di
Gianni Lannes
C'è
chi li massacra impunemente per venderli al mercato, come i macellai
giapponesi che solcano mari ed oceani. E chi ne fa strage in Italia
tanto per ammazzare il tempo. I cetacei sono notevolmente più evoluti del genere umano.
Intelligenti,
sensibili, belli. Insomma: eccezionali terapeuti, in grado di
arrecare benefici all’essere umano, di aiutarlo a guarire da alcuni
malanni. La chiamano “delfinoterapia”. E’ praticata dagli
psicologi dell’International University of Florida di Miami. In
Europa è poco conosciuta.
Il
“paziente” impara a nuotare con il delfino, a toccarlo, a fidarsi
di lui e il cetaceo riesce con la sua spontaneità a divertire i
piccoli, a sorprenderli, a liberarli dalle loro paure e a farli
uscire dalla solitudine. Il delfino agisce in completa autonomia ed accetta il piccolo
ospite senza nessun problema. Non è facile, infatti, convincere
uno di questi esseri viventi a fare una cosa che non vogliono. I delfini
coadiuvano le terapie tradizionali ed il risultato è che tantissimi
bambini hanno imparato ad esprimersi, ad essere meno aggressivi e
chiusi nel proprio mondo. I delfini sono abilissimi a cogliere i
diversi atteggiamenti dei ragazzi, a captare le loro emozioni, gli
stati d’animo. Hanno una
sensibilità estrema e una dolcezza rara a condizione che si sentano
liberi di fare quello che gli suggerisce l’istinto e non gli si
imponga nulla con la forza. Insomma, sono loro che spontaneamente
scelgono di avvicinarsi ad un bambino e di occuparsene. I delfini
riescono a catturare l’attenzione delle persone autistiche (e non
solo) in un modo che non ha precedenti. Bimbi che spesso, nelle
sedute più tradizionali sono assenti e ignorano le consegne
dell’educatore, in vasca, non solo seguono costantemente i delfini
con lo sguardo, ma sono più in contatto con l’operatore e ne
seguono spontaneamente le indicazioni, in se si tratta di
suggerimenti sul modo di avvicinarli. L’autismo e la depressione
sono le “patologie” che meglio si prestano nella co-terapia con
questo straordinario animale.
Curatori
spontanei? I problemi di comunicazione non sono le uniche
patologie curabili con l’aiuto dei delfini. I ricercatori del
Dolphin Plus centre di Key Largo, in Florida, hanno sottoposto
con successo alla delfinoterapia anche malati terminali, paraplegici,
persone che hanno patito gravi amputazioni, nonché ragazzi ciechi e
sordociechi. Si è rilevato che il contatto con i delfini può
aiutare anche chi non riesce a rassegnarsi ad un lutto
particolarmente grave. Inoltre, secondo il professor Igor
Tcharkovsky, che ha offerto ad alcune donne incinte la possibilità
di nuotare con dei delfini nel Mar Nero, «questi mammiferi marini,
grazie alle loro capacità di comunicazione telepatica, sarebbero in
grado di trasmettere al feto alcune delle loro conoscenze e di
insegnargli a non aver paura dell’acqua». Sembra che le femmine
dei delfini siano particolarmente interessate alle donne in
gravidanza, e Tcharkovsky afferma che «sono anche capaci, durante un
parto sott’acqua, di portare il neonato in superficie». I delfini
aiutano a star meglio soprattutto bambini dislessici, anoressici,
psicologicamente turbati, affetti da sindrome di Down, vittime di
abusi. Spiega lo psicoterapeuta Nathanson, padre del programma
Dolphin Human Therapy: «I bambini, o chiunque soffra di un handicap
mentale, manifestano un fortissimo desiderio di interagire con i
delfini. Questo desiderio è alla base della terapia: aumenta
l’attenzione, modifica il comportamento, stimola al raggiungimento
di uno scopo. Compito del terapeuta è indirizzare l’attenzione
a obiettivi quali l’apprendimento del linguaggio, coordinazione
motoria, concentrazione». Ma come e perché funziona la
delfinoterapia? Misurando le reazioni neurologiche di chi nuota coi
delfini, sono state scoperte delle alterazioni nel funzionamento del
cervello: la più notevole è la sincronizzazione dei due emisferi
cerebrali, destro e sinistro, che cominciano a lavorare con la stessa
frequenza, evento che normalmente non succede. L’ipotesi
attualmente più accreditata è quella che attribuisce l’efficacia
della delfinoterapia ad «un complesso di fattori che vanno
dall’immersione nell’acqua al contatto fisico e allo scambio
giocoso con gli animali».
L’immersione nell’acqua salata non solo ha un legame simbolico con le origini stesse della vita, ma fornisce anche al corpo un sostegno che favorisce l’equilibrio, la fluidità del movimento e il rilassamento. E aiuta a sciogliere rigidezze corporee e blocchi emotivi. La presenza dei delfini moltiplica gli effetti positivi dell’acqua. Le testimonianze indicano che l’incontro con queste creature è un’esperienza profondamente coinvolgente. Nuotare con i delfini può essere utile anche a tutti quelli che desiderano beneficiare di un’esperienza rasserenante. L’unica controindicazione alla delfinoterapia è etica: ne sarebbero danneggiati proprio i delfini. La regola numero uno è rispettare i loro ritmi vitali, tenerli come compagni di giochi e utilizzarli come amici-guaritori, ma senza sfruttarli.
L’immersione nell’acqua salata non solo ha un legame simbolico con le origini stesse della vita, ma fornisce anche al corpo un sostegno che favorisce l’equilibrio, la fluidità del movimento e il rilassamento. E aiuta a sciogliere rigidezze corporee e blocchi emotivi. La presenza dei delfini moltiplica gli effetti positivi dell’acqua. Le testimonianze indicano che l’incontro con queste creature è un’esperienza profondamente coinvolgente. Nuotare con i delfini può essere utile anche a tutti quelli che desiderano beneficiare di un’esperienza rasserenante. L’unica controindicazione alla delfinoterapia è etica: ne sarebbero danneggiati proprio i delfini. La regola numero uno è rispettare i loro ritmi vitali, tenerli come compagni di giochi e utilizzarli come amici-guaritori, ma senza sfruttarli.
*anno
di prima pubblicazione 2010
Riferimenti: