depistaggi nazionali e internazionali, nonché l'eliminazione cruenta di prove e testimoni, emergono le responsabilità politiche e in second'ordine militari, mai portate all'attenzione dell'opinione pubblica. Come mai dopo 43 anni questo segreto di Stati (alleati) e multinazionali dell'impunito potere criminale è ancora indicibile? Perché lo Stato italiano, o meglio i governini tricolore - dal 1980 al 2023, da Cossiga a Meloni - garantiscono il segreto a tripla mandata e mandano in scena farsesche commissioni parlamentari, sbianchettando al contempo carte insignificanti (Renzi docet)? Giochi di guerra in tempo di pace? Le vittime sono state volutamente sacrificate dai telecomandati governanti italiani per tutelare nebulosi affari a danno dell'ignara popolazione, o simili condotte istituzionali di evidente stampo terroristico rispondono a perversi equilibri geopolitici di sudditanza tricolore verso Washington, Londra, Parigi e Tel Aviv? L'Italia è priva di sovranità? Chi ha deciso che tutte quelle persone, inclusi neonati, dovevano solo morire? In ogni caso, tali tragiche vicende gettano ancora ombre sul presente e inquinano il futuro dell'Italia. Allora, sapere per capire, perché in uno Stato di diritto, in una democrazia compiuta, insomma in un Paese civile, contano gli interrogativi e la verità. Un giornalista ha sempre il dovere etico di fare luce.
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