Cossiga: il depistatore numero 1 |
di Gianni Lannes
Strage Ustica, il supertestimone nella sala operativa:
"Ecco cosa successe con il Mig libico, i due Mirage e il Tomcat".
E' il titolo odierno di un blog dal nome esterofilo (Huffington Post, filiazione dell'Espresso)
che riporta un'intervista a firma di Andrea Purgatori, farcita purtroppo di incongruenze,
per usare un eufemismo. Una versione dei fatti inattendibile, che fa acqua da tutte le parti. Una cosa è certa: la Libia non c'entra. Come è possibile legittimare senza una prova uno sgangherato "per sentito dire".
A volte anche i giornalisti più scrupolosi si fanno fregare
alla grande. Questa volta la polpetta avvelenata è stata ingoiata senza
obiettare alcunché, purtroppo anche dallo stesso Purgatori, che ha seguito il
caso fin dalla prime battute. Della serie: se lo attesta Purgatori allora deve
essere andata così. Niente di più errato e fuorviante.
La presenza del sedicente "mig libico" è
un'invenzione del Sios Aeronautica, fatto ritrovare appositamente il 18 luglio 1980: una barzelletta gettonata che dopo anni va
ancora alla grande e viene ingurgitata per oro colato.
Allora, ogni tanto spunta fuori un testimone speciale. Adesso tocca all'ex maresciallo dell'Aeronautica militare Giuseppe Dioguardi, originario di Bari. Un ex militare a suo dire fedele ai segreti criminali Nato per 30 anni, ma non all'Italia e alla Costituzione repubblicana, su cui pure aveva giurato. Il medesimo soggetto ora proposto alla ribalta era stato da me intervistato più di 3 anni fa. E proprio in quell'occasione avevo segnalato il suo nominativo ai due magistrati della Procura di Roma, Amelio e Monteleone, che hanno provveduto ad interrogarlo.
L'intervista di Purgatori segue un teorema non dimostrato
né dai fatti né dalla logica. L'ex sottufficiale Dioguardi ha tra l'altro
dichiarato che i due piloti Naldini e Nutarelli morirono a Ramstein nel 1986. E
Purgatori non ha fiatato. Quando è risaputo che la strage di Ramstein andò in
onda il 28 agosto 1988, ovvero ben due anni dopo. Il giornalista non manifesta l'esigenza, neanche per un nanosecondo di chiedere conto all'intervistato delle sue palesi contraddizioni.
Ho avuto modo di intervistare personalmente Dioguardi in due occasioni, presso il centro sportivo che gestiva nel capoluogo regionale, alla presenza tra l'altro della scorta della Polizia di Stato che mi proteggeva ed accompagnava. E non ho mai riportato all'opinione pubblica quanto dichiarato dal Dioguardi senza uno straccio di prova, anche se a suo tempo avevo prontamente messo al corrente Daria Bonfietti.
La tecnica è vecchia come il mondo: mescolare mezze verità
- per esempio l'omicidio del generale Giorgieri - risapute a bocconi
avvelenati. E così il depistaggio, ancora una volta è servito! Oltretutto anche l'età di Dioguardi non torna. Che operatività aveva il 27 giugno 1980? Dioguardi sostiene di essere andato in pensione nel 2008 a 53 anni. Come faceva a trovarsi nella sala operativa della prima regione aerea a Milano e con quali funzioni? Dioguardi nella medesima intervista a Purgatori dice:
“Noi della segreteria speciale, eravamo in otto e non dipendevamo da nessuno. La sera del 27 giugno, due di noi si trovavano a Monte Scuro, sulla Sila. Dove poi furono rimandati il 18 luglio a vedere ufficialmente i resti del Mig che avevano già visto segretamente il 27 giugno”.
Dioguardi a quanto pare aveva il dono dell'ubiquità: la stessa sera era in sala operativa a Milano e contemporameramente su Monte Scuro in Calabria. Eppure il mig 23, decollato dall'aeroporto dell'Aeronautica Militare di Pratica di Mare e non dalla Libia, è stato ritrovato a Castelsilano, in una località parecchio distante da Monte Scuro. Insomma balle, menzogne a buon mercato utili a rinsaldare un insostenibile teorema. A maggior ragione: esistono due tracciati radar datati 18 luglio 1980 (giorno in cui era in atto l'esercitazione del Patto Atlantico Demon Jam) dei centri AM (anelli del sistema Nadge della Nato), vale a dire Otranto e Jacotenente che hanno documentato il volo del caccia fatto levare in volo da un aeroporto militare italiano, sceso in mattinata fino a Reggio Calabria e poi tornato indietro per rendere credibile la messinscena. Come è possibile pubblicare un racconto menzognero senza alcuna verifica e spacciarlo per la verità? Quel Mig 23 non aveva l'autonomia di carburante per giungere dalla Libia e passare inosservato: lo ha scritto nella sentenza-ordinanza anche il giudice istruttore Priore nel 1999.
