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Italia, petrolio amaro. |
di Gianni Lannes
In Italia non esistono più luoghi sacri, da rispettare e
tramandare alle future generazioni. In fondo al mare: un’ipoteca irreversibile sul
futuro. Lampi sull’Eni, Shell, Total ed
altro ancora. Tempi di profonda
regressione culturale, in cui la realtà supera di gran lunga la fantascienza. L’oro
nero è agli sgoccioli e le multinazionali raschiano il barile nel Mediterraneo, trivellando nei parchi
nazionali e perfino nelle zone vulcaniche. Lo Stato italiota da sempre ha dato
il via libera. Prodi, Berlusconi o Monti: ai maggiordomi è stata impartita la
medesima lezione. Il risultato non muta: a perdere è sempre la natura e gli
esseri viventi. Pronti al tuffo? Nel Mare Nostrum va anche peggio, “aree
protette” comprese: Isole Tremiti in primis, poi toccherà al Salento e a
Pantelleria. Il Golfo di Taranto è già ipotecato, mentre allungano le grinfie
anche sul Veneto e la Sardegna, grazie ad una fauna di politicanti da baraccone
(sinistra, centro, destra: Vendola tutto incluso), venduti al miglior
offerente. Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e
Sicilia sono state già ipotecate. Verso sud: il presidente del parco nazionale
del Gargano è nientedimeno che l’avvocato Pecorella (già portaborse dell’onorevole
Leone), passato direttamente alla leggenda per il via libera unitamente
all’ecologista Nichi Vendola, agli inceneritori in Capitanata. Per la cronaca:
il governatore Vendola ha concesso autorizzazioni a trivellare sulla terraferma
pugliese (ne abbiamo già scritto due anni fa). E le associazioni ambientaliste?
Una peggio dell’altra. Salvando la base, prendete certe dirigenze di
Legambiente e Wwf: sul libro paga dell’Eni (prove alla mano). Una deriva
partita da lontano: dopo l’omicidio di Enrico
Mattei (1962), l’assassinio di Mauro
De Mauro (1970) ed il massacro (1975) di Pier Paolo Pasolini. Dietro a sigle fantomatiche come Petroceltic
International figurano i soliti criminali impuniti e a piede libero: Rockefeller & Rothschild. Forza Italia, Grande Italia: il risultato non cambia e tutto torna
in peggio. Va in onda la guerra ambientale, già ma chi se n’è accorto nel
vecchio continente?
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Protesta in Puglia. |
Eldorado Italia - La Basilicata è già perduta: in laghi e sorgenti d’acqua galleggiano
ufficialmente gli scarti degli idrocarburi. Le analisi scientifiche certificano
il disastro da anni. Tanti, troppi
permessi, rilasciati a compagnie straniere che approfittano delle condizioni vantaggiose
concesse dallo stato italiano. Si trivella utilizzando per giunta fluidi
radioattivi, a profondità sempre maggiori, oltretutto, a caccia di una quantità
petrolifera di pessima qualità che rimane ridotta, rischiando di danneggiare irrimediabilmente
ecosistemi resi già fragili da altri problemi di contesto. Un centinaio di nuove trivelle - precedute dai
cannoni “air gun” che ammazzano i
cetacei - che, grazie ai permessi di ricerca di idrocarburi rilasciati fino ad
oggi, minacciano il mare e il territorio italiano. Solo nell’ultimo anno
infatti, sono stati concessi una ventina di nuovi permessi di ricerca per un
totale di 41.200 chilometri quadrati. Nel dettaglio, le aree di mare oggetto di
richiesta di ricerca sono 39: 21 nel canale di Sicilia, 8 tra Marche, Abruzzo e Molise, 7 sulla costa adriatica della Puglia, 2 nel golfo di
Taranto, e 1 nell’Adriatico settentrionale. I dati ufficiali non mentono come i
governanti a livello nazionale e locale: siamo di fronte ad un autentico assedio
del Mare Nostrum da parte delle compagnie straniere, che hanno presentato il 90
per cento delle istanze di ricerca nel mare del nostro Paese, considerato il
nuovo Eldorado, grazie alle condizioni molto vantaggiose per cercare ed
estrarre idrocarburi. Ma, il gioco non vale la candela: secondo il Ministero
dello Sviluppo economico le riserve stimate sono pari a 187 milioni di
tonnellate che, considerando il tasso di consumo del 2010 di 73,2 milioni di
tonnellate, verrebbero consumate in soli 30 mesi, cioè in 2 anni e mezzo. Un
assalto che garantisce solo ricchi utili per le società petrolifere, senza
tener conto non solo dei rischi per il turismo e la pesca in caso di incidente,
ma anche del nuovo modo di produrre energia che deve sostituire quanto prima le
fonti fossili. La produzione di petrolio off shore, da trivellazione a mare, si
concentra in due zone: a largo della costa meridionale siciliana, tra Gela e Ragusa, dove nel 2011 si è prelevato il 55 per cento del totale
nazionale estratto dai fondali marini, e nel mar Adriatico centro meridionale dove è stato estratto il restante
45 per cento.
