Enichem Manfredonia. |
di Gianni Lannes
Morti di lavoro, danni irreversibili al territorio e inquinamento per le prossime due generazioni, eppure nessun colpevole. 17 operai deceduti a causa dei tumori a polmoni e laringe. Senza contare i malati e gli assassinati tra la popolazione civile. Per i media la notizia non esiste. La quarta sezione penale della Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi della Procura generale di Bari e di tre parti civili e sigilla sul piano giudiziario una vergognosa ingiustizia. Così l’hanno fatta franca 10 ex dirigenti dell’Enichem agricoltura (Mario Campelli, Massimo Monti, Paolo Visioli, Marcello Fulgenzi, Mario Lanfranchi, Armando Mortara, Luigi Farris, Annibale Del Bue, Italo Ragni, Gino Pagano) e 2 esperti di medicina del lavoro (Luigi Ambrosi e Vito Foa).
Atto d’accusa - Solo l’operaio Nicola Lovecchio ha avuto il coraggio di denunciare la situazione (settembre 1996). Oggetto dell’inchiesta non è mai stata l’esplosione di un serbatoio dell’Anic-Enichem, avvenuta il 26 settembre 1976, con conseguente fuoriuscita di 10 tonnellate di arsenico sulla città di Manfredonia. Secondo la Procura gli imputati, dirigenti della multinazionale chimica, oltre ai due medici del lavoro, avevano omesso di adottare una serie di contromisure per limitare i danni causati dal prolungato contatto degli operai con il veleno cancerogeno. Quell’esposizione aveva provocato tumori a polmoni, laringi e colicisti, ed innumerevoli decessi, ma si è indagato solo su pochi casi, nonostante la diretta esposizione di almeno 1900 lavoratori nel periodo 1976-1982.
L’accusa contestava agli imputati a vario titolo: non aver informato gli operai dei rischi causati dall’esposizione all’arsenico; non aver impiegato personale specializzato nella bonifica dell’area; non essersi assicurati che gli operai usassero maschere protettive con filtri cambiati quotidianamente e tute impermeabili a tenuta stagna; non aver monitorato ciclicamente l’area per verificare il livello di concentrazione dell’arsenico nei limitrofi terreni agricoli.
Enichem Manfredonia. |
Assassinio di lavoratori - In realtà sono molto di più, ma si è proceduto solo per 17 omicidi colposi di ex dipendenti dell’Enichem contestati dalla Procura nella richiesta di rinvio a giudizio. Nicola Lovecchio, operaio del magazzino insacco, deceduto per neoplasia maligna polmonare il 9 aprile 1997; Michele Bottalico, addetto alle tramogge e al controllo pesi, deceduto per neoplasia polmonare il 23 agosto 1991; Michele Palumbo, addetto alla manutenzione meccanica, deceduto per neoplasia polmonare e vescicale il 30 maggio 1989; Michele Ciuffreda, turnista, deceduto per carcinoma laringeo e polmonare il 23 ottobre 1998; Elio Amicarelli, impiegato addetto al magazzino insacco, deceduto per carcinoma polmonare il 14 maggio 1995; Raffaele Scapicchio, impiegato addetto alla gestione dei programmi, deceduto per carcinoma polmonare il 9 marzo 1993; Natale Suriano, operaio della cooperativa di facchinaggio “L’Arcangelo” adibito alle attività di bonifica, deceduto per carcinoma polmonare l’1 agosto 1990; Luigi Trotta, saldatore elettrico, deceduto per carcinoma polmonare il 14 giugno 1989; Vito Antonio Montano, operaio dell’insacco, adibito alle attività di bonifica, deceduto per adenocarcinoma al polmone il 14 maggio 1992; Gaetano Bevilacqua, operaio saldatore turnista, deceduto per carcinoma colicistico il 24 giugno 1993; Rosario Pampina, manutentore meccanico adibito alle operazioni di bonifica, deceduto per carcinoma polmonare il 23 luglio 1989; Giuseppe Rinaldi, dipendente della ditta Collicelli, adibito alle attività di bonifica, deceduto per carcinoma polmonare il 22 marzo 1997; Sebastiano Guerra, lavoratore della cooperativa di facchinaggio “Cap”, deceduto per epatocarcinoma il 23 luglio 1997; Antonio Croce, dipendente dell’Anic, deceduto per adenocarcinoma del polmone il 21 settembre 1998; Attilio Maria Casagni, tecnico strumentista deceduto per adenocarcinoma al polmone il 5 marzo 2000; Gennaro Cascella, deceduto nel luglio 2001. A questi 17 omicidi colposi, la Procura aggiungeva altri 6 casi di lesioni colpose a danno di ex dipendenti affetti da varie e gravi patologie.
Veleni infiniti - L’Eni, ossia i boiardi di Stato, per decenni ha scaricato in mare - non esclusivamente in atmosfera e nel sottosuolo - migliaia di tonnellate di rifiuti chimici; in particolare utilizzando le navi “Irene” e “Isola Celeste”. Grazie alla copertura di governo (con un famigerato decreto di craxiana impronta, firmato dal ministro “ecologista” Giorgio Ruffolo), beneficiando della compiacenza dei politicanti locali (tutti venduti al miglior offerente), non hanno risparmiato le Isole Tremiti, il Gargano ed il Salento. Negli anni ’80 dopo una mobilitazione popolare lo Stato fu costretto a chiudere la fabbrica della morte, donata in cambio del furto legalizzato di gas dalle viscere dei Monti Dauni, realizzando comunque un nuovo affare a danno della salute di migliaia di persone. Attualmente la bonifica pagata con denaro pubblico - affidata alla Syndial, ovvero agli inquinatori dell’Eni - non è stata ancora portata a termine. Le scorie dell’Enichem sono finite addirittura nell’ex fornace dei Fantini a Giardinetto in provincia di Foggia, causando la morte di numerosi contadini, e perfino di molti bambini. Anzi, mediante il “contratto d’area” inventato da Prodi e poi confermato da Berlusconi, accolto trionfalmente in Puglia da Fitto ed avallato infine da Vendola, sono stati elargiti quattrini pubblici a prenditori del Nord che, nella maggior parte dei casi hanno sgraffignato il malloppo filando via alla prima occasione. Anche la Marcegaglia ha intascato i soldi dei contribuenti (40 miliardi e 300 milioni di lire) per donare alla Capitanata un pericoloso ed inutile inceneritore di rifiuti - realizzato con metodi mafiosi, truffando lo Stato - inizialmente camuffato da centrale a biomasse. Il business sulla pelle viva delle comunità locali non si arresta. Nel sito Enichem il patron veneto Sangalli ha aperto addirittura una micidiale fabbrica di vetro, mentre all’interno della stessa operazione, il presidente della Camera di Commercio, Eliseo Zanasi, ha realizzato una lottizzazione edilizia abusiva su una collina costiera di Mattinata. Nel Sud d’Italia colonizzato e martirizzato da 150 anni, va così e nessuno si ribella.
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E' scandaloso che la gente non prenda coscienza e che giornalisti non informino.
RispondiEliminaGrazie per la divulgazione