di
Gianni Lannes
Le
autorità statali, regionali, provinciali e comunali hanno occultato la situazione
per mezzo secolo sulla pelle dei tarantini, ma alla fine una pur minima resa
dei conti è arrivata. La Procura della Repubblica
di Taranto ha ristabilito la verità. I Riva - padroni dell’Ilva - che hanno
incamerato profitti stellari e reso gli operai carne da macello, devono
rispondere davanti a un tribunale di disastro ambientale e, se la tesi dei
periti verrà confermata, di morti e malattie diffuse sul territorio. «Chi
gestisce l’Ilva ha svolto attività inquinante con coscienza e volontà per la
logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza». Scrive
così nell’ordinanza il gip Patrizia Todisco che ordina il sequestro di 6
reparti dello stabilimento. Secondo il giudice, c'è stata una «totale
noncuranza dei gravissimi danni alla salute e all'ambiente». Per questo 8
indagati, tra cui il pluripregiudicato Emilio Riva, nonché suo figlio Nicola,
sono finiti agli arresti domiciliari.
A tarallucci e vino – L’assessore regionale all'Ambiente della
Puglia Lorenzo Nicastro (magistrato
in aspettativa) difende i
violentatori della vita: «Il sequestro non è immutabile e non è una sconfitta
per la Regione. Ora spero che governo e magistratura lavorino insieme a noi per
risolvere la situazione e temperare la decisione dei giudici. Lavorare insieme
significa, per l'assessore pugliese «offrirci insieme all’Ilva di proporre
soluzione che possano temperare il provvedimento dei giudici. E in più la
politica deve curarsi di tutelare due
diritti di rango costituzionale: la salute e il lavoro. Nelle ultime settimane,
la Giunta si era impegnata a fondo con l’obiettivo di evitare il sequestro
dell’impianto. Abbiamo aperto un tavolo con Governo, Regione, Province e Comune che tenta di
avviare un percorso virtuoso. Siamo riusciti a reperire 336 milioni di euro tra
finanze statali e regionali. Lavoriamo e stiamo lavorando perché i
provvedimenti possano essere resi compatibili con la produzione industriale
Ilva». L’alt del governo filodiretto Monti. I ministri Passera e Clini contro
la chiusura: «Continuità con la produzione, il Riesame intervenga». Altro che
chi inquina paga: i soldi (336 milioni di euro) - una bazzecola a confronto
dell’inquinamento causato - li tireranno fuori come sempre cittadine e
cittadini. Chi rammenta l’Italsider?
Prodi aveva il compito di chiuderla
e di bonificare ma preferì regalare l’impianto infernale ai Riva. Vogliamo
scommettere che l’impianto di morte sarà dissequestrato in un lampo e finirà
tutto a tarallucci e vino? Non ci sono mezze misure: l’Ilva va chiusa
definitivamente, mentre la bonifica (in cui saranno impiegati gli operai per i
prossimi dieci anni) deve essere a carico totale dei Riva. Questo angolo della
Puglia deve tornare alla vita. Le risorse sono naturali, umane e storiche. Non
c’è altra soluzione. Politicanti - in primis Vendola che si prostrato ai piedi dei Riva - e sindacalisti venduti
si mettano l’anima in pace: è finito il tempo delle vacche grasse.
Protocollo
Ilva
"Vogliamo scommettere che l’impianto di morte sarà dissequestrato in un lampo e finirà tutto a tarallucci e vino?" Come supponevo nel commento al precedente articolo... Sconcertante l'atteggiamento dei politici.
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