16.8.12

VENDOLA & RIVA




di Gianni Lannes


Il verbo di Nichi: «Io penso che abbandonare l’acciaio sarebbe una sconfitta, bisogna mettere in equilibrio il lavoro e la salute. Nelle carte dei magistrati c’è il percorso. L’ambientalizzazione della fabbrica può essere fatta solo a impianti accesi». Comunque,  «L’Ilva rispettava i limiti e si è adeguata alla legge regionale sulla diossina». Ma quando mai: gli ultimi tre rilevamenti dell’Arpa Puglia hanno certificato uno sforamento abnorme. Allora rinfreschiamo la memoria al governatore di Terlizzi. Ecco quanto asseriva Vendola nel dicembre 2011: «Ho i dati degli ultimi rilevamenti dell’Arpa sulle emissioni di diossina e furani a Taranto: siamo a quota 0,2 nano-grammi per metro quadrato. Vorrei ricordare a tutti che nel 2005 l’Ilva sputava in atmosfera fino a 10 nano-grammi di veleni. Questo dato è straordinario, è una delle migliori buone pratiche che ci siano state a livello europeo». Non era la prima volta che il guru della sinistra blaterava degli straordinari progressi del siderurgico. Basta rileggere la rivista IL PONTE (edita dai Riva). Ecco cosa diceva Vendola in un’intervista (spot) del novembre 2010, in atteggiamento da testimonial (di cui avevamo già scritto l’anno scorso, saccheggiata a piene mani dal Fatto Quotidiano della premiata ditta Travaglio & Scopiazza): «Gli investimenti dal punto di vista ambientale sono stati notevoli, sebbene rimanga ancora molto da fare. In moltissimi settori sono state applicate le migliori tecnologie disponibili, come previsto dalla legislazione europea, e a breve il cronoprogramma per l’ambientalizzazione completa dell’Ilva sarà attuato al 100%».  Vendola addirittura, ha fornito al periodico dei Riva una dichiarazione allucinante contro la consultazione popolare promossa dai movimenti tarantini per la chiusura dello stabilimento: «Chiesi ad Emilio Riva, nel mio primo incontro con lui, se fosse credente, perché al centro della nostra conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita. Credo che dalla durezza di quei primi incontri sia nata la stima reciproca che c’è oggi. La stessa che mi ha fatto scendere in campo contro il referendum per la chiusura del ‘polmone produttivo’ della Puglia».  

Il 19 dicembre 2008 la Regione Puglia - incalzata da una determinante spinta popolare - ha promulgato la legge numero 44: “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio: limiti all’emissione in atmosfera di policlorodibenzodiossine e policlorodibenzofurani.” La normativa entra in vigore il 23 dicembre 2008 e prevede “un campionamento in continuo”. Il governatore  Vendola, presenta il provvedimento come un grandioso risultato a tutela dell’ambiente e della salute. Poco tempo dopo, però, il 30 marzo 2009, la Regione Puglia innesta la retromarcia e approva la legge numero 8 che modifica il comma 1 dell’articolo 3 della legge 44. Di fatto si passa dal “campionamento in continuo” al più conveniente - per l’Ilva, ovviamente -“valore medio su base annuale” da calcolare “con almeno tre campagne all’anno”. Nonostante l’aiutino a Riva, viene registrato ufficialmente uno sforamento. In ogni caso non viene monitorato il mercurio vomitato in atmosfera e scaricato in mare. Tantomeno la radioattività che fuoriesce dal camino E 312 e dagli 8 parchi minerari a ridosso del quartiere Tamburi. Anche l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) che consente il raddoppio della produzione, non prevede controlli in continuo, né la copertura dei parchi minerari da cui si sollevano le nubi di polveri che oscurano Taranto. L’anno scorso l’assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro (magistrato in aspettativa) dell’Idv  ha dichiarato entusiasta: «Siamo riusciti a tenere insieme le ragioni dell’ecologia con quelle dell’economia e del diritto alla salute con il diritto al lavoro. Un passaggio storico».  Nonostante processi e condanne il genocidio continua più di prima. C’è un rapporto dell’Azienda sanitaria locale Taranto 4 che reca la data dell’8 aprile 1995. Il fascicolo contiene una ricerca dell’oncologo Mariano Bizzarri, consegnata anche alla magistratura. In quel documento si sosteneva con dovizia di prove che «il massimo contributo all’inquinamento proviene dalle emissioni industriali». 


