di Gianni Lannes
Correva l’anno 2014 e il calendario segnava il 19
marzo, quando Sesa Amici, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri, nella seduta parlamentare numero 194, proclamava testualmente:
«Io credo che, alla luce non solo dell'iniziativa di
ieri, ma anche di una richiesta che proviene unanime da parte di tutti i
gruppi, sia arrivato il momento, dopo vent'anni trascorsi, che sono anche un
tempo sufficiente per mantenere i livelli della sicurezza dello Stato nazionale
– e su questo il Governo sarà fortemente impegnato –, di aprire e togliere la
secretazione sul caso di Ilaria Alpi. Credo, infatti, che lo si debba, non solo
alla memoria di una vittima nazionale, una collega di molti inviati speciali,
ma soprattutto all'idea di una giustizia, che non è la giustizia che si
restituisce ad una memoria e alla sua famiglia, ma è la giustizia di uno Stato
di diritto che deve tutelare i propri cittadini, anche di fronte alle
situazioni drammatiche che l'hanno coinvolta. Per questo, il Governo ha
ritenuto di dover intervenire in questa fase, assicurando l'impegno di avviare
tutte le procedure all'interno di questa questione. Io credo che, come per
tante questioni che ancora rimangono ignote in questo Paese, abbiamo la necessità
e il dovere, morale e politico, proprio di corrispondere ad un'idea di
giustizia che sia la giustizia per tutti».
Bene, brava, bis. Anche il sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio con delega ai servizi, tale Marco Minniti aveva
ribadito ufficialmente il 22 aprile 2014: «Entro maggio saranno desecretati i
documenti anche sul caso di Ilaria Alpi». Parole, parole, soltanto parole, anzi prese per i fondelli. Dopo un anno, alla prova
dei fatti, questi annunci plateali risultano una mera dichiarazione al vento, ovvero un inganno.
Infatti,
il 22 aprile 2014, il primo ministro pro tempore Matteo Renzi (non eletto dal “popolo
sovrano”, ma imposto dal Napolitano per conto terzi) ha emanato il seguente
provvedimento, aggiornato il 28 gennaio 2015:
«Atti sulle stragi, la direttiva Renzi sulla
declassificazione. Stabilita, con direttiva del Presidente del Consiglio del 22
aprile 2014, la declassificazione della documentazione relativa a gravissimi
eventi che negli scorsi decenni hanno segnato la storia italiana, con
l’obiettivo di rendere conoscibili in tempi più brevi tutti i documenti tenuti
dalla pubblica amministrazione. Presenti alla firma il Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza della Repubblica Marco
Minniti ed il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza
(DIS) Giampiero Massolo. La direttiva, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n.100 del 2 maggio 2014, consente il versamento agli archivi di Stato di carte
classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato, secondo un
criterio cronologico, dal più antico ai tempi più recenti; vengono così
anticipati significativamente i
tempi di versamento, di norma
previsti in almeno 40 anni dalla cessazione della trattazione corrente, limite che vale per tutte le Amministrazioni.
Gli atti indicati nella direttiva, per i quali non sussiste segreto di Stato,
sono quelli relativi agli eventi di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro
(1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano
(1973), di Piazza della
Loggia a Brescia (1974), dell'Italicus (1974),
di Ustica (1980),
della stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984). Gli atti tenuti
dalle Amministrazioni centrali vanno
versati all'Archivio centrale dello
Stato, presso cui diventano
consultabili, secondo le disposizioni
che regolano la tenuta dei
beni archivistici. Un’apposita
Commissione provvede al coordinamento
delle operazioni di versamento
dei documenti, curando anche l’ individuazione delle modalità di protezione
di specifiche informazioni che,
nell'ambito dei documenti,
dovessero richiedere tuttora
una tutela nell'interesse della
sicurezza delle persone, della
riservatezza dei terzi,
o delle relazioni internazionali. Le modalità di attuazione della
direttiva sono state al centro di un incontro tra il Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ed i presidenti delle associazioni
dei familiari delle vittime delle stragi, avvenuto il 28 gennaio 2015 a Palazzo
Chigi».
Dunque, oggettivamente, sull’assassinio della
giornalista Ilaria Alpi e del videoperatore indipendente Miran Hrovatin,
permane a tutt’oggi il segreto di Stato. Ancora una volta Renzi ha gettato fumo
negli occhi della distratta e letargica opinione pubblica tricolore? Per mister
Renzi «la trasparenza è un dovere», ma in questo caso documentato, decisamente di
carta straccia, ovvero effimero e non riscuotibile. Sul predetto caso le
autorità statali detengono circa 20 mila documenti inaccessibili ai comuni
mortali, che attestano il coinvolgimento diretto dei governi nostrani nel traffico
ecomafioso di rifiuti pericolosi, nonché nella vendita di armi a nazioni in guerra, o
dove non valgono i diritti civili. Il succo della questione è tutto qui. Vale a
dire: l’eventuale declassificazione effettiva degli atti sul deliberato
omicidio di Ilaria e Miran, avrebbe un effetto destabilizzante sulla casta parassitaria,
eterodiretta dal 1861. Ai giorni nostri, sul sito del Parlamento hanno
evidenziato, ma non pubblicato, una serie di documenti già noti da anni: materiale
secretato, ma su cui non c’è formalmente apposto un segreto di Stato.
Inoltre, tanto
per chiarire in punta di diritto la situazione, Renzi ha semplicemente
annunciato l’anno scorso, di abolire un segreto di Stato, che soltanto
nominalmente è già stato annullato 8 anni fa dalla legge 124/2007. Questa normativa
all’articolo 39, dopo una sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito: «in
nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti, o
cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale, o a
fatti costituenti il reato di strage».
Piuttosto invece di blaterare a reti unificate e senza contraddittorio con chi potrebbe agevolmente stenderlo dialetticamente al tappeto, Renzi avrebbe dovuto completare e mettere in vigore
i regolamenti attuativi (lettera morta) sulla desecretazione istituzionale, che giacciono nel
cassetto dal 2007. Non è tutto: latita ancora oggi un elenco di tutti gli
archivi dove sono stati seppelliti i depositi di documenti da declassificare. E
perché non coinvolgere nell’operazione di cosiddetta "trasparenza", anche l’archivio dell’Arma
dei carabinieri che detiene, non si sa bene a quale titolo "legale", ben 70 milioni di fascicoli sugli italiani? A proposito:
dove l’ha occultato l’Arma? Così come dovrebbe essere reso pubblico l’archivio
del Quirinale. Rammentate gli armadi della vergogna? Ecco un solo esempio su
cui riflettere, prima di farsi abbindolare dalle sparate propagandistiche di Renzi, o di chi per lui:
dietro le stragi nazifasciste esistono ancora adesso migliaia di documenti con
il timbro “segreto” o “segretissimo”. Si tratta di una scoperta emersa più di un
decennio fa, grazie alla ricerca sul campo del giornalista Franco Giustoli.
Infine, il governo Renzi su questa materia - come per tante altre - non risponde agli atti parlamentari dei suoi stessi onorevoli del Piddì:
riferimenti:
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Entro-inizio-maggio-desecretati-i-documenti-anche-sul-caso-di-Ilaria-Alpi-1e95a2a8-bb8e-4153-a90e-34a10a37b8ce.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=ILARIA+ALPI
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=navi+veleni
http://www.ilariaalpi.it/?p=4118
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=ILARIA+ALPI
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=navi+veleni
http://www.ilariaalpi.it/?p=4118
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