6.3.24

FASCISTI IERI E OGGI

 


 
«La libertà non è mai una conquista definitiva»:
  Sandro Pertini

di Gianni Lannes

Quando si racconta il passato si interroga il presente. Tema: l'assassinio fascista di un padre socialista della democrazia italiana. La storia ritorna ai buchi neri con un regressione attuale sotto gli occhi del mondo.

Il centenario dell'assassinio di Matteotti ricorre quando da ormai sedici mesi al governo del Belpaese bivaccano gli eredi del Msi, ossia del partito dei “fascisti in democrazia” (secondo la formula almirantiana del 1956) o meglio dei “fascisti contro la democrazia”, in base a una considerazione della loro storia ben rappresentata da espressioni così: “Siamo contrari alla democrazia in linea di principio, per questioni ideologiche, perché non crediamo all'uguaglianza degli uomini, non crediamo al suffragio universale (Rauti, 1975). E ancora: “Io sono stato fascista. Sono stato fino alla fine con Mussolini. E se le stesse circostanze potessero riprodursi, io farei certamente le stesse cose (Almirante, 1987). A proposito: Giorgia Meloni non era rautiana? Cosa dite? Adesso fa l'americana? Comunque desta impressione vederla ossequiare il macellaio internazionale Kissinger, lo stesso personaggio che minacciò di morte Aldo Moro. E nell'esecutivo meloniano figura pure Isabella Rauti, sottosegretario di Stato alla Difesa, nonché figlia d'arte. 


 
Kissinger&Pinochet (1976)


Kissinger&Meloni (28 luglio 2023)

Giacomo Matteotti quando venne assassinato il 10 giugno 1924, aveva appena compiuto 39 anni. L'ordine venne impartito ad Amerigo Dumini, direttamente da Benito Mussolini, anche per celare la corruzione, in primis di Arnaldo Mussolini, fratello del duce.

Alla prova dei fatti non c'è mai stato un fascismo buono: la violenza del regime dittatoriale unitamente al razzismo legittimato dai ladroni dei Savoia, sono serviti spesso, allora ma anche in seguito, ad occultare interessi inconfessabili, ruberie e corruzione.

Matteotti condusse una dura battaglia contro il nascente regime totalitario, culminata nel celebre intervento alla Camera del 30 maggio 1924, in cui denunciò l'esito truffaldino delle elezioni politiche fino ai motivi che indussero Mussolini ad ordinarne l'immediata uccisione.

Tra i materiali conservati all'Archivio Centrale dello Stato a Roma (consultabili solo dagli anni Novanta) spiccano alcuni documenti autografi di Amerigo Dumini, il capo dell'omonima banda fascista che sequestrò e trucidò Matteotti, come la lettera che dal carcere quest'ultimo aveva fatto pervenire a Mussolini in persona e nella quale dichiara esplicitamente: “Tiratemi fuori se no qui parliamo e dobbiamo dire che abbiamo eseguito un ordine dato da voi come tanti altri crimini che avete ordinato con la garanzia dell'impunità penale”. Questo, come altri documenti,, erano celati in una valigia che Mussolini stava portando con sé nella fuga del 25 aprile 1945, quando venne scovato dai partigiani con indosso un'uniforme tedesca. In seguito, trasmessi all'Archivio centrale dello Stato non furono però inventariati, ma abbandonati nei depositi della capitale per mezzo secolo.

