Foto Nato. |
di
Gianni Lannes
Attentati terroristici, guasti
tecnici, pezzi taroccati, controlli addomesticati, imperizia, vuoti d’aria,
collisioni, missili vaganti, esercitazioni belliche in tempo di pace: la
casistica italiana dei problemi in volo è ampia e suggestiva, inclusi i
periodici giochi di guerra della Nato nelle aerovie civili e la guerra
ambientale a base anche di aerosolterapia militare (scie chimiche). Sospesi tra
le nubi non si hanno vie di fuga: si può solo precipitare ed incrociare le
dita.
Optional - Le statistiche ufficiali attestano che
volare in aereo è molto più sicuro che viaggiare in treno o spostarsi in
automobile. Ma questo è uno di quei casi in cui perfino il calcolo matematico
soccombe sotto la potenza di una suggestione umana. Sarà tutto in ordine?
Avranno controllato bene i motori? E i carrelli sono a posto? Avranno fatto
almeno il pieno di carburante? Il trasporto aereo a livello mondiale è davvero
sicuro? Perché in Italia i problemi si tramutano spesso in tragedie impunite.
Per la scienza statistica un passeggero che effettui un volo al giorno può
continuare a volare per 5 millenni senza essere coinvolto in un incidente
letale. L’aumento dei voli ha portato a calcolare per i prossimi 10 anni una
corrispondente crescita degli incidenti fatali: circa 4 disastri al mese, con
un impatto sull’opinione pubblica che ne comprometterebbe l’immagine. Secondo
la Boeing il traffico aereo dovrebbe
raddoppiare nei prossimi 3 lustri. L’enorme diffusione del mezzo aereo ha già
fatto crescere l’incidenza dei bambini sul totale delle vittime: ampia prova è
l’incidente aereo in Ucraina del 22 agosto 2006 (39 minori su 170 vittime).
Nell’era ipertecnologica chi detta la regole sulla sicurezza e sulle procedure
di verifica? Non c’è da stare tanto allegri: è la Convenzione internazionale di Chicago, risalente addirittura al
1944. Secondo l’International Civil Aviation Organization (Icao), l’agenzia
dell’Onu incaricata della sorveglianza dei velivoli civili a livello planetario
«esistono numerose compagnie aeree che
ancora operano al di sotto dei livelli minimi di sicurezza». Uno studio del
Dutch Aerospace Laboratory (Nlr
2005) evidenza che «rispetto agli anni
’50 l’efficienza dei velivoli è cresciuta pochissimo». Attualmente il
numero di incidenti catastrofici annuali nel mondo, per l’aviazione
commerciale, è dell’ordine di 25, cui corrisponde all’incirca un migliaio di
vittime. Il traffico aereo continua ad incrementare: nel 2011 è stato
registrato un aumento del 90 per cento rispetto al 2004 (dati dell’Ufficio di
registro degli incidenti aeronautici, con sede a Ginevra). L’anno scorso la
maggior parte degli incidenti, circa il 29 per cento del totale, si è
verificata nel Nord America; seguono l’Asia (18 per cento), l’Africa (17 per
cento), il Sudamerica (16 per cento), l’Europa (11 per cento), il Centro
America (il 6 per cento) e l’Oceania (2 per cento). Nel Vecchio continente
all’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) spetta la «elaborazione di norme di sicurezza e ambientali -
nonché - l’applicazione degli standard tramite ispezioni negli Stati membri».
Il punto critico riguarda le procedure che consentono ai vettori extra-Ue di
operare da e per uno Stato europeo. Il comandante Arturo Radini non ha dubbi:
«Mentre, infatti, per gli operatori UE (comunitari) è mandatory, cioè
obbligatorio, il rispetto dei requirements, ovvero delle normative comunitarie
per operazioni, certificazioni e manutenzione, per gli operatori extra-UE
questi requisiti sono considerati optional standards, a discrezione dei singoli
operatori e talvolta, delle singole autorità aeronautiche locali. Se un vettore
extra-UE - prosegue l’esperto - desidera operare fra uno Stato comunitario e
uno stato della Comunità, è sufficiente stabilire un accordo bilaterale fra i due
stati, ma i termini e le condizioni dell’accordo non sono standard, dipendono
dalla policy dello stato comunitario, e possono essere più o meno aderenti alle
norme che, per un operatore basato in uno Stato UE, sono vincolanti e
obbligatorie».