Addio Tremiti - Quando offuscano le tue radici con
un abuso di potere dello Stato e per ragioni di mero profitto economico, il
potere cala la maschera. E anche l’ultimo minus habens appena assoldato, deve
tacere. Ne avevo già scritto sul quotidiano La Stampa nell’ottobre dell’anno
2008. Ovvero in tempi non sospetti, mentre tutti sonnecchiavano. Ma ora non ha
importanza chi ha suonato per tempo l’allarme o stracciarsi le vesti. Tecnicamente
è la “d494”, approvata il 7 agosto 2012 per provare gli air gun nel mare delle
Diomedee. Siamo a 13 miglia nautiche dalle Tremiti e
dalla riva molisana, non troppo lontano dal campo Rospo Mare e a cavallo fra
l’Abruzzo, il Molise e la Puglia. Hanno calcolato il perimetro nei dettagli, in
modo da non dover sottostare a nessun limite di 12 o 5 miglia.. Ed è tutto
stato approvato dal governo Monti, come se a 13 miglia siamo al sicuro e a 12
no. Hanno detto sì, comodamente seduti da Roma, il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali (sic!). La prima istruttoria, con parere positivo risale al
giugno 2011 (governo Berlusconi). Nel Novembre del 2011 i boiardi hanno
confermato il parere positivo nonostante i vari pareri negativi. Sostengono che
le obiezioni sollevate dal Molise non sono valide per i cannoni air gun, ma
solo per pozzi veri e propri. Nel marzo 2012 addirittura il governo del
maggiordomo Monti presenta delle controdeduzioni favorevoli ai cacciatori stranieri di
petrolio. Ed ora la benedizione finale,
7 Agosto 2012: padroni della Petroceltic, tutt’appost’: potete andare ad
ammazzare altri delfini, capodogli e tartarughe caretta caretta, a sparare in
mare aperto senza alcuna conseguenza penale.
Inquinamento a norma di
legge - Tranquilli. In
base al Decreto Legge 3 aprile 2006 numero 152 quando trivellate se non sapete
dove mettere i rifiuti pericolosi, siete autorizzati a scaricarli in mare. E
chi mai andrà a controllare concentrazioni, piani di monitoraggio, assenza di
pericoli? Infatti, recita l’articolo
104: «Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee - 5. Per le attività di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque
diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio con proprio decreto, purchè la concentrazione di
olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è
progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche
profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all’iniezione
o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai
commi 2 e 3. 6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, in
sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al
comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità
previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi: a) per la frazione di acqua
eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia
sufficiente a garantire la ricezione di tutta l’acqua risultante dall’estrazione
di idrocarburi; b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione,
ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e
sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall’impianto di iniezione o di reiniezione.
7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 e’ autorizzato
previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l’assenza
di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici».
