21.9.18

LIBRI PER RE-AGIRE!

Gargano- foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

di Gianni Lannes

Perché no? Dare un taglio netto con l'impegno rischioso ed asfissiante del passato ancora presente. L'itinerario di un faro: una vita tranquilla dopo decenni di massacrante prima linea. E' prossimo l'equinozio d'autunno, la stagione in cui la pioggia stimola ancor più la creatività. Ho finalmente deciso di scrivere il mio primo romanzo, dopo la pubblicazione di una dozzina di saggi, sospinto da un desiderio. Per ora si tratta di una serie di racconti (Mondi Dauni, Sotto il mare, A tutto gas! Grillini o grulloni?, e così via...) in bianco e nero, trame dense di ironia - in positivo - che hanno come protagonista Diomede Manfredi (nomen omen), un giornalista indipendente, ancorato alla sua terra d’origine, la Daunia. Uno spirito libero insomma, che ha girovagato il mondo per lavoro, raccontandolo puntualmente agli altri. Attenzione, non c'è niente di biografico. Diomede - un "eroe" riluttante e malinconico - che vive nel borgo marinaro di Uria (un'antica città del Gargano scomparsa in un remoto passato), ha un gran desiderio di congedarsi dalla sua amata professione, ma ogni volta gli capita un caso che sistematicamente risolve dopo aver districato intrecci incredibili. E così, per amore di verità, rimanda sempre l’addio al pericoloso mestiere. Diomede si muove col vento fra i capelli in una terra carsica spesso indifferente quando non criminale, senza però perdere mai il suo sguardo ironico sulle cose. Nel frattempo fa immersioni subacquee e va per mare. Fatti veri (non inventati), attinti dalla tracimante realtà, affrontati e narrati però attraverso la fantasia. Ora non dirò di più, altrimenti che sorpresa sarà? Che ne pensate?

Il desiderio di riannodare i fili della scrittura ai luoghi d’origine, è un atteggiamento sotto cui si cela il bisogno interiore di camminare a ritroso nelle stanze del tempo, per ripercorrere strade apparentemente dimenticate, sentirsi dentro un orizzonte amico.

Qualche volta i libri assumono un valore simbolico e già nel titolo indicano qualcosa che non appartiene solo al piano dei contenuti, ma è una scelta esistenziale, un pronunciamento etico.

Scrivere un libro è come fare un figlio o quasi. Occorrono mesi e mesi di gestazione, a volte anni, per partorirlo nell’immaginazione. E’ una parte vitale dell’autore e vivrà per sempre, anche dopo la scomparsa di chi lo pensa e poi lo scrive.

In altri termini, è un pargolo particolare, fatto di carta e parole, ma caro al cuore del padre o della madre. E’ un libro, l’ultimo dei tanti che ho scritto che si muoverà da solo nel mondo dei lettori. Non so dire se sarà bello o brutto, ma so che questo libro nasce da una necessità che ho sentito crescere in proporzione inversa alla confusione che ci assale e ci assedia da ogni lato della nostra vita. Voglio dire che si dovrebbero scrivere soltanto i libri che si sente il bisogno intimo di annotare. E quindi un libro sotto questo aspetto ignoto è un “figlio vero”: la trepidazione con quale lo osservi uscire di casa, non è molto diversa da quell’ansia che ti assale un figlio autentico al suo primo giorno di scuola. Un libro è la parte interiore dell’autore, con tutti i segni ed i sogni che lo accompagnano per sempre, fino alla fine dei suoi giorni.

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