“Noi della segreteria speciale, eravamo in otto e non dipendevamo da nessuno. La sera del 27 giugno, due di noi si trovavano a Monte Scuro, sulla Sila. Dove poi furono rimandati il 18 luglio a vedere ufficialmente i resti del Mig che avevano già visto segretamente il 27 giugno”.
Dioguardi a quanto pare aveva il dono dell'ubiquità: la stessa sera era in sala operativa a Milano e contemporameramente su Monte Scuro in Calabria. Eppure il mig 23, decollato dall'aeroporto dell'Aeronautica Militare di Pratica di Mare e non dalla Libia, è stato ritrovato a Castelsilano, in una località parecchio distante da Monte Scuro. Insomma balle, menzogne a buon mercato utili a rinsaldare un insostenibile teorema. A maggior ragione: esistono due tracciati radar datati 18 luglio 1980 (giorno in cui era in atto l'esercitazione del Patto Atlantico Demon Jam) dei centri AM (anelli del sistema Nadge della Nato), vale a dire Otranto e Jacotenente che hanno documentato il volo del caccia fatto levare in volo da un aeroporto militare italiano, sceso in mattinata fino a Reggio Calabria e poi tornato indietro per rendere credibile la messinscena. Come è possibile pubblicare un racconto menzognero senza alcuna verifica e spacciarlo per la verità? Quel Mig 23 non aveva l'autonomia di carburante per giungere dalla Libia e passare inosservato: lo ha scritto nella sentenza-ordinanza anche il giudice istruttore Priore nel 1999.
Una cosa è certa, perché esistono i riscontri dei tracciati
radar negli atti giudiziari: il Dc 9 Itavia è ammarato, e i soccorsi partirono molto a rilento perché
non dovevano esserci sopravvissuti. Non a caso furono effettuate soltanto
alcune autopsie, tra l'altro incomplete su 38 salme ufficialmente ripescate (in
realtà 42). Perché se fosse emerso che c'erano persone annegate, era chiaro che
dovevano esserci stati dei sopravvissuti all'impatto con la superficie del
mare. Testimoni troppo scomodi che quella sera avevano visto cose inaudite, condannati così a crepare inesorabilmente.
L'ex capitano dell'AM, Mario Ciancarella, in un suo saggio
intitolato "Ustica: dove muore la dignità di uno Stato", a proposito
di Purgatori, ha tra l'altro scritto testualmente:
"la valutazione della pur inconsapevole funzione
"depistante" che, come
vedremo, ho maturato - del suo film "Il muro di gomma", come del suo
libro "A un passo dalla guerra" - sia solo frutto di una lucida
analisi di quanto egli (come altri) possa essere stato utilizzato,
inconsapevolmente ma con concreti effetti, in un progetto di depistaggio
letterario e cinematografico da raffinatissime capacità di intelligence".
Allora, caro Andrea perché non fai più giornalismo di inchiesta ma
fiction? C'è un'altra versione dei fatti pregna di logica fattuale: elusa, ignorata, dimenticata.
Ecco le argomentazioni contestuali di Falco Accame, ex ufficiale della Marina
militare: «L’aereo è stato rinvenuto in un ristretto spazio marino e il
Comandante del Breguet Atlantic, il Comandante Bonifacio che arrivò in zona
per il soccorso, vide addirittura emergere i corpi delle vittime come
ampiamente testimoniato negli articoli del Gazzettino di Venezia del 30 luglio
1980, 31 luglio 1980, 1 agosto 1980.
Tra le vittime raccolte dai soccorritori dell’incrociatore
Doria vi era un carabiniere, il quale si era stretto un laccio su una gamba
amputata strappandosi una manica della camicia. Cosa che certamente non avrebbe
potuto fare se fosse precipitato da 8 mila metri. Una donna stringeva al petto
un bambino».
Accame, già presidente della Commissione parlamentare
Difesa, nel 1991 aveva indirizzato al giudice istruttore Rosario Priore, la
seguente lettera, ricca di puntuali e ineludibili osservazioni critiche.
Del depistaggio ci si rende conto solo dopo 33 anni. dopo le 38 vittime ufficialmente recuperate, e altre 21 che si sono "suicidate"? Vale così poco la vita di un uomo!? Ora ci sarà un altro processo da fare, e passeranno quanti altri anni, e quanto ogni cittadino italiano dovrà spendere perchè la giustizia, faccia il suo corso, ma garantendo la verità e condannando le persone che commettono queste stragi? E tutti restiamo indifferenti a queste notizie, tutto scivola...Domande che non avranno mai una risposta!!!Questa è la GIUSTIZIA ITALIANA
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