Venezia addio ? - Dopo Pantelleria, Tremiti e
Gargano, un altro territorio italiano è a rischio trivelle: il Veneto. La
società texana Aleanna Resources, ha
infatti chiesto formalmente il permesso di ricercare idrocarburi nel sottosuolo
della laguna più famosa del Belpaese. La compagnia nordamericana non è la prima
a muovere simili richieste, anche se in precedenza molti tentativi di
estrazione sono stati bloccati a vantaggio di ambiente e cittadini: già negli
anni ’60 venne chiarita la correlazione fra gli scavi nel terreno e il
verificarsi del fenomeno si subsidenza, ossia l’abbassamento del suolo dovuto
allo spostamento degli strati sottostanti: che sia per il dislivello
dell’acqua, o per l’estrazione di metano e idrocarburi, si teme che il
territorio veneto possa subire tragiche conseguenze rispetto ad attività così
invasive. È proprio per questo che contro questo progetto si sono esposti molti
sindaci dei comuni coinvolti, quasi una settantina tra Rovigo, Padova e Venezia. Dopo i primi dubbi in proposito, è stata
chiarita l’obbligatorietà della valutazione d’impatto ambientale, necessaria
in Italia per realizzare opere di notevole portata, in grado, potenzialmente,
di arrecare gravi danni all’ambiente in cui vengono portate a termine. A questo
punto una commissione tecnica dovrà decidere se autorizzare il progetto di
prospezioni geologiche in territorio regionale, o giudicarlo troppo impattante
per il delicato ecosistema urbano, già minacciato dall’innalzamento del livello
del mare e da una laguna sempre più a rischio. Le richieste, nello specifico,
riguardano due aree: la prima, nell’altopolesano, estesa per circa 450 chilometri
quadrati, la seconda, di altri 410 chilometri quadrati, nel Basso Polesine. Dal
punto di vista tecnico oltre ai dubbi riguardo le conseguenze che le estrazioni
di idrocarburi possono lasciare sul territorio in cui avvengono, nell’area tra
il basso corso dei fiumi Adige e Po si presenta un fenomeno da tenere ben in
considerazione, la subsidenza, ossia il progressivo abbassamento verticale del
suolo dovuto alla compattazione dei materiali. Questo meccanismo può
verificarsi in maniera naturale o indotta. È naturale quando i sedimenti sono
molto porosi e tendono a comprimersi, riducendosi di volume e quindi
abbassandosi se hanno sopra un carico. Si parla invece di subsidenza indotta
quando l'uomo estrae acqua, petrolio o gas dal terreno diminuendo la pressione
dei fluidi, provocando così un
assestamento del terreno. In Veneto già negli anni ‘60 si verificarono
abbassamenti del suolo superiori anche a 3,5 metri. Scusate, quasi dimenticavo:
i russi stanno perforando il suolo - alla ricerca di gas - attorno alla citta
di Lucera di Federico II. E l’Eni a distanza di 50 anni non ha ancora
bonificato nell’antica Daunia, i pozzi da cui ha sottratto 30 miliardi di
metri cubi di metano. Certo, questa è un altro capitolo del Sud depredato dallo
Stato tricolore. Allora, chiamatelo
complotto se proprio vi fa piacere che gli stranieri distruggano il Belpaese.
Il risultato non cambia. Eppure spunta
sempre qualche servo italiano o salta fuori dal nulla l’esperto di turno a
negare l’evidenza, come per le scie chimiche. Chissenefrega delle conseguenze
ambientali, tanto questi illuminati con il pallino di dominare il mondo vivono
lontano, al sicuro. E hanno già assoldato tre quarti della “classe dirigente”
(si fa per dire) europea. Date un’occhiata all’Aspen
Institute e vi troverete a sguazzare come se niente fosse anche Giorgio Napolitano in buona compagnia.
Esatto: si tratta di quel personaggio che soffre di amnesie e ci sosta al
Quirinale 26 mila euro l’ora. Appunto: il chiacchierato, anzi intercettato -
per via di una trattativa Stato &
Mafia - presidente della Repubblica, denunciato recentemente dall’avvocato Paola Musu di Cagliari. Un galantuomo a
quest’ora si sarebbe già dimesso. Se la società civile c’è ancora - e non è
divisa nel suo orticello - si faccia viva senza affidarsi ai violentatori di
Gaia. Arrestiamoli per sempre, prima che sia troppo tardi.
RAPPORTO
ANNUALE 2012
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No petrolio, protesta bambini a Monopoli. |
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Isole Tremiti, il faro. |
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Gargano, paesaggio costiero. |
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Pianosa, isole Tremiti. |
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Gargano, caretta caretta spiaggiamento - Luglio 2012. |
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Sicilia, idrocarburi. |
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Trivellazioni in mare. |
"Va in onda la guerra ambientale, già ma chi se n’è accorto nel vecchio continente?"
RispondiEliminaGuerre ambientali che servono a "ripulire" dai vincoli ambientali.. è via efficace.
Grandi passi "liberatori" sono stati fatti anche in Toscana - quest'anno un anno DOC..non dei prodotti locali... :
http://qualenergia.it/articoli/20070727-la-toscana-come-il-texas-1
Censura preventiva? Accade una cosa strana! I seguenti cognomi Rockefeller & Rothschild, scritti correttamente nel testo di impaginazione, perdono inspiegabilmente qualche vocale e/o consonante dopo la pubblicazione!
RispondiEliminaLa gente si sveglia...
RispondiEliminahttp://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Risorse/Coro-di-no-per-le-ricerche-petrolifere-in-Adriatico-la-rivolta-parte-dalle-Tremiti_313660299169.html