Sotto sotto  - «Siamo stati da Vendola… e con Vendola avevamo concordato… però non sapevamo di quest’azione… avevamo concordato un certo discorso, in pratica che dovevamo fare con questo tavolo tecnico… ehm… che aveva più obiettivi. Uno di quelli in ordine di tempo, uno di quelli, il primo, sconfessare i lavori di ehm dell’Arpa Puglia». È il 16 luglio 2010, Girolamo Archinà, ex dirigente dell’Ilva, silurato dopo il deposito delle intercettazioni della Procura nell’udienza di riesame per il sequestro dell’area a caldo dello stabilimento tarantino, manifesta al telefono il suo disappunto per la nuova iniziativa della magistratura. La Procura ha infatti aperto un nuovo fascicolo dopo i dati sul monitoraggio del benzo(a)pirene realizzato da Arpa Puglia. I livelli di emissione nel periodo gennaio-maggio sono triplicati. Archinà lo sapeva: “in via confidenziale” è stato il capo di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, a inviargli con una mail con i dati ancora ufficiosi. Forse l’ex collaboratore della siderurgia ionica sperava che rimanessero tali. La notizia, però, trapela: il sindaco Ippazio Stefàno emana un’ordinanza, l’onda ambientalista cresce, l’opinione pubblica chiede misure. L’ex capo delle relazioni istituzionali dell’Ilva attiva il “sistema Archinà”: il giorno seguente, con Fabio Riva, vice presidente del gruppo dell’acciaio, è già in riunione con Vendola. All’uscita Riva chiama il figlio Emilio e gli comunica che il nuovo piano d’azione è basato sul “vendere fumo”: l’azienda comunicherà di essere disposta a collaborare con la Regione e questa spiegherà che il rapporto instaurato con l’Ilva è l’esempio da seguire anche con le altre grandi realtà industriali del territorio. Intanto Archinà ha raggiunto anche un obiettivo esemplare: «…convocato Assennato… Assennato è stato fatto venire al terzo piano però è stato fatto aspettare fuori…». Quell’attesa, secondo lui, è “come un segnale forte” che poi si manifesta chiaramente nelle parole che, secondo il racconto di Archinà, Vendola avrebbe rivolto al dirigente Antonicelli dell’assessorato ecologico: «Esci fuori vai a dire ad Assennato… vai a dire ad Assennato che lui i dati non li deve utilizzare come bombe di carta che poi si trasformano in bombe a mano». Il sistema Archinà non conosce sfumature: i nemici vanno distrutti. È lui stesso a dirlo senza timore di chi lo ascolta. Anzi è una dimostrazione di forza.  Sempre sul periodico IL PONTE (numero 2, anno 2011), fa bella mostra un’intervista proprio di Giorgio Assennato, che tra l’altro dichiara testualmente: «… devo onestamente dare atto dei recenti progressi compiuti da Ilva, sia dal punto di vista dei notevoli oneri finanziari associati alle BAT, sia per l’acquisita consapevolezza di dover rendere conto delle performance ambientali». Infatti, nell’introduzione il patron pluripregiudicato Emilio Riva  ringrazia la marchetta: «Le parole del direttore generale di Arpa Puglia professor Giorgio Assennato, nell’intervista contenuta in questo secondo numero del Ponte, sono un importante attestato del lavoro svolto dall’Ilva in tema di sostenibilità ambientale».

