Cisam, Pisa. |
di
Gianni Lannes
Ecco
la Toscana dove vige un ferreo segreto di Stato sui pericoli atomici. Camen (Centro Applicazione Militari per
l’Energia Nucleare), Cresam (Centro
ricerche esperienze e studi per le applicazioni militari), attualmente Cisam (Centro per l’Applicazione
Militare dell’Energia Nucleare): un cambiamento solo di facciata. Un saluto
all’ingresso del ‘cimitero nucleare militare italiano’: 470 ettari di verde
blindato nel cuore del parco Migliarino-San Rossore.
Amnesie giudiziarie - Nel Centro di ricerca bellica che lambisce
il Mar Tirreno, ad un tiro di schioppo da Pisa, a due chilometri dall’immensa
base Usa di Camp Darby (imbottita di ordigni nucleari, in base ai documenti
ufficiali del governo Usa), la magistratura aveva aperto un’inchiesta in
seguito alla presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica. «Più di cento bidoni sono stati abbandonati
per anni all’aperto. Contengono scorie e rifiuti radioattivi» aveva
accertato il sostituto procuratore Flavia Aleni che ha appurato -attraverso una
consulenza tecnica- il grado di pericolosità. Si tratta degli scarti della
lavorazione di un ventennio produttivo del reattore nucleare di media potenza
Galileo Galilei (nome in codice: Rts-1), avviato nel 1960 per esperimenti di
guerra e poi, ufficialmente disattivato nell’80. “Le scorie sono rimaste lì”,
racconta l’ingegnere che ha sporto denuncia “e con il tempo i contenitori si
sono deteriorati. Alcuni sono arrugginiti, altri hanno evidenti fori con la
possibilità che parte del materiale sia uscito. Tempo fa sono stati spostati in
un’altra zona della base. Un’operazione che è avvenuta senza la minima
prevenzione”. La Procura ha nominato un perito che ha svolto accertamenti e
stilato una relazione, constatando la presenza nel sito di «materiale
radioattivo». Secondo l’esperto che ha segnalato il caso “sono materiali
entrati in contatto con il reattore e contaminati ma anche scorie della
lavorazione, radionuclidi tra cui spiccano uranio e plutonio. I più pericolosi,
perché non solo devono osservare rigidissime misure di prevenzione ma anche il
loro smaltimento deve essere eseguito attenendosi a norme di sicurezza
rigorose”. In ossequio al decreto legislativo 230 del ’95, come viene
conservato il materiale nucleare? Secondo l’ammiraglio Francesco Andreuccetti, ex direttore del centro, “Al Cisam è tutto
sotto controllo e non c’è motivo di rendere pubblici i dati sul nucleare militare
in Italia. Noi ci atteniamo a un regolamento interno”. Questito per i ministri
dell’Ambiente Clini) e della Difesa Di Paola. Quante scorie sono state prodotte
e risultano presenti al Cisam? L’ultimo inventario noto all’opinione pubblica
risale all’anno 2000. Appunto le stime dell’Enea, dell’Anpa, dell’Enel e
addirittura un rapporto dell’Unione europea indicano «700 metri cubi». Durante
il penultimo governo Berlusconi, il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli ed
il suo capo di gabinetto Paolo Togni,
non hanno mai pubblicato - come prescrive la legge - l’inventario nazionale dei
rifiuti radioattivi. Medesimo copione successivamente col governo Prodi ed il ministro Pecoraro Scanio. Insomma: “top secret”.
