Italia, nave balia e sommergibile nucleare Usa. |
di Gianni Lannes
Non
c'è nulla di più libero e più romantico di un marinaio. Non c’è
nulla di più intenso della salsedine che si insinua tra le rughe
della pelle tostata dal sole e rende inconfondibile l’odore di un
lavoratore che solca giorno e notte il grande blu. Ma in mare spesso
si muore per cause avulse dall'attività lavorativa e prevale l’oblio
umano, quando non il segreto deliberato. Accade soprattutto in Italia
in ragione dei giochi di guerra della Nato. A farne le spese,
a causa di questa mancanza di sovranità verso il potente
alleato-padrone, uomini pacifici e barche da pesca.
Miti e misteri della nostra epoca che sconfinano addirittura nell'esoterismo. Oggetti sommersi ben noti alle autorità, ma dimenticati o sottoposti a segreto militare e di Stato perché affondati da sommergibili Usa. Sovente il governo dello Zio Sam ha risarcito le vittime occasionali chiedendo in cambio il silenzio circa la reale natura degli “incidenti”.
Emblematico
il caso del peschereccio Cosimo II di Gallipoli trascinato sul
fondo senza tanti complimenti da un'unità nordamericana, o del
Sirio, agganciato due volte
da un sommergibile Usa e quasi affondato e
di altre unità da pesca delle marinerie toscane, siciliane e
calabresi. Il Francesco Padre non è l’unica barca
italiana colata a picco dall'Alleanza atlantica (4 novembre 1994). A
bordo della barca molfettese comandata dal capitano Giovanni Pansini
(45 anni), c'erano altri 4 uomini ed il cane Leone.
Nell'elenco
dei dispersi e mai più tornati alle proprie famiglie, ai propri
cari, alle mogli, ai figli c'è anche la motobarca Angelo Padre
di Giulianova, inabissata 30 anni fa nell'Adriatico, a circa 90 metri
di profondità. Scomparvero tra i flutti in circostanze nebulose tre
persone, compreso un ragazzo di 19 anni. Il battello fu individuato,
ma stranamente i corpi non sono mai stati recuperati.
Atti
parlamentari - La prima interrogazione 4-14016 (19 aprile 1982) è di
Falco Accame, già presidente della Commissione
Difesa della Camera. La seconda, invece, è dei deputati Di Giovanni e Susi (numero 4-14128: depositata il 26 aprile 1982). L'ex ufficiale della Marina militare nel corso dell'ottava legislatura aveva chiesto ufficialmente
lumi al ministro Di Giesi: «Per conoscere in relazione alle notizie
concernenti l'affondamento, avvenuto in Adriatico, all'altezza di
Giulianova, presumibilmente il giorno 7 aprile 1982, del peschereccio
Angelo Padre, con tre persone a bordo: da quale porto era partito ed
in quale data, in quale area avrebbe dovuto effettuare operazioni di
pesca, in quale ed in quale data sarebbe dovuto rientrare; quali
siano state le condizioni meteo-marine, ivi incluse quelle di
visibilità, a cavallo del periodo di presumibile affondamento; come
sia stata avviata la relativa operazione di soccorso, in quale
momento essa abbia avuto inizio e per quanto si sia protratta; quale
sia stata l'autorità coordinatrice dell'operazione e quali ne siano
stati i risultati; quale riscontro in fatti concreti e in
testimonianze dirette trovino le notizie secondo le quali il
peschereccio sarebbe affondato a seguito della collisione con unità
mercantile».
L'elusiva risposta del ministro della Marina Mercantile giunge il 9 maggio 1983 e
argomenta così:
«L'8 aprile 1982 a seguito di una segnalazione dell'armatore del motopeschereccio Angelo Padre, l'ufficio locale marittimo di Giulianova (Teramo) provvide ad interessare le capitanerie di porto del litorale e tutti i motopescherecci in navigazione al fine di iniziare le operazioni di ricerca del predetto battello, non rientrato in porto. Le operazioni di ricerca e soccorso furono poi coordinate dal dipartimento marittimo di Ancona, il quale fece intervenire, oltre ai mezzi navali delle capitanerie di porto, anche elicotteri HH-3F del quindicesimo stormo di Ciampino (Roma) e del centro SAR (search and rescue) di Rimini. Dette operazioni, iniziate il giorno 10 aprile 1982, si protrassero per tutto il giorno 9 aprile 1982, ma con esito negativo, anche per le pessime condizioni di visibilità della zona interessata dalle ricerche».