A motivare la scelta di uccidere il temerario deputato socialista, non è stata solo la denuncia della violenza di regime enunciata pubblicamente da Matteotti, ma anche la possibilità che facesse lo stesso con la corruzione che coinvolgeva direttamente la famiglia Mussolini. Infatti Dumini ha lasciato una sorta di testamento. Quando questo criminale impunito intuisce che può correre il pericolo di essere a sua volta assassinato perché sa troppo, lui che era statunitense di nascita, invia un'accurata descrizione dell'omicidio a due avvocati texani scrivendo alla lettera: “Se mi fanno sparire, rendetela pubblica”. Nel testo spiega come si temesse che Matteotti, nel discorso che doveva tenere l'11 giugno alla Camera, denunciasse gli sporchi affari di petrolio che coinvolgevano in pieno il fratello del capo di governo, Arnaldo Mussolini. Si trattava delle tangenti che la Sinclair Oil, legata alla potente Standard Oil, aveva pagato a membri del governo fascista e allo stesso Arnaldo per assicurarsi il monopolio delle ricerche sul territorio italiano. Informazioni esplosive che Matteotti aveva assunto nel suo viaggio a Londra dai vertici del partito laburista. Per questa ragione l'accozzaglia dei camerati assassini passò all'azione il giorno prima.

Notoriamente con il discorso pronunciato il 3 gennaio 1925 alla Camera, Benito Mussolini rivendica in prima persona “tutte le violenze” squadriste e segna l'inizio della definitiva ascesa dittatoriale del fascismo alla guida dello Stato tricolore.

Il 10 giugno 1940 Mussolini proclama roboante dal balcone di Piazza Venezia a Roma, che “la dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna”. Erano passati sedici anni dall'impunito delitto Matteotti ed il capo del fascismo nostrano - finanziato da agrari e industriali, nonché già al soldo di alcune potenze straniere - nel frattempo è diventato il duce acclamato dal popolo italiano, “l'uomo della provvidenza” per il Vaticano, nonché “il più grande statista vivente in grado di salvare l'Italia dagli appetiti bestiali e dalle pressioni del bolscevismo” secondo nientedimeno Winston Churchill. Il padre della patria inglese al termine della seconda guerra mondiale si premurò frettolosamente di far sparire tutta l'imbarazzante corrispondenza con il camerata Mussolini. Ma questa è un'altra brutta storia sepolta nell'oblio.

L'esito di quei macabri e orrendi eventi sarà davvero finale per Mussolini e giungerà fino al tetro crepuscolo di Salò, consumato al fianco dei nazisti insieme a camerati come Giorgio Almirante e Pino Rauti. Il primo, capo di gabinetto del ministro della cultura popolare Mezzasoma e già propagandista del razzismo di Stato dalle pagine della rivista La difesa della razza. Il secondo, militare volontario dei reparti della Rsi. Almirante nel 1946 fonderà il partito Msi, Rauti invece, Ordine Nuovo nel 1956 con Clemente Graziani (organizzazione eversiva sciolta, caso unico in Italia, dal ministero dell'Interno nel 1973, considerata dalle indagini sulle stragi il motore ideologico delle bombe esplose in Italia tra il 1969 e il 1980), rappresentando l'anima nera neo e post-fascista della Repubblica italiana. Allora, non c'è futuro senza memoria.

Riferimenti:

https://storia.camera.it/deputato/giacomo-matteotti-18850522#nav

https://storia.camera.it/deputato/giacomo-matteotti-18850522/interventi?da=220#nav

https://fondazionematteotti.altervista.org/wp-content/uploads/2015/01/Discorso-Matteotti-compressed.pdf

https://www.youtube.com/watch?v=rzpVQJjUEXA 

https://www.youtube.com/watch?v=nmizxgj8jL0 

https://www.youtube.com/watch?v=0Zpv8OH3ZVM

https://www.youtube.com/watch?v=ulzYqNjF6rA 

https://www.youtube.com/watch?v=b7JZtVsQEqc 

https://www.youtube.com/watch?v=yIZ-Myd2i5o

https://www.youtube.com/watch?v=mko164SuWuE 

https://www.youtube.com/watch?v=eTXm2lDTKIw 

https://www.youtube.com/watch?v=rE1th0QzRyc 

https://www.youtube.com/watch?v=x9b9i_NnWY0

 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Matteotti

 https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Moro

 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mussolini

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=kissinger 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=meloni 

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