19.5.12

“QUANTO E’ BELLA LA GUERRA SIMULATA”


di Gianni Lannes

Non sono un esperto di Soft Air anche se ho seguito direttamente il fenomeno dall’anno 2000. Sono quel giornalista italiano che un decennio fa aveva scoperto e documentato sulle pagine del settimanale L’Espresso una strana cosa: l’attingimento di mercenari nell’ambito del Soft Air italiano. Comunque non sono un oplofilo come tanti individui che praticano questa attività che scarica lo stress. Semplicemente da cronista di guerra ho seguito alcuni conflitti in giro per il mondo. Come si fa ad apprezzare e, incentivare ed esaltare l’estetica della guerra? Lo puoi anche definire “gioco”, la natura di simulazione bellica non cambia. Una precisazione: questo blog è un diario pubblico, non un forum. Non siete obbligati a leggerlo. Ci sono piombati addosso commenti offensivi, sconnessi, blateranti, violenti e addirittura minacciosi. Ripeto per i “non udenti”: in Italia non siamo ancora al pensiero unico - anche se ora con questo attentato di Brindisi una ragazza innocente ha perso la vita - ma nuovamente alla strategia della tensione, alimentata ad arte da apparati “deviati” dello Stato per soffocare la protesta sociale pacifica. Sono nato in un paradiso naturale e vivo da sempre a contatto con la natura, senza bisogno di giocare idiotamente a fare la guerra. La base delle dittature è sì l’estremismo, ma il primo sintomo grave, come dice Dario Fo, è l’esilio dell’ironia “il sistema immunitario della mente”.  Ergo: non prendetevi troppo sul serio prima di scribacchiare sulla tastiera volgari amenità.



TestimonianzeSoft-gunner 1 (Rocco): “Gioco a soft-air da un anno ed è diventata la mia passione. Ho comperato un arma a gas in un sito straniero e tra equipaggiamento e tessera annuale al club a cui sono iscritto ho speso 600 Euro circa, non molto per essere uno sport a tempo pieno (mi occupa tutte le domeniche e a volte anche il sabato) gioco con un mio amico, è bello stare all'aria aperta , mi diverto a uccidere gli avversari e fa bene alla salute visto che si svolge completamente all'aria aperta. Ci sono però troppi invasati, esaltati e fanatici del genere che vedono questo gioco come una guerra vera , ricca di odio verso gli altri, questi rovinano il gioco”. Soft-gunner 2 (Anna): “Il softair o soft air o tiro tattico sportivo è uno sport a tutti gli effetti che consiste nella simulazione di scontri armati e tattiche militari e per questo nella maggior parte dei casi è stato osteggiato e fortemente criticato, ma credetemi, non è violento ne pericoloso ma basato sul corretto confronto sportivo. Il softair si differenzia dalle altre attività basate sulla simulazione militare per l’esclusivo utilizzo delle air soft gun, che tradotto dall’inglese letteralmente significa arma ad aria compressa, da cui appunto prende il nome. È caratterizzato da una molteplice varietà di modalità di gioco da conseguire in un tempo prestabilito, che spaziano dalla modalità della conquista di una bandiera avversaria, o dover conquistare una determinata postazione, oppure al mantenimento di una dislocazione, fino ad arrivare alla liberazione di un prigioniero, o il più giocato la “distruzione” della squadra avversaria. In alcuni casi il gioco diviene più complesso trasformandosi in una vera e propria "storia" da mettere in pratica. Un esempio? Certo, quella ultimamente giocata: recuperare un commilitone catturato in territorio nemico con una squadra che lo deve riportare al campo base e una squadra nemica che deve eliminare i soccorritori e portare il prigioniero nel suo campo. In definitiva, è un’attività che garantisce una buona forma fisica, con un continuo allenamento anche mentale che rafforza il fisico, la mente e aiuta a lavorare in gruppo e rafforzare i legami che si instaurano all’interno di esso”. Soft-gunner 3 (Armando): “La pratica del Softair non rappresenta alcun pericolo per il giocatore perché si utilizzano armi perfette repliche delle vere ma sostanzialmente giocattolo che sparano pallini di ceramica, oppure di materiali plastici, biocompatibili o biodegradabili, del diametro di 6 mm e peso variabile tra 0.10 e 0.50 grammi che risultano innocui. Le armi possono essere a gas o CO2, cioè in cui il pallino è sparato dalla rapida decompressione del gas. A molla cioè dove è una molla a sparare il pallino. In questo modo si sviluppa generalmente una velocità di sparo maggiore. Ed infine a propulsione elettrica, dove il pallino è sparato da un motorino alimentato da un'apposita batteria, generalmente di voltaggio variabile tra i 6 e i 12 V e di diversi tipi: si possono trovare batterie di tipo NiCh, LiFe e LiPo, le quali offrono diverse prestazioni. Ma tutte, sempre omologate nel rispetto delle regole. Per questo l’unico accorgimento durante il turno di gioco è l’obbligatorietà di indossare una protezione per gli occhi con occhiali o maschere integrali appositamente studiate e chiamate “gran facciali”. Per il resto, l’abbigliamento adeguato e comodo consiste in tute mimetiche, anfibi ed elmetti per la protezione del capo, nonché ginocchiere o paracolpi per le braccia”.

Armi adorate -  L’arma è un oggetto artificiale la cui definizione è esaurita dalla finalità dell’offesa. In altre parole, non tutto ciò che è creato artificialmente e può offendere è un’arma, ma tutto ciò che è creato artificialmente per offendere è un’arma. Chiarissimo che ci sia la meraviglia ingegneristica. L’esclamazione di stupore che ti sfugge dalle labbra nel vedere la perfezione di un’opera artificiale, il concerto nettissimo del movimento di ogni parte dell’oggetto, la pulizia della funzione, l’eleganza dei meccanismi, l’ingegnosità del disegno generale, il reverenziale stupore per il design attento. L’arma in sé, intrinsecamente, è un oggetto che ha la sua sola ragione di esistere nell’atto di offesa (a prescindere dal motivo dell’offesa stessa), ideata e progettata al fine di ottenere l’efficienza più letale possibile, uccidere nella maniera più pulita od efficace, universalmente atta a spezzare la vita. Questo in assoluto (ab-solutum, slegato da), cioè in un contesto sciolto da ogni contestualizzazione. Penso che questo si possa tranquillamente assumere, questo, dico, cioè che l’arma è in assoluto un oggetto che per vocazione ed essenza è mortifero. L’ “interesse per le armi”, in questa ottica razionale, acquisisce delle connotazioni quantomeno spiacevoli, che certo fanno storcere il naso a chi la adotti e vi rifletta. Infatti, pure se anche questo interesse è assoluto -decontestualizzato e sciolto da concrete situazioni e atteggiamenti di bellicosità- non può non avere una struttura sofferente della radice fondante dell’essenza dell’arma, un’essenza finalistica offensiva, algesica. L’interesse per le armi (da fuoco) affonda necessariamente secondo logica le sue radici intrinseche in un oggetto vòlto nella propria essenza a intimorire, ferire, uccidere ed eliminare con un singolo clic. Ci pare strano e non troppo sano, e questo è l’approdo del discorso sull’estetica della guerra: finché un’arma verrà in assoluto e astrattamente ritenuta “fica” e non terribile foriera di morte come sua natura detta, si potrà veramente compiere il salto culturale che elimini guerra vera, armi vere e risoluzioni violente dei conflitti dal nostro pianeta?

Obiezioni costruttive - Oggetto di critica è la simulazione di un’azione di guerra e “l’interesse per le armi”, come cita la ricerca di Kermel e Sorrentino del 2002.  Il gioco influenza sempre la persona, le sue rappresentazioni mentali e la sua gestione delle associazioni emozionali. Da solo non basta -ovviamente, niente basta da solo- ma di certo ha una sua influenza nel far credere che la guerra possa essere qualcosa di eccitante ed eroico. Il pericolo sta nel fatto che non agisce sui circuiti coscienti ma su quelli emozionali – coscientemente ingestibili. Informare sulla guerra è fondamentale per la coscienza, evitare tagli di rappresentazioni emozionali positive o associazioni positive con l’estetica bellica è fondamentale per la costruzione di una cultura nuova che disprezza la guerra come è avvenuto con la schiavitù. Non si tratta di censura, il rifiuto dovrebbe partire dall’interno della persona stessa.  Dovere dell’adulto (individuo in costante formazione comunque) è quello di esemplificare una società scevra da lordure riconducibili all’estetica bellica. Sul fatto che lo sport, marziale e non, rilassi, siamo tutti d’accordo. Anche io, andando a correre, quando torno sono rilassatissimo e amo l’universo. E anche sullo status speciale delle arti marziali in relazione alla violenza siamo tutti d’accordo. Ci può essere l’esaltato, ma sappiamo che lo spirito dell’arte marziale per chi lo pratica come noi per finalità spirituali, è ben altro.