Avete letto bene, non è un refuso di stampa: nel testo ufficiale è scritto che le ricerche iniziarono il 10 aprile e si protrassero il 9 aprile. Ma come è stato possibile retrodatarle?
Prosegue ilò ministro Di Giesi: «Questo Ministero si interessò, tramite la locale capitaneria di porto, alle vicende legate all'affondamento del motopeschereccio Angelo Padre di Giulianova (Teramo), ma purtroppo non potè svolgere alcuna opera tesa all'ispezione del relitto ed al recupero delle salme dei pescatori che vi erano imbarcati, non consentendo il vigente codice della navigazione interventi del genere, ancorché permeati da così grande carica di motivi affettivi e dolorosi. Infatti, detto codice contempla da parte dell'Amministrazione marittima solo interventi di uffizio finalizzati, nel quadro dell'attività amministrativa e di polizia dei porti, al mantenimento di condizioni attuali di navigabilità e volti quindi alla rimozione di relitti delle imbarcazioni che costituiscono intralcio o pericolo alla navigazione, mentre al di fuori di tale tassativa ipotesi, l'autorità marittima può si procedere al recupero di navi sommerse, cioè del bene materiale, ma solo subordinatamente alla previsione del conseguimento di un utile risultato. D'altra parte, le misure intese alla salvaguardia delle persone, che nel contesto del codice assumono carattere prioritario come si evince dalla statuizione generalizzata degli articoli 489 e seguenti, si concretizzano essenzialmente nell'obbligo di soccorso posto dall'articolo 69, il quale da un lato concerne le operazioni di soccorso in senso tecnico, presupponenti cioé una situazione di pericolo ancora in atto e non comprendenti quindi quella successiva ed autonoma opera di ricerca di persone sicuramente non più in vita e dall'altro incombe non alla sola autorità marittima, ma a questa ed alte altre autorità che possono utilmente intervenire. A tali richiamate, obbiettive difficoltà ha ovviato la regione Abruzzo, il cui consiglio regionale ha approvato una apposita legge (legge regionale del 27 agosto 1982, n. 66) volta a fornire al comune di Giulianova i mezzi finanziari necessari per le operazioni di recupero delle salme dei marinai dell'Angelo Padre».
L'atto parlamentare di Di Giovanni e Susi, premesso precisa che «tra il 4 e il 5 aprile
1982 il peschereccio Angelo Padre di Giulianova è affondato, per
cause non ancora accertate, a circa 34 miglia dalla costa giuliese;
nella sciagura hanno perso la vita i pescatori Nicola Gualà,
Giuseppe Gualà e Gabriele Marchetti (…) la prefettura di Teramo è
stata interessata alla vicenda anche per il grave malcontento
esistente tra i pescatori e i cittadini in relazione alle difficoltà
incontrate per le operazioni di soccorso (…) quali interventi
intende promuovere e quali misure di aiuto finanziario intende
assicurare per favorire le operazioni di ispezione del relitto e di
recupero delle salme».
L'elusiva risposta del ministro della Marina Mercantile giunge il 9 maggio 1983 e
argomenta così:
«L'8 aprile 1982 a seguito di una segnalazione dell'armatore del motopeschereccio Angelo Padre, l'ufficio locale marittimo di Giulianova (Teramo) provvide ad interessare le capitanerie di porto del litorale e tutti i motopescherecci in navigazione al fine di iniziare le operazioni di ricerca del predetto battello, non rientrato in porto. Le operazioni di ricerca e soccorso furono poi coordinate dal dipartimento marittimo di Ancona, il quale fece intervenire, oltre ai mezzi navali delle capitanerie di porto, anche elicotteri HH-3F del quindicesimo stormo di Ciampino (Roma) e del centro SAR (search and rescue) di Rimini. Dette operazioni, iniziate il giorno 10 aprile 1982, si protrassero per tutto il giorno 9 aprile 1982, ma con esito negativo, anche per le pessime condizioni di visibilità della zona interessata dalle ricerche».
