BIOGRAFIA

29.5.20

CRAXI: L'OSTACOLO ITALIANO ALLA GLOBALIZZAZIONE!

foto Gilan


di Gianni Lannes

Un profeta o un perseguitato? Indubbiamente un grande politico, anzi un gigante, un vero statista. L'ultimo leader socialista italiano, morto in esilio in Tunisia, fu travolto dal ciclone giudiziario della Procura di Milano (eterodiretta dal Federal Bureau Investigation), teso ad annientare gli uomini della prima ed unica Repubblica italiana. Craxi previde con grande lucidità le catastrofi dell'Europa di Maastricht e difese strenuamente la sovranità italiana, in particolare nelle lunga notte di Sigonella, contro Reagan. Craxi in tempi insospettabili prese a calci nel sedere Beppe Grillo, cooptato dallo zio Sam con i 5 stelle calati dall'alto, o meglio dall'estero, dopo l'incontro segreto con l'ambasciatore USA nel 2008. E nel 1990 non accettò la reiterata offerta di Cuccia. Così fu politicamente eliminato su decisione anglo-americana.

Gli ultimi suoi scritti ed appunti sono stati pubblicati - dalla Fondazione Craxi - nello scorso autunno con il titolo Bettino Craxi, uno sguardo sul mondo: appunti e scritti di politica estera. Pur convinto europeista, aveva sempre dichiarato di essere un convinto assertore della necessità di rispettare il diritto dei popoli. La sua convinzione maggiore era che gli organismi e le organizzazioni internazionali o sovranazionali non avrebbero mai dovuto annullare in una fusione indifferenziata le prerogative degli Stati nazionali, pena lo svuotamento delle stesse entità che si intendevano costruire.

Emblematiche le parole che scrive relative all'imminente avvento dell'euro:

«Solo in Italia sono tutti europeisti purosangue, giovani, vecchi, donne e bambini, da Prodi a Berlusconi. Non spiegano bene di cosa si tratta e si tratterà, ma sono egualmente europeisti al cento per cento. Che cosa si debba fare secondo le regole in vigore oggi, per entrare nell'unione monetaria europea non si dice, o che coa bisognerà fare soprattutto per restarci non lo si dice a nessuno. Nel frattempo altri, che sono un po' più seri, mettono le mani avanti».

Nel tempo dell'esilio Craxi tornerà spesso sulla “fanfara europeista”, mettendo in risalto i limiti ma anche i pericoli connessi a una visione acritica dell'Europa. Ha scritto Craxi:

«Euforia ulivista in Italia. Prudenza socialdemocratica in Germania. L'Europa presentata come la frontiera della salvezza (…) cosa ne sarà, allora, dell'Italia, posta sotto controllo in un quadro di parametri rigidi che sono stati accettati senza discutere, come fossero dei dogmi e delle leggi auree? È certo che in ogni caso l'euro non sarà un miracolo per nessuno».

Craxi era addirittura profetico quando evidenziava tutto il suo scetticismo verso il modo con il quale in Italia, sotto la guida del governo Prodi, si sta procedendo entusiasticamente verso un traguardo che nasconde enormi insidie.

La sua prosa euroscettica non ammette fraintendimenti:

«L'euro viene varato in condizioni che sono inquietanti. I patto di stabilità non è stato rimesso in discussione. Dove va l'Italia? Andremo in Europa? A fare che? Non saranno certamente le nazioni europee che verranno a risolvere i nostri problemi, visto che hanno già tanti da fare con i loro».

Craxi si era espresso anche contro il nuovo ordine mondiale, che già si profilava con i suoi tentacoli, ora sempre più evidenti con la falsa pandemia del nuovo coronavirus: 

«L'idea di un ordine multipolare è assai più convincente di un proposito di globalizzazione a senso unico».

In un'intervista al settimanale africano Jeune Afrique, Craxi osserva preoccupato un'Italia nel ruolo di preda, piuttosto che di protagonista, incapace di affrontare la globalizzazione «con la forza, la consapevolezza, l'autorità di una vera grande nazione».

Già nel 1995 Craxi aveva denunciato: «La cosidetta globalizzazione è la tesi più innaturale e più antistorica che si sia fatta avanti negli ultimi anni. È un prodotto di ben individuati settori americani. Dietro questa tesi si nasconde una sorta di nuovo e moderno e più sofisticato imperialismo. È vero che le nuove tecnologie tendono a rendere il mondo più unito, realtà e responsabilità più comuni, ma è anche vero che il mondo è fatto anche di popoli, Stati, razze, religioni, identità storiche, diversità, vocazioni specifiche. Il ridurre tutto ad uno, all'insegna di un nuovo ordine inevitabilmente imperiale corrisponde ad un'ideologia e ad un piano in cui non può non prevalere la violenza».

In altri suoi appunti elaborati nel 1997 ha scritto: «Ogni nazione ha la sua identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunziare. Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi dello svuotamento, la disintegrazione. Dietro la longa manus della cosiddetta globalzzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti di natura essenzialmente finanziaria (…) Si presenta l'Europa come un paradiso terrestre ma per noi, nella migliore delle ipotesi, l'Europa sarà un limbo, nella peggiore un inferno. Bisogna quindi riflettere bene su ciò che si sta per fare, la cosa più ragionevole era quella di richiedere, anzi di pretendere, essendo l'Italia un grande Paese, la rinegoziazione dei Trattati di Maastricht».

Nel 1998 Craxi sulla medesima falsariga annoterà ancora: «Nel villaggio globale il welfare diventerà un lusso per pochi. E anche quei pochi dovranno ridurre la natura e l'ampiezza delle protezioni. Quando poi si sarà toccato il fondo si aprirà un nuovo capitolo delle rivoluzioni sociali».

Craxi fu l'unico uomo politico che tentò di salvare concretamente Aldo Moro. Craxi impose al Parlamento il primo socialista a capo dello Stato, ovvero il capo partigiano Sandro Pertini. Quello di Craxi è un continuo insistere e mai capitolare anche sul piano internazionale. Lui ribadisce ed afferma i principi di una geopolitica tutta italiana: una linea nitida che da Enrico Mattei attraversa Aldo Moro e culmina in Craxi. Con Craxi a Palazzo Chigi la Gran Bretagna è superata per volume di prodotto interno lordo. L'Italia di Craxi era la sesta nazione più ricca del mondo.

Per l'Italia il 1992 è stato l'anno in cui ha perso definitivamente la sua già ridotta sovranità con l'accordo di Maastricht. Entrarono nel vivo le indagini giudiziarie di tangentopoli, ben pilotate da Washington e Londra, disarticolando la geografia politica dell'Italia repubblicana. Il partito comunista, però, fu incredibilmente risparmiato dai magistrati. E proprio in quell'anno furono eliminati in Sicilia, i giudici Falcone e Borsellino, mentre nell'intermezzo stragistico, approdò al largo di Civitavecchia (giugno 1992) il panfilo Britannia dei Windsor, per decidere la spartizione dell'Italia. A bordo c'era anche un certo Mario Draghi. Craxi ha giustamente irriso USA e Gran Bretagna e alla fine ha pagato un prezzo drammatico, trattato come un capro espiatorio della politica italiana.

Due scene mi sono rimaste particolarmente impresse. Craxi che giganteggia in Parlamento per l'ultimo discorso: la politica diventa chiamata di correità.