Un altro gioco - Adesso facciamo un piccolo esercizio di fantasia per scaricare lo stress della routine quotidiana. “Giochiamo allo schiavo e il padrone?”. Perché non giocare allo schiavo e il padrone? Facile rispondere. Perché la schiavitù è un’idiozia tale che anche solo la finzione è degradante. “Ma è solo un gioco! Non si ammazza mica nessuno! Lo sappiamo che è un gioco e che la schiavitù è sbagliata.” Ok, è già qualcosa. Ma è comunque sano giocare a schiavo/padrone? Seriamente, lo voglio capire. Se si vedessero bambini o adulti giocarci che cosa si potrebbe pensare? “Ma un gioco del genere sarebbe immensamente diverso da Soft Air. Schiavitù e guerra sono due cose diverse”. Torniamo un po’ indietro nel tempo, allora. Poche centinaia di anni. La schiavitù è accettata e addirittura è indispensabile alla nostra vita. E’ uno dei grandi fatti del mondo, come l’alba, la pioggia, le stagioni e la guerra. Giocare allo schiavo e al padrone -anche fuor di gioco- diverte i bambini e fa sorridere gli adulti. Tutte persone rispettabilissime. Al giorno d’oggi l’estetica della schiavitù -che pure esiste!- non è culturalmente accettabile nemmeno per scherzo nemmeno per gioco. E’ degradante, fa venire il voltastomaco. L’estetica della guerra invece è accettabilissima – indispensabile, si penserebbe. Come si pensava della schiavitù. Nonostante giocare alla guerra sia degradante esattamente come vedere persone giocare a schiavo e padrone o a eretico e inquisitore. Se si sapesse che ci sono persone che giocano all’Inquisizione che cosa se ne potrebbe pensare? Se si sapesse che persone giocano al Latifondo dell’Alabama, che cosa se ne potrebbe pensare? Il vedere questi come orrori è una conquista estetica prima ed etica poi. Se si ama l’esperienza a contatto con la natura si può fare il corso per guida alpina. E’ una meraviglia. Se si vogliono fare giochi di ruolo con gli amici nei boschi, le alternative ci sono. Ma giocare alla guerra è e sarà sempre degradante come giocare agli schiavi, e coltiverà una visione estetica inaccettabile come inaccettabile è l’estetica della schiavitù. E mi fa ribrezzo che su qualcosa del genere venga montata l’emozione di adrenalina, gioco di squadra, nervi tesi, riflessi pronti. E’ vero, a Soft Air non ho mai giocato, ma so cos’è la guerra perché l’ho vissuta con gli occhi ed il cuore del cronista in prima linea. Sarebbe stato divertente durante l’assedio di Sarajevo giocare a Soft Air? Allora, non ho bisogno di giocare a schiavo e padrone per sapere che non mi piace. Oltretutto, dispendiosi ed elaborati giochi di guerra e violenza “controllata” mettono in luce una vasta categoria di persone che quotidianamente ci stanno accanto ma che sognano, nel tempo libero, di maneggiare un fucile che-sembra-vero in un’azione di guerra che-sembra-vera sparando in un modo che-sembra-vero ad altezza d’uomo. Persone non semplicemente idiote, ma che su questa idiozia investono denaro a profusione, che coltivano - non so se deliberatamente o incoscientemente - la patologica e pericolosa estetica della guerra, e che forse come suggerito da Seth MacFarlane e più o meno ogni sceneggiatore comico che si sia pronunciato a riguardo, tentano di puntellare l’irrecuperabile debolezza del proprio ego usando bellicosi falli di plastica e metallo. Persone cui fa piacere farsi fotografare come manipoli di soldati veri nella guerra vera. Come se fossero uomini valorosi, grandi guerrieri.

Resistenza al totalitarismo - C’è una targa affissa sul muro esterno al Palazzo Vecchio di Firenze che dice: “Dall’11 agosto 1944/ non donata ma riconquistata/ a prezzo di rovine di torture di sangue / la Libertà/ sola ministra di giustizia sociale/ per insurrezione di popolo/ per vittoria degli eserciti alleati/ in questo palazzo dei padri/ più alto sulle macerie dei ponti/ ha ripreso stanza/ nei secoli”. Le armi sono già state imbracciate a sufficienza. I nostri popoli hanno già versato abbastanza sangue, per liberarsi. Chi è morto per la nostra libertà lo ha fatto con l’intima speranza che potesse essere l’ultima volta, coltivando una cultura di democrazia, di dialogo e ripudiando la guerra in ogni sua forma (articolo 11 della Costituzione repubblicana ed antifascista), in ogni sua allusione. Il nemico attuale è una forma di dittatura (in senso lato) fanatica cieca e violenta che nasce dal pus dell’ignoranza, nelle cloache della miseria e dell’emarginazione. Questo Soft Air potrebbe essere visto come un’onta per tutti i nostri avi che hanno combattuto realmente per la libertà, che hanno sentito davvero il dolore lacerante di una pallottola di piombo incandescente che ti morde la schiena e i polmoni mentre tenti in mezzo a un bosco di tamponare la ferita di un tuo amico fraterno morente stringendogli la coscia con la cintura, sacrificando tutto pur di respingere un invasore che negava libertà, uguaglianza, fratellanza e amore agli uomini che tutti nascono liberi su questa bella terra.  Io non ho rispetto per la guerra, ma ho rispetto per chi, morendo, mi ha permesso la libertà.