Avete letto bene, non è un refuso di stampa: nel testo ufficiale è scritto che le ricerche iniziarono il 10 aprile e si protrassero il 9 aprile. Ma come è stato possibile retrodatarle?
Prosegue ilò ministro Di Giesi: «Questo Ministero si interessò, tramite la locale capitaneria di porto, alle vicende legate all'affondamento del motopeschereccio Angelo Padre di Giulianova (Teramo), ma purtroppo non potè svolgere alcuna opera tesa all'ispezione del relitto ed al recupero delle salme dei pescatori che vi erano imbarcati, non consentendo il vigente codice della navigazione interventi del genere, ancorché permeati da così grande carica di motivi affettivi e dolorosi. Infatti, detto codice contempla da parte dell'Amministrazione marittima solo interventi di uffizio finalizzati, nel quadro dell'attività amministrativa e di polizia dei porti, al mantenimento di condizioni attuali di navigabilità e volti quindi alla rimozione di relitti delle imbarcazioni che costituiscono intralcio o pericolo alla navigazione, mentre al di fuori di tale tassativa ipotesi, l'autorità marittima può si procedere al recupero di navi sommerse, cioè del bene materiale, ma solo subordinatamente alla previsione del conseguimento di un utile risultato. D'altra parte, le misure intese alla salvaguardia delle persone, che nel contesto del codice assumono carattere prioritario come si evince dalla statuizione generalizzata degli articoli 489 e seguenti, si concretizzano essenzialmente nell'obbligo di soccorso posto dall'articolo 69, il quale da un lato concerne le operazioni di soccorso in senso tecnico, presupponenti cioé una situazione di pericolo ancora in atto e non comprendenti quindi quella successiva ed autonoma opera di ricerca di persone sicuramente non più in vita e dall'altro incombe non alla sola autorità marittima, ma a questa ed alte altre autorità che possono utilmente intervenire. A tali richiamate, obbiettive difficoltà ha ovviato la regione Abruzzo, il cui consiglio regionale ha approvato una apposita legge (legge regionale del 27 agosto 1982, n. 66) volta a fornire al comune di Giulianova i mezzi finanziari necessari per le operazioni di recupero delle salme dei marinai dell'Angelo Padre».
Testimonianza
diretta - Racconta il comandante Cesare Ariozzi: «Il 5
aprile 1982 alle ore 10, il motopeschereccio "Ombretta",
comandato da Del Monte Cosimo lasciò la banchina per iniziare la
pesca. Direzione 70°, dall'ingresso del porto. Dopo aver percorso
circa 24 miglia dalla costa iniziò le manovre per mettere la rete in
mare. Come faceva solitamente, chiamò per radio l'Angelo Padre che
doveva avere già iniziato la giornata di pesca, ma, con suo stupore,
non ebbe alcuna risposta. Più tardi riprovò, ma ancora una volta
senza esito. Alle ore 16, al traverso di Tortoreto, a circa 29 miglia
dalla costa, la sua attenzione venne attratta da un salvagente
anulare, ma poiché aveva iniziato a pescare ed essendo abbastanza
lontano non si preoccupò di recuperarlo, pensando che fosse stato
perduto da qualche peschereccio. Dopo poco tempo, mentre si trovava a
circa 25 miglia, sempre al traverso di Tortoreto, vide in mare un
altro anulare. Intanto tutte le imbarcazioni che erano uscite per la
pesca cominciavano a chiedere notizie dell'Angelo Padre perché il
suo silenzio radio era ormai un triste presagio. Scattò l'allarme e
le autorità marittime iniziarono la ricerca. Il motopeschereccio
"Picenia Prima" faceva sapere, via radio, che l'Angelo
Padre, all'uscita dal porto, aveva rotta 90° e 45' ed aveva compiuto
almeno tre ore di navigazione. Su questa notizia tutti i pescherecci
cercarono di portarsi nella zona dove era stato avvistato l'ultima
volta l'Angelo Padre per dare aiuto ai mezzi della capitaneria. Ma le
ricerche non diedero alcun esito; ormai tutta la marineria giuliese
era impegnata nelle operazioni per conoscere la sorte toccata
all'equipaggio del peschereccio scomparso. La mattina del 10 aprile,
verso le 6, alcuni pescherecci si erano disposti a ventaglio per
ispezionare una maggiore superficie marittima, con l'aiuto di un
rampino assicurato ad un cavo d'acciaio per sondare il fondale».