Cisam, Pisa. |
Rivelazioni esplosive - L’ex direttore del Cisam, incalzato a
dovere innesta la marcia indietro tutta e ammette: “Noi in effetti abbiamo
avuto ulteriori introduzioni di materiale nucleare proprio per la nostra
attività di spazzini del nucleare e, di conseguenza, se invece di 700 metri
cubi sono 750 non glielo so dire”. Ma proprio sui numeri si infittisce il
mistero, poiché nell’Inventario nazionale rifiuti radioattivi redatto
dall’Apat, i dati sul Cisam attestano una riduzione a «350 metri cubi di
rifiuti radioattivi». In virtù dello stato giuridico particolare
dell’amministrazione militare, quest’area non è interessata allo stato di
emergenza nucleare. Eppure il rapporto sullo ‘Stato della radioprotezione in
Italia’, compilato dall’ Enea prima che la gestione del nucleare passasse alla
Sogin nel 1999, considera l’impianto del Cisam tra quelli da mettere in
sicurezza, considerata la pericolosità del combustibile usato prima dello
spegnimento e dei rifiuti radioattivi prodotti. Proprio il Centro di ricerca
militare ha tra gli altri compiti quello di analizzare la radioattività sui
campioni d’acqua del porto di La Spezia e dell’Isola di Santo Stefano in
Sardegna, dove il governo Usa aveva installato, a partire dal 1972 fino al
2008, in barba al Parlamento italiano, una base per sommergibili a propulsione
ed armamento nucleare. Nell’ordinanza di nomina del generale Carlo Jean a commissario con poteri
speciali per il nucleare (D.P.C.M. 7 marzo 2003, numero 3267) il capo del
governo Silvio Berlusconi elenca gli impianti atomici che devono essere
smantellati, con il successivo stoccaggio delle scorie in un deposito unico: ma
nell’atto non si menziona il reattore Galilei, né il Cisam e nemmeno viene
citata la Toscana tra le regioni in emergenza a causa della presenza di
plutonio e altre sostanze radioattive. Dove sono gli elementi di combustibile
irraggiato per 20 anni, le sorgenti dismesse e le scorie radioattive di prima,
seconda e terza categoria?
Discarica militare atomica - Due interrogazioni al Governo Berlusconi
attestano il trasferimento dall’arsenale della Marina di La Spezia al Cisam, di
ben 760 chilogrammi di materiali ferrosi e cementizi contaminati da circa 2
chilogrammi di uranio impoverito. Domanda, infatti, il senatore Luigi Malabarba
(Prc) il 4 febbraio 2004 (interrogazione n. 4-06049), ai ministro della Difesa,
della Salute e dell’Ambiente: «quali disposizioni siano state adottate in
relazione al trasporto, presso il CISAM di San Piero a Grado (Pisa), dei
rifiuti nucleari, e ciò anche tenendo conto del fatto che la quantità di tali
rifiuti sembra eccedere le possibilità di stoccaggio in sicurezza presso il
CISAM, nonché delle conseguenze dell’inquinamento sulla popolazione locale». Il
ministro Antonio Martino replicava
che «gli atti sono coperti dal segreto. I materiali che l’interrogante
definisce “rifiuti nucleari” sono, in effetti, materiali emettitori di
radiazioni ionizzanti rimossi a cura del Cisam. L’esiguo quantitativo dei
suddetti materiali è assolutamente compatibile con le possibilità di stoccaggio
in sicurezza presso le aree attrezzate del predetto centro». La deputata
Elettra Deiana (Prc) si era rivolta il 22 aprile 2004 (interrogazione n.
4-09816) al presidente del Consiglio. «Le pale di elicottero incriminate per
l’uranio, sono state trasferite alla chetichella, per essere lavate, al Cisam,
un’altra struttura sulla quale vige il più assoluto riserbo». Il ministro
Martino (14 aprile 2005) aveva confermato, tra l’altro la presenza di «n. 1
contrappeso delle pale di elicottero costituito da kg 1,8 di uranio
impoverito». Si sono verificati da allora e prima, altri trasferimenti di
rifiuti nucleari? I ministri della Difesa (Martino, Parisi, La Russa),
osservano il silenzio stampa. Eppure il 30 dicembre 2003, l’assessore regionale
all’ambiente, Tommaso Franci, il sindaco di Pisa Paolo Fontanelli ed il
presidente della provincia Gino Nunes avevano pubblicamente annunciato: “Non ci
sarà lo stoccaggio nel parco naturale, a san Piero a Grado, presso l’area
militare Cisam, di scorie nucleari”. Secondo gli atti ufficiali sono stati
smaltiti nella discarica del Cisam i dischi di uranio impoverito che erano
stati abbandonati nella discarica di Campo in Ferro, nell’area dell’Arsenale
militare di La Spezia. La presenza in discarica dei dischi gettati sul terreno,
materiale considerato molto pericoloso, è stata accertata dal consulente
tecnico del procuratore della repubblica Attinà, ingegner Luigi Boeri, che ha
avviato l’inchiesta sulle violazioni della legge Ronchi da parte de vertici
della marina militare. I dischi di uranio impoverito vengono utilizzati per
stabilizzare e bilanciare le pale degli elicotteri grazie ad un peso specifico
(pari a 19) molto elevato. Già nel 2002 un gruppo di cittadini segnalò la
pericolosità del Cisam: la delicata fase di dismissione del reattore non
verrebbe eseguita secondo regole di sicurezza e viene segnalata la presenza di
un cimitero radioattivo nell’area naturalistica.