Replica Ilva - In cinquanta pagine i legali dell'Ilva chiedono al giudici del tribunale di Taranto di annullare i due provvedimenti con cui il giudice Todisco ha specificato i termini del sequestro dell'area a caldo dell'Ilva e la possibilità di utilizzarli solo per la messa a norma, per poi revocare la nomina di custode amministrativo al presidente Bruno Ferrante, per conflitto di interessi. In particolare scrivono i legali dell'Ilva, "il gip ha usurpato i poteri di altri magistrati, quelli del riesame e quelli della procura. Ha modificato il provvedimento del Riesame, prima ancora di conoscerne le motivazioni, nonostante sia di giurisdizione superiore. E' come se un tribunale di primo grado riformasse una sentenza della Corte d'Appello". Inoltre, l'ordinanza del 10 agosto è anche "affetta dalle più radicali forme di abnormità, ha un contenuto "incompleto, e viola le procedure di esecuzione delle misure cautelari". Con la seconda ordinanza, dell'11 agosto, Patrizia Todisco aveva revocato Ferrante dall'incarico di custode ed amministratore delle aree sequestrate. Proprio riferendosi all'ordinanza del 10 agosto, Ferrante e i legali dell'Ilva scrivono che il giudice Todisco ha compiuto una "inamissibile prevaricazione di funzioni proprie di altri organi del magistero penale, in violazione del principale principio accusatorio, i cui riflessi economico-sociali non occorre ribadire". Infine, sempre secondo l'Ilva, "il dispositivo del tribunale del Riesame aveva convertito la cautela reale (sequestro senza facoltà d'uso) in sequestro con facoltà d'uso".

Svendola Puglia - Ecco sempre in tema una serie di citazioni testuali del vangelo vendoliano.
«Mi rendo conto che è forte il tuono che rimbomba ed evoca patologie come il cancro e la morte, ma ci sono gli strumenti per spostare in avanti il conflitto tra industria e ambiente che si è aperto a Taranto».

«Un attimo dopo che vi è stata la sentenza del riesame abbiamo confermato la velocità e l’intensità degli impegni. Sia per quelli che avevamo assunto nelle cabine di regia con le diverse articolazioni dello Stato, sia nel confronto e nella collaborazione con tutte le forze politiche. Ad esempio abbiamo promosso la collaborazione con la Commissione europea sul piano europeo per l’acciaio, che può essere un’importante piattaforma per alcuni dei processi più sofisticati di innovazione e di ambientalizzazione che toccano all’Ilva».

«Lo sguardo di chi governa deve pesare ciascuno dei beni da tutelare, deve custodire tutte le promesse di futuro, ma soprattutto deve sentire la responsabilità di evitare che vinca il caos, e che l’ardire utopico dei pensieri lunghi si pieghi alla disperazione di un presente immobile, quasi divorato dal suo passato».
«Abbiamo chiesto all’Ilva di confermare il nuovo stile dell’azienda. Il dialogo con le parti, una svolta radicale su ambiente e salute. E il prefetto Ferrante ha manifestato tutto il suo rispetto per le decisioni dei giudici … Ma ci sono in giro tanti nemici della mediazione … Da una parte l’industrialismo cieco, vecchio stile, tipo Italsider che ha avvelenato le nostre città. Dall’altra, l’ambientalismo fondamentalista, che pensa di fare a meno dell’industria. Roba da reazionari… Vedo all’opera qualche canaglia e sciacallo d’alto bordo che cerca di rovesciare le responsabilità su di noi. Parlano i fatti. Con le leggi regionali all’avanguardia nazionale che la Puglia si è data, in tre anni la diossina è passata da 786 grammi a 3,4 grammi all’anno»  (La Repubblica, 14 agosto 2012).

«Lo sguardo di chi governa deve pesare ciascuno dei beni da tutelare, deve custodire tutte le promesse di futuro, ma soprattutto deve sentire la responsabilità di evitare che vinca il caos, e che l’ardire utopico dei pensieri lunghi si pieghi alla disperazione di un presente immobile, quasi divorato dal suo passato».