Dopo
quattro ore di navigazione, Cesare Ariozzi, comandante del "Viviana",
notò una macchia oleosa e decise di portarsi in quella direzione.
Giunto in prossimità della stessa avvertì che il cavo faceva
resistenza, perché evidentemente il rampino si era impigliato
Arrestò quindi i motori e mise in tiro il cavo posizionandovi una
boa, in modo da segnalare la posizione. D'altronde si accorse che dal
fondo continuava a venire a galla della nafta, avendo con ciò la
certezza che in quella zona doveva giacere il peschereccio. Avvisati
via radio, si portarono sul luogo altri pescherecci che piazzarono
altre boe per individuare bene la zona. Ormai era chiaro che l'Angelo
Padre giaceva in fondo al mare, a circa 90 metri di profondità.
L'emozione fra la gente del mare e in tutta la popolazione di
Giulianova fu enorme. Si moltiplicavano le pressioni alle autorità
per il recupero del relitto, nella speranza di riportare a terra i
corpi dei poveri marinai. Finalmente la Regione Abruzzo mise a
disposizione una somma sufficiente per avviare l'ispezione del
relitto. Fu incaricata la ditta SSOS SUB SEA OIL SERVICE di Roma,
specializzata in operazioni di questo tipo. Il 19 giugno
un'imbarcazione della stessa società, con a bordo anche il
comandante della capitaneria Domizio Scilli ed il delegato del comune
di Giulianova Massimo Camponi, si portò sul luogo dell'affondamento.
Un piccolo mezzo subacqueo si immerse, dotato di apparecchiatura
fotografica, braccio aggancio e braccio manipolare. L’ispezione
realizzata, documentata peraltro dal servizio fotografico confermò
che il relitto era quello dell'Angelo Padre, ma dei corpi degli
uomini di equipaggio non vi era alcuna traccia. Dall'analisi
fotografica dei danni visibili sullo scafo si avanzò l'ipotesi di
uno speronamento da parte di un'unità di notevoli dimensioni. Si
trattava di un sommergibile nordamericano che giocava al gatto e la
volpe contro gli omologhi sovietici. Il motopesca si sarebbe potuto
recuperare agevolmente, ma in tal modo sarebbe emersa la dinamica del
sinistro marittimo. Il Governo italiano bene al corrente dei fatti,
ma succube della Casa Bianca, si guardò bene dal rivelare la
terribile verità all'opinione pubblica. Nel 2006 la medesima sorte
toccò al Rita Evelin di San Benedetto del Tronto.