Letture utili:


5 commenti:

  1. Carissimo signor Lannes,
    nei commenti che ho letto sui vari forum, social e blog non ho letto da nessuna parte che lei non è libero di pensarla in modo diverso.
    Ho letto invece che lei ha scritto cose che non sono vere, cose che non accadono e che non hanno nulla a che vedere con il softair.
    Ognuno può pensare ciò che vuole, ma non mi sembra giusto pubblicare delle notizie non vere su cose che non si ritengono giuste.
    Mi spiace se ha ricevuto minacce offese e quant'altro ma l'educazione non dipende dallo sport che si pratica.

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  2. Ho letto con curiosità l'articolo, e pur non condividendo il punto di vista dell'autore, lo trovo molto più onesto del precedente..
    Quello che trovo assolutamente fastidioso è il persistere nel dover sindacare su cosa è giusto fare o non fare..
    Come se noi, parlo per chi come me si definisce giocatore maturo di softair, non fossimo capaci di discernere tra la realtà, l'orrore della guerra combattuta con armi vere, dal softair, il nostro gioco , sport, passatempo domenicale, lo si chiami in qualsiasi modo, poco importa...
    Noi ci divertiamo!e lo riscrivo in grande perchè questo è il concetto fondamentale CI DIVERTIAMO, senza arrecare fastidio a nessuno. si scelgono le zone meno battute, si usano i pallini compostabili, non si sporca e si rispetta la Natura al 100%. A noi piace fare quest'attività, ci regala momenti bellissimi, ci permette di socializzare,creare unione, conoscere gente nuova, ridere , e tornare a casa contenti della domenica passata assieme agli amici. l'adrenalina è molta la competizione pure a volte, a termine gara ci si stringe la mano, non muore nessuno. Per come molti di noi la vivono (fermi non voglio escludere che ci possa essere chi la viva in maniera sbagliata, anzi sicuramente c'è, e sfido a non trovarne in qualsiasi attività) questa attività non è poi così diversa da altre attività quali possano essere il trekking, l'orienteering, il calcetto, l'ippica, il surf, le bocce...se lei mi desse un fallo che spara pallini al posto del mio AK47, io ci giocherei lo stesso ...insomma qui la faccenda è molto più semplice di quanto lei la voglia far sembrare... non si improvvisi psicologo, cercando di definire l'identikit del giocatore di softair, perchè oggi non è più possibile farlo. Come si sarà accorto, questo ormai è un fenomeno di massa, e domani ci potremmo trovare pure il signor Lannes sui campi di gioco. Pace

    Andrea Corona

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    1. A proposito del soft air è purtroppo tutto fin troppo vero e stra-documentato!

      Gianni Lannes

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    2. Mi scusi del disturbo signor Lannes, ma quali sono le cose fin troppo vere e documentate? non lo chiedo in tono di scherno, pur non condividendo il suo articolo "giochi di guerra nel bel paese" a causa delle informazioni che reputo errate contenutevi, bensì per semplice curiosità.
      Cosa ne pensa inoltre del pugilato? Non è esso stesso un richiamo all'estetica della scazzottata e come tale un' abberrante imitazione regolamentata di quello che succede durante una rissa?
      E che anche se Lei pratica le arti marziali per finalità spirituali, queste sono le stesse che vengono prese come base per l'evoluzione delle tecniche di combattimento corpo a corpo dai vari eserciti tornando infine ad essere ciò per cui in principio erano state create? il judo dei contadini non erano autorizzati a portare armi, il karate come utilizzo del proprio corpo per fini offensivi (ebbene si, difendersi da qualcuno non raramente implica il recargli offesa)..
      Perchè inoltre non analizziamo l'intera filmografia mondiale? dovremmo censurare tutte le pellicole d'azione. Per non parlare dei videogiochi più o meno violenti! cosa dovremmo farne? Renderne illegale l'importazione ed oscurare i siti di file sharing?
      Credo tristemente che tutte le medaglie abbiano due facce, noi esseri umani siamo dotati di libero arbitrio ed è proprio il suo esempio riguardante le arti marziali a provarlo,
      l'esaltato c'è sempre.
      Spero mi possa rispondere anche se Le scrivo dopo quasi un'anno dalla pubblicazione dell' articolo.
      Cordiali saluti.

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  3. Solo un appunto (è evidentemente sfuggito): questo gioco poggia la sua ragion d'essere sulla correttezza, l'onestà e la fiducia nell'avversario. E' l'avversario stesso che dichiara di essere stato raggiunto da un pallino e che si pone fuori dal gioco.
    Personalmente mi sembrano caratteristiche abbastanza sane, caratteristiche che chiaramente sono assenti nel "Giochiamo allo schiavo e il padrone" (per restare in tema).
    Con cordialità.

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