Controlli aleatori - Dall’ottobre 2002 in Italia è attiva l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo
che ha due compiti: svolgere le inchieste tecniche sugli incidenti
nell’aviazione civile; portare avanti attività di studio e indagine per
migliorare la sicurezza del volo. L’Ansv ha pubblicato la relazione finale
d’inchiesta sull’incidente all’Atr 72 (6 agosto 2005) - 16 vittime e 23 feriti
- ed ha emesso ben 18 raccomandazioni di sicurezza. Nell’ipotesi accusatoria
dei pm Sabella e Ravaglioli, il disastro si verificò per un allineamento di
“errori umani, meccanici e tecnici, di organizzazione, pianificazione ed
esecuzione”. L’Atr 72 in volo da Bari a Djerba in Tunisia - privo di carburante
- precipitò in mare a causa dello spegnimento dei motori. Le perizie tecniche
hanno accertato che il disastro fu causato dall’errata installazione di una
spia di alimentazione. La Tuninter ora ha cambiato pelle, ossia nome e vola
indisturbata in Italia. Attualmente la compagnia di bandiera tunisina si chiama
Sevenair e continua ad atterrare e decollare nel Belpaese come se niente fosse.
Gli accordi commerciali prima di tutto. Recentemente è stato aggiornato
“l’elenco dei vettori soggetti a divieto operativo nell’UE”, la cosiddetta
“black list”. Da un avviso legale della Commissione europea trasporti
(www.ec.europa.eu) si apprende tuttavia che «Le autorità dell’aviazione civile
degli Stati membri della comunità europea sono abilitate a ispezionare soltanto
i vettori aerei di compagnie che volano da/verso aeroporti comunitari; dato il
carattere aleatorio di tali controlli, effettuati a campione, non è possibile
esaminare tutti gli aeromobili che atterrano in ogni aeroporto comunitario. Che
una compagnia aerea non figuri nell’elenco comunitario non significa quindi
automaticamente che essa soddisfi i criteri di sicurezza vigenti». Allora, come
è possibile tutelare realmente i viaggiatori se non si procede a un controllo
completo?
Stragi impunite - La Cassazione dopo la strage Usa del Cermis ha sentenziato che la sovranità
nei cieli appartiene al potente alleato, ovvero al padrone a stelle e strisce:
l’Italia non ha giurisdizione. Insomma, in nome del popolo italiano, fu
“suicidio”. Non è balenato alcun colpevole, se non il destino cinico e baro.
Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Anche la strage di Casalecchio di
Reno in provincia di Bologna è terminata con l’assoluzione del pilota Viviani. La mattina del 6 dicembre 1990
un aviogetto da addestramento Aermacchi MB-326 partito dall'aeroporto di
Verona-Villafranca perse il controllo sopra l’abitato di Casalecchio. Il
pilota, il tenente Bruno Viviani, avrebbe potuto dirigersi ed atterrare a
Ferrara, ma preferì utilizzare il dispositivo di espulsione di emergenza e il
velivolo andò a schiantarsi contro una scuola, la succursale dell’Istituto
Tecnico Salvemini. Lo hanno ampiamente dimostrato le perizie tecniche del
processo di primo grado. Il velivolo si abbattè sulla classe 2ª A, uccidendo
sul colpo dodici studenti quindicenni e ferendone gravemente quattro, compreso
l’insegnante. Il combustibile fuoriuscito prese fuoco, incendiando l’edificio.