Guerra
fredda - Una linea di frontiera rovente dove in più di
un'occasione si sono sfiorati incidenti nucleari. Nel
1978, in particolare negli ultimi mesi si registrò una consistente
ondata di avvistamenti inspiegabili ai comuni mortali, attribuiti
frettolosamente agli USO, sorta di Ufo del mare. Si registrarono una
serie di fenomeni che determinarono problemi al traffico marittimo al
largo della costa marchigiana ed abruzzese. Si trattava di
segnalazioni diurne di colonne d'acqua emerse improvvisamente dal
mare nelle vicinanze delle imbarcazioni; fenomeni luminosi notturni
con “globi” di colore rosso-bianco che comparivano e scomparivano
rapidamente; disturbi ai radar provocati da fenomeni
elettromagnetici. Accame il 29 gennaio 1979 presentò una
circostanziata interrogazione all'allora presidente del consiglio dei
ministri Giulio Andreotti «per conoscere se è al corrente
dello stato di allarme creato nelle popolazioni dell'Abruzzo e Marche
a seguito del manifestarsi di fenomeni non scientificamente
spiegabili notati anche da una motovedetta della marina militare; per
conoscere inoltre quali provvedimenti intenda prendere per
approfondire la natura dei fenomeni e tranquillizzare le popolazioni
interessate». Si mossero le acque ma per intorbidarle di più: il
Governo incaricò formalmente l'aeronautica militare italiana di
seguire il fenomeno presso il 2° reparto dello Stato maggiore
aeronautica. L'arma azzurra ha predisposto da allora centinaia di
dossier classificati ed inaccessibili. Anche sul rapporto della
motovedetta della guardia costiera incombe l'eterno segreto. Per
comprendere appieno la caratura del personaggio: Andreotti (il
delfino De Gasperi) è il politicante che nel 1972 consentì al
Pentagono di installare all'isola di Santo Stefano, in Sardegna, una
base di sommergibili a propulsione ed armamento nucleare; ovviamente
senza una necessaria ratifica parlamentare. Allora, nel mare
tricolore regna ancora e sempre Uncle Sam. E quei morti sul lavoro
reclamano giustizia e una degna sepoltura, non altro.
Libro: NATO: colpito e affondato. |
Giulio Andreotti (anno 1987). |
Grazie ancora per questo articolo che ci apre gli occhi! Questa dei pescherecci affondati non l'avevo conosciuta ma grazie a lei ora so!!!
RispondiEliminaComprerò sicuramente il libro sul Francesco Padre e ancora grazie
Accidenti, mi spiace non mi vengono parole.
RispondiEliminaSig. Gianni,dove trova il coraggio per raccontare tutte queste storie?
Vorrei chiederle anche una cosa per me molto importante: qualche volta le hanno dato ragione? Insomma qualcuno le ha manifestato gratitudine?
Mi lasci anche dire che uno come Lei per me è incredibile che sia così poco conosciuto. Spero di non averla offesa, ma se penso ad altri giornalisti...
Non pratico questo mestiere da 25 anni per fama o ricerca di gratitudine umana. In ogni caso, a dicembre dell'anno 2012 chiudo con il giornalismo in Italia non esistono più le condizioni e gli stimoli. Per dirla con le parole del presidente J.F.Kennedy "Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana".
RispondiEliminaGrazie per questo articolo.
RispondiEliminaNella rete ho trovato una nuova consapevolezza e la mia verità, è tu ne sei complice.
Oggi vedo il mondo in modo diverso!
Non posso negare che mi dispiace, quando a dicembre 2012 non troverò più queste informazioni, ma rispetto la tua decisione, e soprattutto rispetto il lavoro, il tempo e la persona che sei.
La rete sta diventando una enorme pattumiera, ma credo ancora nelle persone, come te per esempio, che fanno la differenza.
Continuerò a leggere le tue inchieste fino alla fine e dopo, comunque, continuerò a vedere il mondo con occhi diversi ... grazie
Maurizio Tagliani
Beh, mi spiace. Di averLa conosciuta così tardi e soprattutto che ci lasci. Senza entrare nel merito, da due anni sono impegnato a bussare ad ogni porta per spiegare e cercare di coinvolgere rispetto ad un progetto a costo zero che produrrebbe vantaggi economici per tutti i partecipanti: istituzioni e privati. Tutti sono interessati, tutti dicono di si, tutti sembrano pronti a partecipare. In realtà vengo rimbalzato da una parte all'altra da una specie di muro di gomma. Insomma, mi fa piangere che lasci. Comunque, la ringrazio tanto. Ho avuto molto da Lei.
RispondiEliminaAldo Cipolli.
Spero che possa cambiare idea e continuare con il suo ottimo lavoro di cui le siamo grati
RispondiElimina