Atomo bellico - Con quali compiti nasce in realtà l’attuale
Cisam? “Nel 1956, presso l’Accademia navale di Livorno, era entrato in funzione
il Centro per l’Applicazione Militare dell’Energia Nucleare. I primi risultati
furono visibili negli anni seguenti” rivela l’ambasciatore Sergio Romano. Nel
1961 il Camen fu trasferito nella sua sede attuale, nel ’62 fu promulgata la
legge istitutiva (n. 1483). In un discorso pronunciato alla Camera dei
Deputati, il 23 gennaio 1969, Giuseppe Niccolai ne illustra le funzioni:
«Progettare e realizzare un reattore dimostrativo completamente italiano;
creare un gruppo di esperti, progettisti e operatori; esperienze necessarie per
la progettazione di ulteriori impianti per usi vari (militari e civili) fino al
reattore per la propulsione navale; formazione di specialisti militari per
l’impiego dei reattori e per il controllo della radioattività». E infine,
afferma rivolgendosi al ministro della Difesa, Gui: «produrre armi nucleari.
Nei primi programmi del CAMEN si parla esplicitamente della costruzione della
bomba atomica italiana». La tentazione di costruire un proprio arsenale
colpisce il governo italiano, che tra il 1974 e il 1976 fa eseguire tre test di
un missile in grado di essere equipaggiato con una testata atomica. I lanci di
prova avvengono in Sardegna, nel poligono militare di Quirra, all’estremo lembo
sud-orientale della provincia di Nuoro. Gli esperimenti sono coperti dal solito
segreto di Stato. Il primo test del missile Alfa, un vettore a due stadi, si
svolge il primo febbraio 1973. La ratifica da parte italiana del trattato di
non proliferazione delle armi nucleari giungerà soltanto nell’aprile del 1975.
Il “Programma tecnologico diretto allo sviluppo di un carburante solido ad alto
potenziale per razzi per applicazioni civili e militari” - rivelano gli
incartamenti top secret del ministero della Difesa - decolla nel 1971 in
collaborazione tra Marina e Aeronautica. Nessuna menzione della testata
nucleare, nessun accenno alla vera natura dell’operazione. Alfa era un razzo vettore composto da due stadi, il primo lungo
quasi 4 metri, il secondo pochi centimetri meno di tre metri. Le società
impegnate nel progetto erano Aeritalia, Selenia e Sistel, con Bpd Spazio
incaricata di produrre il carburante. Siamo nella sesta legislatura del
parlamento italiano. Presidente del consiglio dei ministri è Giulio Andreotti,
responsabile della difesa è Mario Tanassi, mentre al dicastero degli esteri
siede Giuseppe Medici. La ratifica da parte italiana del trattato di non
proliferazione delle armi nucleari arriverà nell’aprile del 1975: fino a quel
momento e oltre i nostri governi e gli apparati militari non erano sottoposti
ad alcun tipo di vincolo per ciò che riguardava la costruzione e il
dispiegamento di missili a testata nucleare. L’Italia a quel tempo era sul
mercato: con le centrali atomiche aperte, acquistava uranio e plutonio dagli
Usa (documenti ministero degli Esteri), necessario alla realizzazione della
bomba atomica. L’idea, sostiene il giornalista scientifico Giovanni Caprara
“era quella di disporre di un missile simile all’americano Polaris, da poter
imbarcare e lanciare da bordo di sottomarini o di unità di superficie, come
l’incrociatore Giuseppe Garibaldi, già armato con lanciamissili”. Ecco qualche
documentato esempio sulle ricerche segrete. Il Rapporto 1010 (3 settembre 1973)
del Camen è eloquente: “Studio sulla possibilità di impiego di plutonio in
sostituzione di uranio 235 nei reattori nucleari termici”. Alla stregua del
rapporto 1037 (6 maggio 1974) “Progetto di un elemento di combustibile
sperimentale per esperienza di conversione Uranio-Plutonio nel reattore G.