Oltre ai dodici giovani morti, vi furono 88 ricoveri, e 72 feriti riportarono
invalidità permanenti in misura variabile tra il 5 e l’85 per cento.
L’inchiesta successiva all’incidente non riuscì a stabilire immediatamente la
causa dell’accaduto: vennero avanzate le ipotesi di un guasto meccanico, o di
un malore al pilota. Alla fine la causa risultò essere un guasto tecnico, già
rilevato prima del passaggio su Ferrara. Dopo la strage fu sollevata
l’obiezione che in seguito al guasto, il pilota avrebbe dovuto tentare un
atterraggio di fortuna a Ferrara, o puntare verso il mare. Fu istruito un
processo per il pilota, tenente Bruno Viviani, per il suo superiore, comandante
Eugenio Brega e per l’ufficiale della torre di controllo di Villafranca,
colonnello Roberto Corsini. I tre militari vennero difesi dall’Avvocatura di
Stato, fatto che suscitò polemiche da parte dell'Associazione studenti ed
ex-studenti del Salvemini, perché nonostante anche le vittime si fossero
trovate all’interno di una scuola di proprietà dello Stato, il Ministero della
Pubblica Istruzione non richiese il medesimo servizio. In giudizio di primo
grado i tre imputati furono condannati per disastro aviatorio colposo e
lesioni, e al Ministero della Difesa furono imputati i danni per responsabilità
civile. La sentenza di secondo grado della Corte d’Appello di Bologna ribaltò
la sentenza, e assolse i militari. Il 26 gennaio 1998 la 4ª Sezione della Corte
di Cassazione di Roma rigettò gli ultimi ricorsi dei familiari delle vittime e
confermò l’assoluzione per tutte le parti coinvolte perché «il fatto non
costituisce reato». La strage venne attribuita ad un tragico incidente. La
sentenza venne pronunciata solo otto giorni prima della Strage del Cermis,
quando un aereo da guerra elettronica EA-6B Prowler statunitense causò venti
vittime abbattendo una funivia. Le frequenti stragi di civili in tempo di
“pace” suscitarono anche un dibattito sull’opportunità di impedire ai velivoli
militari il sorvolo dei centri abitati, che però finì in un nulla di fatto.
Tant’è che i top gun tricolore e quelli Nato, seguitano a sorvolare a bassa
quota i centri abitati, in attesa del prossimo eccidio. I piloti con stellette
e divisa? Nessuno li può giudicare. Infatti, dal 1967 è in vigore - anche se
anticostituzionale - una segreta intesa tra l’allora capo di Stato Maggiore
della Difesa e il direttore generale dell’Ufficio Affari Penali del ministero
di Grazia e Giustizia. La lettera, datata 18 luglio 1967, giace sepolta negli
archivi impolverati. L’accordo, o meglio la licenza di fare quel che cavolo gli
pare è sempre valida. Scrive lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare a
proposito delle linee di condotta da far osservare nei rapporti con la
Magistratura: “Far notare che l’Aeronautica Militare attraverso i propri
organi, è oggi la sola, - come dimostrano le stesse richieste della
magistratura - in grado di poter acclarare fatti e circostanze inerenti a
incidenti di volo occorsi a velivoli militari”. C’è di più, e di meglio: “Ciò
non può avvenire con le prestazioni di un solo individuo, ma richiede quelle di
un organo collegiale adeguatamente costituito, nell’interesse degli equipaggi,
della giustizia, della difesa del Paese”. La sicurezza dei cittadini, anzi, dei
ragazzi a scuola non faceva parte dell’accordo segreto.
Fino a mezz'ora fa il tuo blog era oscurato, poi credo che la rete si sia mossa ed allora sei tornato visibile.
RispondiEliminaNon ho parole....
Forza Gianni la parte sana della rete è con te.
RispondiEliminaGrande Gianni non mollare. Ho ordinato il tuo ultimo libro, non vedo l'ora mi arrivi!!
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