19.3.15

ILARIA ALPI E MIRAN HROVATIN: RENZI NON ABOLISCE IL SEGRETO DI STATO!





di Gianni Lannes


Correva l’anno 2014 e il calendario segnava il 19 marzo, quando Sesa Amici, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nella seduta parlamentare numero 194, proclamava testualmente:

«Io credo che, alla luce non solo dell'iniziativa di ieri, ma anche di una richiesta che proviene unanime da parte di tutti i gruppi, sia arrivato il momento, dopo vent'anni trascorsi, che sono anche un tempo sufficiente per mantenere i livelli della sicurezza dello Stato nazionale – e su questo il Governo sarà fortemente impegnato –, di aprire e togliere la secretazione sul caso di Ilaria Alpi. Credo, infatti, che lo si debba, non solo alla memoria di una vittima nazionale, una collega di molti inviati speciali, ma soprattutto all'idea di una giustizia, che non è la giustizia che si restituisce ad una memoria e alla sua famiglia, ma è la giustizia di uno Stato di diritto che deve tutelare i propri cittadini, anche di fronte alle situazioni drammatiche che l'hanno coinvolta. Per questo, il Governo ha ritenuto di dover intervenire in questa fase, assicurando l'impegno di avviare tutte le procedure all'interno di questa questione. Io credo che, come per tante questioni che ancora rimangono ignote in questo Paese, abbiamo la necessità e il dovere, morale e politico, proprio di corrispondere ad un'idea di giustizia che sia la giustizia per tutti».

Bene, brava, bis. Anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi, tale Marco Minniti aveva ribadito ufficialmente il 22 aprile 2014: «Entro maggio saranno desecretati i documenti anche sul caso di Ilaria Alpi». Parole, parole, soltanto parole, anzi prese per i fondelli. Dopo un anno, alla prova dei fatti, questi annunci plateali risultano una mera dichiarazione al vento, ovvero un inganno.





Infatti, il 22 aprile 2014, il primo ministro pro tempore Matteo Renzi (non eletto dal “popolo sovrano”, ma imposto dal Napolitano per conto terzi) ha emanato il seguente provvedimento, aggiornato il 28 gennaio 2015:

«Atti sulle stragi, la direttiva Renzi sulla declassificazione. Stabilita, con direttiva del Presidente del Consiglio del 22 aprile 2014, la declassificazione della documentazione relativa a gravissimi eventi che negli scorsi decenni hanno segnato la storia italiana, con l’obiettivo di rendere conoscibili in tempi più brevi tutti i documenti tenuti dalla pubblica amministrazione. Presenti alla firma il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza della Repubblica Marco Minniti ed il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) Giampiero Massolo. La direttiva, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.100 del 2 maggio 2014, consente il versamento agli archivi di Stato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato, secondo un criterio cronologico, dal più antico ai tempi più recenti; vengono così anticipati  significativamente  i  tempi  di versamento, di norma previsti in  almeno 40  anni  dalla  cessazione della trattazione corrente,  limite che vale per tutte le Amministrazioni. Gli atti indicati nella direttiva, per i quali non sussiste segreto di Stato, sono quelli relativi agli  eventi  di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia  Tauro  (1970),  di  Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di  Piazza  della  Loggia  a Brescia  (1974), dell'Italicus  (1974),  di  Ustica  (1980),  della stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984). Gli atti tenuti dalle Amministrazioni  centrali vanno versati all'Archivio  centrale  dello  Stato,  presso cui diventano consultabili, secondo  le  disposizioni  che regolano la tenuta dei  beni  archivistici. Un’apposita Commissione provvede  al  coordinamento  delle   operazioni di versamento dei documenti, curando anche l’ individuazione delle modalità di  protezione  di specifiche informazioni che,  nell'ambito  dei  documenti,  dovessero richiedere tuttora  una  tutela  nell'interesse  della  sicurezza delle persone, della  riservatezza  dei  terzi,  o delle relazioni internazionali. Le modalità di attuazione della direttiva sono state al centro di un incontro tra il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ed i presidenti delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi, avvenuto il 28 gennaio 2015 a Palazzo Chigi».

Dunque, oggettivamente, sull’assassinio della giornalista Ilaria Alpi e del videoperatore indipendente Miran Hrovatin, permane a tutt’oggi il segreto di Stato. Ancora una volta Renzi ha gettato fumo negli occhi della distratta e letargica opinione pubblica tricolore? Per mister Renzi «la trasparenza è un dovere», ma in questo caso documentato, decisamente di carta straccia, ovvero effimero e non riscuotibile. Sul predetto caso le autorità statali detengono circa 20 mila documenti inaccessibili ai comuni mortali, che attestano il coinvolgimento diretto dei governi nostrani nel traffico ecomafioso di rifiuti pericolosi, nonché nella vendita di armi a nazioni in guerra, o dove non valgono i diritti civili. Il succo della questione è tutto qui. Vale a dire: l’eventuale declassificazione effettiva degli atti sul deliberato omicidio di Ilaria e Miran, avrebbe un effetto destabilizzante sulla casta parassitaria, eterodiretta dal 1861. Ai giorni nostri, sul sito del Parlamento hanno evidenziato, ma non pubblicato, una serie di documenti già noti da anni: materiale secretato, ma su cui non c’è formalmente apposto un segreto di Stato.

Inoltre, tanto per chiarire in punta di diritto la situazione, Renzi ha semplicemente annunciato l’anno scorso, di abolire un segreto di Stato, che soltanto nominalmente è già stato annullato 8 anni fa dalla legge 124/2007. Questa normativa all’articolo 39, dopo una sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito: «in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti, o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale, o a fatti costituenti il reato di strage».

Piuttosto invece di blaterare a reti unificate e senza contraddittorio con chi potrebbe agevolmente stenderlo dialetticamente al tappeto, Renzi avrebbe dovuto completare e mettere in vigore i regolamenti attuativi (lettera morta) sulla desecretazione istituzionale, che giacciono nel cassetto dal 2007. Non è tutto: latita ancora oggi un elenco di tutti gli archivi dove sono stati seppelliti i depositi di documenti da declassificare. E perché non coinvolgere nell’operazione di cosiddetta "trasparenza", anche l’archivio dell’Arma dei carabinieri che detiene, non si sa bene a quale titolo "legale", ben 70 milioni di fascicoli sugli italiani? A proposito: dove l’ha occultato l’Arma? Così come dovrebbe essere reso pubblico l’archivio del Quirinale. Rammentate gli armadi della vergogna? Ecco un solo esempio su cui riflettere, prima di farsi abbindolare dalle sparate propagandistiche di Renzi, o di chi per lui: dietro le stragi nazifasciste esistono ancora adesso migliaia di documenti con il timbro “segreto” o “segretissimo”. Si tratta di una scoperta emersa più di un decennio fa, grazie alla ricerca sul campo del giornalista Franco Giustoli.  

Infine, il governo Renzi su questa materia - come per tante altre - non risponde agli atti parlamentari dei suoi stessi onorevoli del Piddì:



riferimenti:




http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0194& tipo=stenografico#sed0194.stenografico.tit00050.int00130
  



                 

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