Galilei”; e del rapporto 1041 (21 agosto 1974) intitolato “Impianto di
laboratorio per il ritrattamento di uranio irraggiato”. Ed ancora del rapporto
1154 (2 settembre 1977), denominato “Progetto di impianto di produzione di
esafluoruro di uranio” e del rapporto 1158 (12 settembre 1977), intitolato
“Immagazzinamento di rifiuti radioattivi in formazioni saline”. Nel ’78 il
Camen fu dichiarato “istituto autorizzato per la protezione dei rischi
derivanti dalle radiazioni ionizzanti”. Il decreto ministeriale del 13 luglio
1985, sancì la nascita del Cresam (Centro ricerche esperienze e studi per le
applicazioni militari), equiparato (con D.P.C.M. 593/1993, art. 8) a tutti gli
effetti agli enti pubblici di ricerca. Singolare coincidenza: gli esperti del
Cisam hanno fatto parte della Commissione Mandelli, accusata di aver sottaciuto
gli effetti mortali dell’uranio impoverito sui militari italiani. Quanto agli
incidenti, il mistero è assoluto. Un minuscolo spiraglio è stato aperto proprio
dall’onorevole Niccolai che in un intervento al Parlamento aveva dichiarato al
ministro della Difesa, Gui: «Un certo giorno arriva al centro del materiale
contaminato da eliminare, da sotterrare. Nel laboratorio di radio-protezione è
subentrato ad un libero docente di fisica sanitaria e nucleare un maggiore di
fanteria. L’ufficiale vede questo materiale contaminato giacente in un
magazzino e contrassegnato con la scritta «Pericolo», ma non ci pensa due
volte: eliminare tale materiale è evidentemente compito suo e dei suoi uomini.
Ebbene, armati di martello, con la più sbalorditiva, fanciullesca, incredibile
imperizia (simili operazioni non si fanno in massa, ma uno per volta!) il
maggiore di fanteria e tutti i suoi uomini effettuano l’operazione, a petto
nudo, senza guanti né tuta. Il risultato è che tutti rimangono contaminati,
primo fra tutti il maggiore capo del laboratorio radioprotezioni. Se il capo
della protezione-radio è questo, lei può immaginare, signor ministro, il
resto». Il Centro di ricerca bellica fu diretto per anni da un ammiraglio e da
alti ufficiali aderenti alla P2, la loggia massonica golpista creata da Licio
Gelli, tuttora operativa nel Belpaese.
Parola di Legambiente Pisa - «Materiale radioattivo a San Piero. La
popolazione deve essere informata. Non stupisce, ma preoccupa. Nel CISAM
(allora CAMEN) è stato attivo negli anni settanta un reattore di ricerca e le
sue scorie accantonate nella pineta, come si poteva vedere allora in un filmato
presentato ai visitatori. Oggi sappiamo che la stessa struttura è autorizzata a
"smaltire" rifiuti speciali radioattivi. La parola smaltire è però
ingannevole: infatti non esiste alcun processo fisico o chimico che possa far
perdere ai radionuclidi la proprietà di emettere quelle particelle ionizzanti
che ne costituiscono il pericolo per la salute e per l’ambiente. Si tratta
quindi di un immagazzinamento, che dovrebbe essere provvisorio sino
all’individuazione di un sito idoneo e definitivo. Ci sembra legittima qualche
domanda. Ad esempio: perché le Forze Armate fanno uso di uranio impoverito,
che, se è vero che ha proprietà meccaniche particolari e un’attività modesta, è
pur sempre radioattivo? Quanto e quale materiale è depositato nella pineta del
CISAM e come viene conservato? Oltre alle doverose visite effettuate dagli
Amministratori locali, esistono verifiche degli enti preposti al controllo,
l’ARPAT ad esempio, come per ogni altro qualsiasi impianto? Le preoccupazioni
sono sempre legittime, le risposte doverose. L’occasione porta anche a riflettere
sulla ormai lontana e sfortunata decisione di collocare una struttura militare
con un reattore nucleare in uno splendido pezzo d’Italia, oggi inserito in un
parco, sottraendo così al pubblico un’area di grande valore naturalistico. Ci
auguriamo che in un futuro non lontano i Pisani, che hanno esposto mille
bandiere della pace in città, possano passeggiare nella pineta, fermarsi sui
prati senza l’ombra delle armi».
Cisam, Pisa. |
http://iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2013/01/09/news/acque-radioattive-saranno-smaltite-nei-navicelli-1.6321370
RispondiEliminaEnrica Martolini