«Pongo una questione: perché si ritiene ormai definitivo e mortale il conflitto tra industria e ambiente, proprio ora che lo sviluppo tecnologico consente costanti abbattimenti di tutte le emissioni inquinanti di natura industriale? Ne aggiungo un’altra, più di natura economica: si ritiene utile e progressista congedare definitivamente il nostro Paese dalla sua storia industriale? Si pensa che sia indifferente per il nostro futuro produttivo abbandonare la siderurgia o la chimica? E la critica del capitalismo finanziario non è anche innervata in quella «cultura del lavoro» che restituisce dignità sociale e giuridica a chi lavora, a chi produce manufatti o idee, a chi crea ricchezza trasformando la natura? Ne aggiungo ancora una, di domande, più di natura ambientale: ma se alla fine il tema da collocare in cima ai nostri pensieri è il surriscaldamento globale del pianeta in cui abitiamo o anche la questione della finitezza delle risorse naturali, il nostro orizzonte di responsabilità deve limitarsi ad affidare ad altri, magari in altri continenti meno avvezzi ai monitoraggi ambientali, l’onere di produrre acciaio? Sono domande che pongo al netto di un’idea radicale, che condivido, di ripensamento critico di quel modello economico che è stato fortemente segnato dai luoghi comuni di un industrialismo cieco e di un produttivismo sempre più alienante e insostenibile».

Quesiti elusi - Si crede veramente  che i Riva siano disposti ad affrontare tutte le spese che serviranno al caso per “diminuire” non per annullare l’inquinamento?
E quelle intercettazioni giudiziarie in cui risulta evidente che l’azienda vuole solo perdere tempo e nient’altro non suggeriscono una qualche riflessione di sorta sull’argomento?
Come mai non si è intervenuti per anni (come ha sottolineato l’Associazione nazionale dei magistrati) e ci si risveglia solo adesso?
Come mai Nichi Vendola non pensa di interloquire soprattutto con i cittadini di Taranto?
Come mai tutti vogliono improvvisamente andare a Taranto e si scomodano addirittura tre ministri sotto ferragosto?
Come mai il ministro Clini è il più infuriato (quello che dovrebbe difendere l’ambiente)?  
La produzione dell’acciaio è così indispensabile, proprio mentre tanti prodotti prendono finalmente la strada dell’ecologia e riutilizzano gli scarti o altri materiali assolutamente più ecologici? E come mai le aziende che hanno scelto etica ed ecologia non sono affatto in crisi?
Come mai ci si rifiuta di prendere in considerazione tante attività diversificate che non sono solo o la pastorizia o l’agricoltura, ma che sono invece: agricoltura, pastorizia, turismo, servizi, pesca e allevamento di mitili, commercio, artigianato, cultura e tante altre attività collegate con il mare e con la posizione geografica della città di Taranto e si preferiscono le attività che inquinano: acciaierie, cementifici, raffinerie, inceneritori di rifiuti?
Come si farebbe dal punto di vista pratico, concreto ad affrontare un inquinamento perpetrato per decenni facendo le bonifiche e continuando nello stesso tempo ad inquinare?
Quanto valgono la salute e la qualità della vita degli abitanti di Taranto, operai compresi, sul piatto della bilancia del governo Monti e di tutti gli altri enti locali?
 Chi dovrebbe decidere secondo voi del destino di Taranto: il governo o gli abitanti della città?
Come mai Vendola - che “governa” dall’anno 2005 -non ha mai sentito la necessità di far realizzare un’indagine epidemiologica in loco? 

IL PONTE 2011

4 commenti:

  1. Ultima domanda (per ora) a Vendola: perché i dati del Registro tumori sono fermi al 2005?

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  2. Vendola ... una delle tante vergogne italiane, mi spiace per i gay, li disonora, e perchè in questo modo pigliano pure due piccioni con una fava

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  3. Questo intervento della pediatra Grazia Parisi mi ha fatto piangere
    https://www.youtube.com/watch?v=qbLSZbf1kPw&feature=player_embedded

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  4. L'intervento della pediatra Grazia Parisi mi ha fatto piangere
    https://www.youtube.com/watch?v=qbLSZbf1kPw&feature=player_embedded

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